by Sergio Segio | 27 Gennaio 2014 9:54
In un breve discorso trasmesso in diretta sulle due maggiori televisioni nazionali, Canale Uno e Notizie Nilo , oltre all’emittente privata On Tv , Mansour ha specificato che la giunta militare, al potere dal colpo di Stato contro il governo dei Fratelli musulmani lo scorso 3 luglio, delibera di rovesciare il tragitto politico deciso in precedenza. Ciò significa che le elezioni parlamentari vengono rinviate ad una data da definirsi entro la fine del prossimo luglio. Al loro posto, si terranno invece le presidenziali «non prima di 30 giorni e non oltre i 60», che a conti fatti le restringe al periodo compreso tra 17 febbraio e 18 aprile. Nel frattempo si intensificherà l’azione di esercito e polizia contro quelli che Mansour definisce «gli attacchi terroristici mirati a minare la volontà degli egiziani». «Non esiteremo ad utilizzare misure eccezionali», minaccia.
Prossima mossa, considerata praticamente inevitabile dai commentatori locali e tra i circoli diplomatici, sarà l’annuncio della candidatura alla presidenza dell’attuale capo dell’esercito, generale Abdel Fattah Al Sisi. Questi dovrebbe presentare a breve le proprie dimissioni da ministro della Difesa ad interim, requisito necessario per entrare in lizza. «La sua vittoria è certa. Sisi non avrà rivali degni di nota. Il voto sarà in verità un referendum di approvazione. Unica incognita sarà capire quanto un Sisi in abiti civili riuscirà a mantenere il carisma e l’autorità del generale assurto al ruolo di padre della nazione guadagnato negli ultimi mesi», si nota ancora negli stessi circoli. Agli occhi della giunta militare, la sua elezione prima della designazione del Parlamento dovrebbe tra l’altro garantirne i poteri eccezionali. Ma l’annuncio di Mansour non cancella le tensioni e i conflitti di questo Paese profondamente diviso tra fronte laico legato ai militari, assieme ai conservatori salafiti, e blocco compatto dei Fratelli musulmani. Gli ultimi bollettini ufficiali portano il bilancio dei morti sabato durante gli scontri di piazza in occasione delle celebrazioni del terzo anno della rivoluzione a quota 49. Da più parti si ventila che possano essere almeno una novantina, oltre a centinaia di feriti e un numero sconosciuto di arrestati. Sembra che gli oppositori politici in carcere superino di molto quota 20 mila. Il Comitato per la Protezione dei Giornalisti rivela inoltre che da luglio 5 reporter sono stati uccisi dalle forze di sicurezza, 44 arrestati e 45 hanno subito aggressioni.
Lorenzo Cremonesi
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