Epifani: «Serve un vero rilancio del governo»
ROMA Gira tra le mani un foglio fitto di appunti, note sull’Italicum e dati economici. Guglielmo Epifani non sottovaluta i segnali, timidi, che iniziano ad arrivare dall’economia: «La caduta si è arrestata ma la ripresa è ancora molto debole, e l’occupazione continuerà ad essere l’emergenza di questo 2014». A questo dovrebbe servire il Patto 2014, ad affrontare le emergenze. Ma Renzi chiede tempo e Letta non riuscirà a chiudere prima di metà febbraio. Le chiedo se si arriverà davvero al patto di maggioranza.
«Il rilancio dell’azione di governo non è più rinviabile e deve partire dagli investimenti e dalla occupazione. Da questo punto di vista è necessaria un’accelerazione anche su tutte le misure già decise sia nella legge di stabilità, sia nei provvedimenti precedenti. Penso all’allentamento del patto di stabilità per i Comuni, alla restituzione del credito delle imprese, ai fidi di garanzia per allargare la liquidità, ai crediti di imposta su ricerca e innovazione fino ai fondi europei così come stati rimodulati. Se è vero che abbiamo davanti quindici mesi bisogna anche creare le condizioni per l’abbattimento del cuneo fiscale». Ma abbiamo davanti quindici mesi? «Nessuno mette in discussione questo orizzonte». Letta andrà in Europa senza il patto di maggioranza. Non è un segno di debolezza per il governo?
«Non credo che una settimana in più cambi le cose, il vero problema è quello di mettere mano ad un vero rilancio del programma e penso che al governo converrebbe concentrare le propria azione su alcuni obiettivi soltanto».
Renzi vuole l’ok da tutto il partito, ma c’è chi vede un tentativo del segretario di imporre la sua agenda anche a Letta. «Credo che sia corretto che il più grande partito del Paese, l’azionista di maggioranza del governo, affronti il tema nei suoi organismi di discussione e la direzione è la giusta sede di confronto. Il Pd deve arrivare ad una sua proposta da presentare al premier».
Epifani, il tema è il dualismo Letta-Renzi. Come si risolve questa guerra fredda? «Non credo sia questo il tema. Il tema è la situazione di stasi in cui siamo e dalla quale si deve uscire quanto prima per dare inizio a un’azione di governo forte, il tirare a campare non è una filosofia applicabile».
C’è anche, nel suo partito, chi spinge per mandare Renzi a Palazzo Chigi al posto di Letta.
«Mi sembra un’ipotesi che appassiona la stampa ma che Renzi ha negato nel modo più assoluto».
Quindi lei crede che dopo la direzione inizierà una fase di sostegno pieno e convinto al governo e si archivieranno le critiche quotidiane?
«Il governo avrà il sostegno pieno del Pd una volta che il partito presenterà la sua proposta al presidente del Consiglio, anche perché lo stesso percorso delle riforme è legato alla stabilità, le due cose si tengono insieme».
Si riparte con una nuova squadra di governo?
«Si riparte con un nuovo patto di maggioranza che si fonda su pochi ma incisivi punti. La questione dei nomi e di una eventuale nuova fiducia, che sono prerogativa del Presidente del Consiglio e del presidente della Repubblica, viene dopo la scelta delle priorità».
Il Ruby Ter è piombato sulla scena politica. Da Fi c’è già chi dice che questa inchiesta vuole affossare le riforme. Vede rischi concreti?
«Quando Renzi ha ripreso il dialogo con Fi non ci ho trovato nulla di anormale, d’altra parte la legislatura era iniziata proprio con un confronto sulle riforme. Anche quando si è trattato di applicare la legge Severino per la decadenza di Berlusconi noi non abbiamo mai inteso fare un attacco politico: in quel momento stavamo applicando una legge, niente altro che questo. È stato l’allora Pdl usare strumentalmente quella vicenda per far saltare il tavolo. Mi chiedo: può oggi Fi mandare di nuovo tutto all’aria? Spetta a loro decidere se vogliono partecipare ad un processo riformatore oppure no. Io mi auguro di sì».
Crede che stavolta Berlusconi terrà fede al patto?
«Giunto all’ultimo miglio si è quasi sempre sottratto agli impegni presi. Stavolta è giusto metterlo alla prova avendo la cautela che la storia impone».
Renzi ha sbagliato ad attaccare Cuperlo?
«Noi abbiamo discusso nei nostri organismi e alla fine abbiamo assunto delle scelte che da quel momento in poi sono di tutto il partito. Ma ci sono state anche posizioni diverse rispetto alla maggioranza e queste mi sembra abbiano tutte una loro forza. Quello che fonda una comunità non è la mancanza di confronto, ma il rispetto reciproco, tanto più verso chi ha idee diverse dalle nostre. Così come in un partito si sostiene con lealtà il segretario che ha vinto le primarie, avendo appunto, il senso reciproco dell’essere parte di una comunità politica». La minoranza Pd chiede le preferenze, ipartitini l’abbassamento della soglia. Su cosa si può intervenire senza far saltare tutto? «Partiamo da qui: siamo tutti vincolati al patto stipulato dal segretario, ma non ho mai visto una legge che non si potesse migliorare in Parlamento, che non ha funzioni notarili. Naturalmente ricercando la condivisione. Per esempio: aver allegato al testo di legge le tabelle delle circoscrizioni si presta a molti problemi e non è un caso se non è mai successo prima. La soglia dell’8% apre un problema della rappresentanza in Parlamento perché questo vuol dire tenere fuori partiti che possono prendere anche tre milioni di voti. Quanto alle preferenze, se avessimo deciso da soli avremmo optato per il collegio uninominale e il doppio turno, ma non siamo da soli a decidere. E non c’è dubbio, e su questo il Parlamento può intervenire, che noi negli ultimi anni abbiamo detto che era giusto restituire ai cittadini la possibilità di scegliersi i propri rappresentanti. Se questo non avviene, si può aprire un ulteriore vuoto nella partecipazione al voto perché i cittadini si sentono meno liberi nella loro scelta».
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