by Sergio Segio | 19 Gennaio 2014 9:12
PORDENONE — Venti per cento in meno di costo del lavoro senza cambiare i contratti in vigore per salvare le aziende in bilico e rilanciare la manifattura. Pordenone avvia le trattative per un patto territoriale dalle caratteristiche inedite. Primo test, la sopravvivenza dello stabilimento Elettrolux.La multinazionale svedese , che ha quattro stabilimenti in Italia, a Forlì, Conegliano, Solaro in Lombardia e Porcia in provincia di Pordenone, ha deciso tempo fa avviare un’analisi di sostenibilità, ovvero di valutare se questi stabilimenti conviene tenerli o meno. Lo stabilimento più a rischio è quello in provincia di Pordenone, il più grande, dove mille e cento dipendenti producono un milione e 100 mila lavatrici. L’Ideal Standard ha tre stabilimenti in Italia, uno nel Lazio, uno in Veneto ed uno in Friuli, in provincia di Pordenone. Ha un eccesso di capacità produttiva ed ha deciso di chiudere lo stabilimento friulano, che ha 400 dipendenti. Non è tutto. Tra il 2008 e il 2013 a Pordenone la disoccupazione, che cinque anni fa era al 3,9% è oggi al 6,9, ma se contiamo anche gli ammortizzatori sociali le persone inattive sono 15 mila, il 10% del totale.
L’associazione degli industriali della provincia ha deciso di affrontarla in una maniera nuova, non più un tavolo per ogni azienda ma un sistema per gestire le difficoltà tutte insieme e rilanciare la competitività dell’area nel suo settore di elezione, la manifattura. Con un progetto di reindustrializzazione. Ha chiamato Innocenzo Cipolletta, economista di lungo corso, già direttore generale di Confindustria e oggi, tra le altre cose, presidente dell’Università di Trento e del Fondo Italiano di Investimento della Cdp, Tiziano Treu, giuslavorista, ministro del lavoro con Prodi, Maurizio Castro, già senatore del Pdl e manager con un passato nella stessa Electrolux, Riccardo Illy, imprenditore ed ex presidente della Regione Friuli Venezia Giulia, li ha messi a fianco dei tecnici dell’associazione e insieme hanno elaborato un progetto dal titolo «Laboratorio per una nuova competitività industriale ». Ne è uscito fuori un piano articolato e dettagliato che si concretizza in una Proposta di Accordo Territoriale che dalla prossima settimana sarà presentato alla Regione, ai sindacati, al governo, oltre che a tutti i sindaci della provincia. Il progetto di accordo non richiede nuovi contratti né nuove norme. Prevede per le aziende in crisi e le aziende che volessero insediarsi nel territorio o crescere aumentando l’occupazione, una riduzione temporanea del costo del lavoro del 20% per le più grandi e del 10% per quelle piccole, meccanismi attivi di ricollocamento e di formazione, il coinvolgimento dei dipendenti nel capitale dell’impresa, la cogestione attraverso una commissione paritetica sindacati-imprenditori di tutti i processi, meccanismi di accesso al credito e di ricapitazizzazione delle aziende, un sistema di welfare che consenta ai lavoratori di recuperare attraverso servizi sanitari, assistenza agli anziani, buoni studio e buoni spesa una parte di quello a cui rinunciano in busta paga.
È un piano onnicomprensivo il cui obiettivo è rendere il territorio di Pordenone più produttivo e competitivo e che è replicabile, un modello che qualunque territorio lo voglia, può adottare. La prova del nove, se i sindacati lo sottoscriveranno, sarà la Electrolux. Un 20% in meno di costo del lavoro non è sufficiente a competere con i costi dello stabilimento in Polonia dove andrebbero le lavatrici oggi prodotte a Pordenone, ma è più che sufficiente a rendere diseconomico il trasloco, per ammortizzare il quale ci vorrebbero oltre 10 anni. È un tentativo locale che può diventare nazionale. Obiettivo numero uno bloccare l’uscita delle aziende che già ci sono, rendendo per esse più conveniente rimanere a produrre in Italia. Obiettivo numero due attirare investimenti esteri. Obiettivo numero tre favorire l’insediamento di imprese innovative che puntino più sulla qualità e l’innovazione cambiando un mix produttivo obsoleto. Forse vale la pena provarci.
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