«Letta non mi ha difeso Quanti sciacalli, Angelino però è corretto»
ROMA — «Volete sapere che cosa ho fatto per tutto il week-end? Ho lavorato, da ministro dell’Agricoltura». Pausa. «Ho lavorato al completamento del collegato agricoltura alla legge di Stabilità 2014, con risultati che sono stati riconosciuti da tutte le categorie. Chiedete a Coldiretti, chiedete ad Assocarni, chiedete a chi volete… Ho fatto il mio la-vo-ro». Poi arriva il fendente, con la sua solita voce ferma, decisa, con quel tono che a tratti pare strafottente. «Dal presidente del Consiglio mi sarei aspettata una difesa diversa», si sfoga Nunzia De Girolamo tra le mura di casa. Con Alfano è tutt’altra storia, «Angelino mi ha difeso, così come mi hanno difeso tutti i colleghi del Nuovo centrodestra». Gea, la bambina sua e del deputato pd Francesco Boccia, è di là che piange. La mamma ha appena finito di informare il capo dello Stato della decisione di lasciare il governo. Il testo del comunicato per le agenzie è già stato limato ed è pronto per essere spedito. Sono quasi le sette di sera di una domenica che sembra normale, ma normale non è. Ma prima che tutti sappiano, prima che le dimissioni diventino pubbliche, prima che il timer del rimpasto venga innescato, prima c’è una donna che ha bisogno di mettere un punto fermo. Almeno uno. «Che sia chiaro», dice la De Girolamo ai pochissimi amici che riescono a mettersi in contatto con lei, «le dimissioni non hanno nulla a che fare con l’inchiesta sulla Asl. Al contrario, come cittadina mi sento protetta dalla magistratura, che dal primo momento ha sempre fatto chiarezza su tutto. Queste sono dimissioni politiche. E da questa sera sarò più libera di difendermi dai tanti sciacalli che stanno dietro questa storia…».
Dopo quella nota alle agenzie in cui annuncia le dimissioni, di «normale», nella domenica di Nunzia De Girolamo, non c’è più nulla. E come se non bastasse la scelta di lasciare l’esecutivo, sul groppone dell’ormai ex ministro pende come una spada di Damocle l’indiscrezione di un suo ritorno in Forza Italia. Su questo il ministro dell’Agricoltura è telegrafica. Sei parole, senza neanche un predicato verbale. «Nessun contatto con Forza Italia». Così, come se fosse un flash d’agenzia. I rapporti con Berlusconi sono rimasti buoni. Basti pensare che lo scorso agosto, quando «Nunzia» aveva già assunto la posizione pubblica di considerare l’esistenza del governo «una cosa separata» dalla decadenza dell’ex premier, il Cavaliere aveva avuto nei suoi confronti un approccio ben diverso rispetto al veleno distillato per gli Alfano e i Quagliariello. C’è un’immagine, rimasta per mesi dietro le quinte, che lo conferma. «Silvio» che chiama tutto il gotha pidiellino ad Arcore ma si premura di «esonerare Nunzia» dall’obbligo di partecipare alla riunione. «So che stai in vacanza con la bambina e che hai pochi giorni di ferie. Non ti preoccupare, non venire fino a qui, ti aggiorniamo poi a voce rispetto a quello che ci siamo detti…». È lo stesso Berlusconi che oggi frena rispetto al ritorno dell’amica in Forza Italia: «Nunzia per ora non torna da noi. La ricucitura del rapporto col Nuovo centrodestra dev’essere un fatto politico, non una cosa personale». Come a dire, o tornano in blocco o non torna nessuno. Ma il rapporto umano è un’altra cosa, quello resta.
Perché, a prescindere da quell’atteggiamento all’apparenza spigoloso, tanto nel centrodestra quanto nel centrosinistra, Nunzia De Girolamo ha sempre avuto ottimi rapporti con tutti. Forse perché, come dicono di lei alcune colleghe, «è sempre stata considerata la più “di centrosinistra” dei berlusconiani», forse perché s’è sposata «col più riformista del centrosinistra», e cioè con Boccia. Il mix sembra la quintessenza del «lettismo tendenza Enrico». Eppure sarebbe stato proprio il presidente del Consiglio, e in particolare — pare — la sua ultima intervista a Lilli Gruber, a spingerla a lasciare. «Mi sarei aspettata una difesa migliore. Ora ho finito le cose che avevo in sospeso, ho completato il collegato alla legge di Stabilità e posso dimettermi in pace». Dalla sua, oltre alla grande voglia di difendersi, rimane quell’immaginetta di Padre Pio. «Sono sempre stata una sua devota. E ho sempre creduto nel perdono», disse all’inizio della sua carriera politica. Anche se di «perdonare», di questi tempi, non pare aria. Anzi.
Tommaso Labate
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