Il premier a Bruxelles senza contratto Rimpasto congelato fino a metà febbraio

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ROMA — Aveva un altro calendario e un altro metodo. Alla fine Letta si è adeguato, con una buona dose di realismo, a quelli scelti da Renzi. Il contratto di coalizione slitta di almeno 15 giorni, le proposte sul lavoro del Pd di un’altra settimana, eppure Letta ora lavora anche per puntellare gli sforzi del segretario del partito democratico e per il successo della sua iniziativa.
Ieri lo ha detto a modo suo, «sarei il più felice» della chiusura di un accordo blindato sulla legge elettorale. Era anche un messaggio diretto ad una parte del suo partito: Letta si sta spendendo in prima persona per sminare tutte le riserve del Pd sull’accordo fra Renzi e Berlusconi. Il primo infatti controlla sino a un certo punto la rappresentanza parlamentare del suo partito: in larga parte non è stata scelta da lui, è ostile all’accordo con il Cavaliere, nutre forte riserve sul no alle preferenze.
Insomma se Letta volesse potrebbe allargare il fronte del dissenso, ha scelto di fare, anche nel suo interesse, esattamente il contrario. E pazienza se ancora per una o due settimane il governo resterà in qualche modo condizionato dal dibattito sulle riforme, «un programma ce lo abbiamo, lo avete visto con le Poste e gli ultimi provvedimenti e finalmente abbiamo anche indicatori economici che cominciano a risalire», rimarcano a Palazzo Chigi.
Del resto l’accordo sulla legge elettorale sembra rafforzarsi, le ultime ore di contatti di Renzi con Alfano e Verdini sembra abbiano prodotto passi avanti e forse l’attesa di un primo voto positivo alla Camera non sarà tanto lunga.
Oggi Letta volerà a Bruxelles, dove domani vedrà la Commissione europea al completo e presenterà Expo 2015 alle istituzioni comunitarie. Indicherà un orizzonte governativo stabile, lontano dai riflettori forse confermerà l’intenzione di un passaggio formale di ripartenza, proposito che non è venuto meno: un Letta bis vero e proprio, con una squadra rafforzata e rinnovata, che avrà il compito di attuare i contenuti del Contratto di maggioranza.
In termini spiccioli, o utilitaristici, a Palazzo Chigi hanno anche calcolato una sorta di boa istituzionale per la stabilità del governo: il 20 marzo prossimo, se il governo sarà ancora in sella, si sarà chiusa in modo definitivo la finestra elettorale. Tre mesi dopo ci sarà il passaggio di consegne fra la presidenza greca dell’Unione e quella italiana, difficile possa tenersi con un governo degli affari correnti in carica, o con un uno non ancora formato.
Ovviamente slitta l’accordo sul programma e anche il timing di una revisione della squadra di governo. Ieri Letta ha deciso di chiudere in modo molto rapido il caso De Girolamo, ha preso l’interim, incontrato i due sottosegretari del ministero dell’Agricoltura. Per le altre caselle , a questo punto, si vedrà a metà febbraio: Zanonato e Giovannini, la Cancellieri e talvolta persino Saccomanni, vengono ancora dati per sacrificabili, almeno nelle chiacchiere parlamentari del partito democratico. A Palazzo Chigi confermano solo che quando sarà il momento «si sceglieranno le persone migliori per il nuovo programma e non è detto che siano diverse da quelle attuali». Misura e prudenza, per un capitolo che resterà aperto ancora per un po’.
Marco Galluzzo


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Come se fosse già  successo. Come se avessero già  vinto. Non sono venuti per farsi vedere, per farsi contare. E neanche per sentire Grillo, che molti hanno già  sentito perché è stato Grillo ad andare da loro, nella loro città . Sono venuti per esserci. E a questo punto vincere significa arrivare primi. Più voti di tutti. Adesso ci credono.

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