Gli alfaniani già pronti alle correzioni in Aula
ROMA — Alle 17 in punto uno sta a Parma, nell’ospedale in cui è ricoverato Pier Luigi Bersani. L’altro invece sta lasciando Pesaro, dov’è appena calato il sipario sulla convention del Nuovo centrodestra. A metà di ieri pomeriggio, insomma, Matteo Renzi e Angelino Alfano sono separati da «appena» 246 chilometri, tre ore scarse di automobile. Hanno seminato i rispettivi portavoce ma non sono riusciti ad allontanare il tam tam romano su un possibile faccia a faccia, che secondo alcuni sarebbe stato in programma a Bologna.
Nonostante l’incontro di Bologna alla fine salti, e con la certezza che i due si vedranno oggi prima della direzione del Partito Democratico, la partita a scacchi tra Renzi e Alfano è già a un punto di svolta. I due, come dimostrano le telefonate di ieri e soprattutto la triangolazione con Gianni Letta, sono più vicini di quanto non sembri dalle dichiarazioni del vicepremier. E non tanto perché, come ha detto il ministro del Nuovo Centrodestra Gaetano Quagliariello ad alcuni colleghi di governo, «una nostra vittoria l’abbiamo già ottenuta, siamo riusciti a scongiurare che il dialogo tra il sindaco di Firenze e il Cavaliere si trasformasse in un accordo a due». E nemmeno perché il Quirinale, alle cui antenne il partito del vicepremier è molto sensibile, guarda senza alcuna diffidenza all’accensione dei motori della Grande riforma.
No, il punto è un altro. E rimanda al secondo tempo della partita sulla legge elettorale, che a partire dalle 16 di oggi — termine fissato da Renzi — si giocherà in Parlamento. «Vede», sussurra Roberto Formigoni, «noi giochiamo a viso aperto. E a viso aperto, tanto per dirne una, possiamo legittimamente sostenere che sui punti della bozza che non ci vanno a genio possiamo trovare delle alleanze trasversali tanto alla Camera quanto al Senato». L’ex governatore della Lombardia, che giorni fa aveva maliziosamente ricordato al segretario del Pd che a Montecitorio la riforma si vota a scrutinio segreto, mostra tutte le carte. «La bozza uscita dal vertice tra Matteo e Silvio conserva le liste bloccate, che tra l’altro sono l’aspetto del Porcellum che gli italiani odiavano di più. E io sono sicuro che, per esempio, in Parlamento c’è già una maggioranza pronta a presentare un emendamento che ripristini le preferenze…».
Tecnicismi a parte, scongiurato il rischio imminente di una crisi di governo grazie alle mediazioni con gli sherpa renzian-berlusconiani di Dario Franceschini e Maurizio Lupi, gli alfaniani si concentrano sul passaggio parlamentare. Sul quale sono pronti a cercare altri compagni di viaggio. Dalla minoranza del Partito Democratico a Scelta civica. «Senza dimenticare», sussurra un esponente dell’esecutivo, «quelli che in Forza Italia, magari timorosi di non rientrare più nelle grazie berlusconiane, potrebbero affossare in segreto i listini bloccati».
Ma non è tutto. Tolto l’accordo di massima che Renzi e Alfano dovrebbero trovare nel loro incontro di oggi, c’è un ulteriore punto che il vicepremier potrebbe inserire nella lista dei desiderata da sottoporre al sindaco di Firenze. Che ha molto a che fare con quell’«ingresso dei renziani nella compagine di governo» che il Nuovo Centrodestra tatticamente considera «non più rinviabile». Con quel rimpasto, insomma, che il Pd continua a respingere con forza.
Tommaso Labate
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