«Una giustizia solo per ricchi»
«In otto anni 17 riforme, i costi per i cittadini aumentati fino al 182%, eppure i tempi dei processi sono enormi e le pendenze circa 9 milioni. Politiche fallimentari dietro lo scudo di polemiche pretestuose. Il ministro cambi rotta, punti sul confronto e non sullo scontro». Nel giorno dell’inaugurazione dell’anno giudiziario presso le 26 sedi delle corti d’Appello, va in scena la protesta degli avvocati organizzata dall’Oua, «in difesa della democrazia». La tensione è salita infatti, negli ultimi mesi, tra l’Organismo unitario dell’avvocatura e la Guardasigilli, Annamaria Cancellieri, accusata di «non ascoltare». Ma il disappunto per molti provvedimenti «sbagliati» è cresciuto negli anni, come hanno spiegato i delegati dell’Oua manifestando ieri con i presidenti degli Ordini forensi locali. In alcune città come Roma, Cagliari, L’Aquila, Potenza o Catanzaro, penalisti e civilisti hanno abbandonato la sala della cerimonia denunciando «una giustizia solo per ricchi». Pomo della discordia, la riforma della geografia giudiziaria, in primis, ma anche i compensi forensi giudicati troppo bassi, il taglio dei contributi statali per il gratuito patrocinio, l’introduzione della mediazione obbligatoria, la condizione carceraria e l’intasamento dei tribunali, sia penali che civili. Secondo gli avvocati, dunque – e contrariamente a quanto sostenuto il giorno precedente dal primo presidente della Cassazione, Giorgio Santacroce – il sistema di giustizia è al collasso o quasi. Sono dello stesso avviso anche i Radicali, che hanno manifestato ieri dentro e fuori le sedi d’Appello per ricordare, in particolare, che nei carceri italiani lo Stato esegue «una pena illegale», come ha detto la segretaria di Radicali italiani, Rita Bernardini, intervenuta alla cerimonia di Firenze.
«Alla ministra Cancellieri, vista l’assenza di elementi nuovi e di gesti concreti, ho ribadito la mia indisponibilità a incontrarla il prossimo 28 gennaio e confermato l’astensione dalle udienze dal 18 al 20 febbraio». Così il presidente dell’Oua, Nicola Marino, ha annunciato ieri a Cagliari, durante la cerimonia a cui ha preso parte anche la Guardasigilli, la mobilitazione della categoria che culminerà con una manifestazione nazionale a Roma il 20 febbraio. Subito dopo, Marino ha lasciato la sala denunciando una «situazione gravissima»: «Le entrate da contributo unificato (a carico dei cittadini) sono aumentate enormemente – scrive l’Oua in un comunicato – crescendo del 55% per il primo grado, del 119% in appello e del 182% in Cassazione e i tempi continuano ad essere “irragionevoli”. Se nel 2005 la durata media del processo davanti al tribunale e alla Corte d’appello era di 5,7 anni, nel 2011 si è passati a 7,4 anni. Per essere ancora più chiari, le riforme pasticciate, senza dialogo con gli avvocati, hanno portato a un deterioramento ulteriore del nostro sistema. I cittadini pagano di più per avere sempre di meno». L’Oua chiede «che le risorse che produce il settore giustizia, che sono ingenti, siano utilizzate per il miglioramento del servizio». Nel civile, gli avvocati si dicono «pronti a soddisfare la domanda di giustizia, attraverso seri strumenti di risoluzione alternativa delle controversie», con riferimento alla mediazione tornata obbligatoria dal 9 agosto scorso. Mentre riguardo alla «giustizia penale — spiega Marino — sono gravi gli ultimi provvedimenti che hanno determinato uno svilimento in termini economici della figura del difensore d’ufficio e, quindi, la riduzione di tutela per i non abbienti». Marino ha poi sollecitato una maggiore «applicazione delle misure alternative della detenzione».
Ma le proteste più dure sono venute da Palermo, dove il presidente dell’Ordine, Francesco Greco, ha invitato Cancellieri a dimettersi perché «ha dimostrato di essere inadeguata al compito». A Milano invece il suo omologo, Paolo Giuggioli, ha chiesto di «riaprire la strada», tracciata da una norma del 2006, «che prevedeva il decentramento del ministero di Giustizia su base regionale con attribuzione alle direzioni regionali di competenze anche sul personale e sulle risorse materiali». Giuggioli chiede se «la giustizia sia ancora un diritto» e invita a non utilizzare «il dissesto del bilancio pubblico come scusante della mancata assunzione di decisioni importanti per il settore giudiziario» che si riflette «direttamente sulla qualità della convivenza civile» e sulla «competitività del sistema economico-imprenditoriale».
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