Cooperazione internazionale, dopo 27 anni arriva la riforma: ecco le novità
ROMA – La cooperazione internazionale italiana si avvia verso la riforma: dopo 27 anni arriva il disegno di legge – firmato dal vice ministro degli Estreri Lapo Pistelli – , che modifica finalmente la legge 49 del 1987. Il ddl, approvato dal Consiglio dei ministri del 24 gennaio, rappresenta un cambio di passo che si è reso necessario per “trasformare la cooperazione in investimento strategico nell’interesse del Sistema Italia” e in strumento di promozione della pace e dello sviluppo internazionale. Una riforma tanto attesa e invocata dalle ong e che rivoluziona il precedente impianto normativo, ormai totalmente superato. La nuova architettura della cooperazione tiene contro del fatto che nuovi soggetti hanno progressivamente acquisito ruoli importanti nell’aiuto allo sviluppo: gli enti locali, le regioni, le università – in altre parole tutto il mondo della cooperazione decentrata – ma anche le fondazioni bancarie e filantropiche e le aziende che si ispirano alla corporate social responsability.
Il disegno di legge approvato dal Cdm – composto di 32 articoli – recupera l’impostazione del testo approvato dalla Commissione Esteri del Senato durante l’ultima legislatura con consenso bipartisan e si basa su tre pilastri: l’istituzione del Comitato interministeriale, la nascita dell’Agenzia per la cooperazione e la riorganizzazione del Mae, la nuova denominazione di quest’ultimo, che diventa ministero per gli Affari esteri e la cooperazione allo sviluppo. Il testo recepisce in parte le richieste delle ong, ribadite in una lettera aperta poche giorni prima dell’approvazione in Consiglio dei ministri: accolte quella di istituire l’Agenzia ad hoc, di introdurre la figura del viceministro alla Cooperazione con delega specifica e di far nascere il Comitato interministeriale; respinta quella di prevedere un Fondo unico. Farà discutere l’apertura al settore privato nel mondo della cooperazione e la possibilità per le imprese di accedere a crediti agevolati per investimenti anche a scopo di lucro nei paesi in via di sviluppo. Il timore delle associazioni è che il nuovo impianto della legge possa far scomparire il ruolo del volontariato privilegiando il mondo del profit. Ecco le principali novità della riforma.
Comitato interministeriale per la cooperazione allo sviluppo. Viene istituito il Comitato interministeriale per la cooperazione allo sviluppo denominato Cics. Il ruolo assegnato: risolvere ogni contraddizione tra le finalità della cooperazione e le azioni di governo che hanno un impatto internazionale (dall’ambiente alle politiche di immigrazione, dalla politica commerciale a quella culturale) ma che non si caratterizzano tecnicamente come cooperazione allo sviluppo. Importante, al fine della coerenza delle politiche, è anche la previsione di un nuovo allegato sulle risorse finanziarie per la cooperazione, un documento che accompagnerà la legge di bilancio dando evidenza contabile a tutte le risorse assegnate, ministero per ministero, alle attività di cooperazione. Questo porterà alla massima trasparenza, agevolerà il controllo parlamentare e la rendicontazione in sede Ocse Dac, e incentiverà il riallineamento dell’Aps italiano agli standard internazionali.
Ministero degli Affari esteri e della cooperazione internazionale. Il ministero degli Affari Esteri assume la nuova denominazione di ministero degli Esteri e della cooperazione Internazionale (Maeci). Il Maeci si concentrerà sulla dimensione strategica e politica dell’azione di cooperazione liberandosi degli aspetti gestionali e operativi.
Agenzia della cooperazione allo sviluppo. Nasce l’Agenzia della cooperazione allo sviluppo che avrà la sua sede principale a Roma. Con la scelta dell’Agenzia ci si propone di riallineare il modello italiano a quello largamente prevalente in Europa e fra i paesi Ocse Dac. Al ministero degli Affari Esteri viene riservato il ruolo di analisi e programmazione delle politiche mentre all’Agenzia sarà affidato il compito di completare l’istruttoria sul campo, suggerire le azioni da intraprendere, predisporre i bandi, valutare l’efficacia degli interventi, monitorarne la realizzazione, gestire la rendicontazione delle spese. L’Agenzia avrà personalità giuridica autonoma, un proprio bilancio e una propria organizzazione, dovrà realizzare e gestire una banca dati dei progetti di cooperazione realizzati e in corso suddivisi per tipologia di intervento e per costi sostenuti e adottare un codice etico in conformità con quello del Maeci. La riforma della cooperazione comporta anche una razionalizzazione di risorse della pubblica amministrazione: si sopprime l’Istituto agronomico per l’oltremare, con il conseguente trasferimento delle funzioni e delle relative risorse umane, finanziarie e strumentali all’Agenzia, e si riduce sensibilmente il numero di uffici della Direzione generale per la cooperazione allo sviluppo.
Conferenza nazionale. Il nuovo testo prevede anche l’istituzione di una conferenza nazionale per la cooperazione allo sviluppo, strumento permanente di partecipazione, consultazione e proposta, composta dai principali soggetti pubblici e privati, profit enon profit, con compiti essenzialmente consultivi.
Procedure più snelle per le Ong. Il ddl realizza anche un sensibile snellimento rispetto alle onerose procedure di registrazione di personale cooperante e volontario delle Ong, attualmente in vigore in base alla legge 49. Snellimento che riguarda sia i privati sia l’amministrazione (i primi sono esentati da una complessa procedura di registrazione dei contratti presso il ministero degli Affari esteri, la seconda non sarà più tenuta a gestire la posizione contributiva e assicurativa di personale che dipende da soggetti privati).
Crediti agevolati per le imprese. Spazio anche agli enti con fini di lucro – punto controverso secondo le ong – tramitela concessione di crediti agevolati alle imprese per la creazione di imprese miste o la realizzazione di progetti che prevedano la partecipazione di investitori pubblici o privati del paese partner.
Partenarati internazionali. Sono infine disciplinati i partenariati internazionali a livello istituzionale, con governi dei paesi partner, organismi internazionali, banche e fondi di sviluppo, fondi internazionali, l’Unione europea e gli altri paesi donatori.
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