«Troppi codici per comunicare L’incomprensione è più frequente»

by Sergio Segio | 26 Gennaio 2014 18:17

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IL FESTIVAL DELLE SCIENZE DI ROMA OGGI CHIUDE I BATTENTI E, in occasione dell’ultima giornata, Tullio De Mauro, decano dei linguisti italiani, sarà il protagonista di un caffè scientifico (Bart caffetteria dell’Auditorium alle 18,30) dedicato al tema dell’incomprensione linguistica.
Professor De Mauro, sotto il profilo dell’esperienza quotidiana, l’incomprensione è qualcosa che ognuno di noi ha provato nella sua vita, ma che cos’è da un punto di vista tecnico?
«È il non tenere conto dei fattori che aiutano la comprensione di ciò che altri dicono o scrivono. Sono molti e diversi. Le parole, anzitutto, e il loro susseguirsi secondo la grammatica di una lingua, il che significa che dobbiamo sintonizzarci sulla lingua che supponiamo propria di chi parla o scrive. Se vedo scritto «I VITELLI DEI ROMANI SONO BELLI», per capire il senso devo capire se chi ha scritto voleva parlare, e parlava, latino o italiano. Se non conosco la lingua di chi parla o scrive, le possibilità di comprensione si riducono quasi a zero. Quasi: ci aiutano altri fattori di cui possiamo e dobbiamo tenere conto nel comprendere. Dati importanti sono conoscere o sapere chi è che parla o scrive, il contesto in cui si colloca. Una frase come “Il cane abbaia” ha un senso molto diverso se ce la dice un nostro familiare infastidito o preoccupato dall’abbaiare del cane di casa oppure se ce la dice chi sta insegnando ai bambini come si denominano i versi dei differenti animali o, infine, se la leggiamo in un testo di etologia animale. A capire ci aiutano molto le intonazioni del parlato e lo sfondo, l’impaginazione, nello scritto. Qualche anno fa Annamaria Testa ha scritto e illustrato un piccolo libro importante e istruttivo, Le vie del senso, per mostrare quanti sensi diversi assume la frase “Ma che bella giornata! ” a seconda degli sfondi su cui la vediamo scritta. Per capire una qualunque frase dobbiamo mobilitare, anche senza accorgercene, tutte le risorse delle nostre conoscenze ed esperienze. Se manchiamo di farlo, la comprensione delle parole altrui fallisce».Quando nel linguaggio comune diciamo che qualcuno non ci comprende, in effetti, non ci riferiamo solo alle parole, ma a qualcosa di più profondo. Ci riferiamo, magari senza saperlo, a questi fattori? «Altri linguaggi funzionano bene anche se non sappiamo chi ne usa i segni o non teniamo conto del contesto d’uso. Le parole invece non sono cifre, simboli matematici o chimici, ma si capiscono appieno solo capendone l’ancoraggio al loro contesto e alla persona che le dice o scrive».
Qualche tempo fa, lei riportava i risultati di un’indagine secondo cui il 71% della popolazione italiana non è in grado di leggere e comprendere un testo di media difficoltà. Ci può spiegare un po’ più nel dettaglio questo dato?
«Noi adulti italiani, molto più degli adulti di altri Paesi, abbiamo un pessimo rapporto con i testi scritti: libri, giornali, pagine internet e perfino cartelli e avvisi al pubblico (spesso, oltre tutto, formulati male). Non una, ma tre successive ricerche internazionali, l’ultima delle quali promossa dall’Ocse e svolta per l’Italia dall’Isfol, hanno stabilito che il 5% della popolazione adulta è in condizione di analfabetismo totale, ma in più il 66% ha gravi difficoltà dinanzi a un testo scritto. Del resto i dati sulla lettura di libri e di quotidiani ci portano a risultati simili».
Eppure in Italia ci si diploma e ci si laurea di più rispetto al passato (anche se siamo sempre agli ultimi posti in Europa), come spiegare questo fenomeno?
«La scuola fa quello che può. Proprio in questa materia sappiamo che alle elementari i bambini e le bambine arrivano a risultati di eccellenza nel confronto internazionale. All’inizio delle scuole medie superiori le cose già non vanno più bene. A mano a mano che vanno avanti nello studio pesano sui ragazzi le condizioni culturali delle famiglie e dell’ambiente. Le cose quindi nella media superiore non vanno bene, ma attenzione: i ragazzi sono poco sotto la media europea, le ragazze addirittura più in alto delle loro coetanee. Il complesso non è brillante, ma non è catastroficamente sotto le medie internazionali come avviene per gli adulti e le adulte. Quando usciamo dalla scuola e dalla formazione cadono bruscamente le sollecitazioni a leggere, tenersi informati, capire il nostro mondo con l’aiuto di pagine scritte. Gli stili di vita ce ne allontanano e solo una minoranza avverte importanza e fascino della lettura.
Oggi la comprensione è diventata più difficile? Pensiamo ai tanti linguaggi diversi: i social network, gli sms, i linguaggi sempre più specialistici delle scienze. Siamo costretti a imparare più codici? «Sì, abbiamo più strumenti, più codici che dobbiamo sapere usare. Il primo resta sempre l’abbiccì e la nostra lingua nativa. Ma non basta più. Per capire le etichette dei prodotti del supermercato o delle medicine, per orientarci nella vita anche quotidiana delle città, per lavorare e produrre abbiamo bisogno di notizie più sofisticate di un tempo, almeno dell’abbiccì di molti diversi campi del sapere. O ci rivolgiamo ai ciarlatani oppure, per campare, avremmo bisogno di un rialzo deciso delle nostre competenze individuali e collettive».
può essere prevista anche la sola presenza del PI. L’alta qualità scientifica dei progetti sarà il criterio di valutazione insieme alla qualità del PI. Gli ambiti scientifici di riferimento sono gli stessi determinati dall’Erc: Scienze della vita, Scienze fisiche e ingegneria, Scienze umanistiche e sociali. Saranno favoriti i progetti di natura interdisciplinare, quelli pionieristici o che introducono approcci innovativi o invenzioni scientifiche.
La procedura si svolgerà interamente in lingua inglese. L’attrattività del finanziamento è anche per l`istituzione ospitante, che avrà un incentivo del 10% del costo del progetto nel caso in cui il PI non sia già un suo dipendente a tempo indeterminato. I progetti possono avere il costo massimo di 1 milione di euro per un periodo massimo di tre anni e saranno valutati da Comitati di selezione designati dal Comitato nazionale dei garanti della ricerca (Cngr) sulla base di una rosa di nominativi proposti dal consiglio scientifico dell’Erc. Termine della presentazione il 13 marzo.

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