Ritorno in scena del Cavaliere «Anche umanamente il leader pd è persona seria»

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ROMA — «Renzi si è rivelato un interlocutore serio non solo politicamente, ma anche umanamente. La sintonia non è di facciata. E la Terza Repubblica può nascere davvero…». Alle 20,45 di ieri sera, su un’auto blu con i vetri oscurati che fende il traffico della Capitale diretta all’aeroporto di Ciampino, c’è un Silvio Berlusconi che definire «raggiante» è poco. I pochi che riescono a mettersi in contatto con lui, quando dalla fine del faccia a faccia con Matteo Renzi sono trascorse due ore scarse, sentono dall’altra parte del telefono «un uomo rinato». «Quasi come se quel maledetto agosto e la condanna in Cassazione non ci fossero mai stati», azzarda una delle primissime file di Forza Italia dopo avergli parlato. Per quanto i suoi stessi uomini escludano che «il Presidente abbia discusso del suo caso personale nella sede del Pd», e per quanto l’euforia rimanga al di fuori sia dal video registrato a Palazzo Grazioli sia dalla nota ufficiale, è evidente che l’accensione dei motori della «grande riforma» conferisce un’aura di verità alla scommessa che l’ex premier aveva fatto coi suoi in mattinata. «Il tema di oggi non sono Letta o Alfano. Vedrete, oggi sarà il giorno del mio vero ritorno in campo…».
Riavvolgendo il nastro, quando varca la soglia dell’ingresso laterale della sede del Pd Berlusconi non dà neanche peso alla mini-contestazione del Popolo Viola. «L’importante è che non mi facciate sedere sotto la foto di Che Guevara e di Fidel Castro. Lo sapete che io, coi comunisti…», è la battuta con cui la tensione accumulatasi lungo tutto il pre-vertice si scioglie. I padroni di casa ovviamente lo accontentano, infatti il Cavaliere e Gianni Letta prendono posto sul divano in pelle nera sopra il quale campeggia una foto di Bob Kennedy, che la delegazione forzista gradisce senz’altro di più rispetto a quella made in Cuba. La base del dialogo, quella riforma che parte della «rivoluzione del Senato» e che arriva alla fine del bicameralismo perfetto, è già sul tavolo. Era stata, quantomeno nelle linee generali, confezionata dai rispettivi staff (Gianni Letta e Denis Verdini da un lato, Roberto D’Alimonte dall’altro) e approvata da entrambe le parti. È sulla legge elettorale, invece, che l’accordo da «astratto» si fa «concreto». Anche al di là di quella «piena sintonia» di cui il sindaco di Firenze parlerà alle 19, durante la sua conferenza stampa. E persino oltre quell’«accordo per rafforzare i partiti» di cui parlerà l’ex premier nel video registrato a Palazzo Grazioli.
La formula magica c’è. E viene pronunciata più volte, durante il summit. «Spagnolo corretto». Sì,«sul modello spagnolo noi ci stiamo», è il modo in cui lo chiama Berlusconi, anche di ispanico il modello ha soltanto qualcosa. «Sono pronto a garantire sul sostegno pieno dei miei deputati», è la garanzia di cui il Cavaliere si fa carico per dare un’ulteriore assicurazione al Pd. Piuttosto, è l’interrogativo che viene girato ai Democratici, «siete sicuri che i vostri lo voteranno anche nel segreto dell’urna?».
Alla «svolta» vera, almeno sulla carta, manca solo un dettaglio. Lo stesso che Berlusconi confesserà a chi lo aspetta a casa, a Palazzo Grazioli, a incontro finito. «Io e Renzi siamo d’accordo su un modello che cancelli il potere di ricatto dei piccoli partiti. L’unica cosa su cui ancora non ci stiamo è la definizione del premio di maggioranza…». Ed è un dettaglio su cui gli sherpa di Pd e Forza Italia discuteranno da stamattina alle 16 di domani, termine che Renzi ha fissato come «dead line» per la stesura della proposta.
Ma per capire quello che Berlusconi ha in mente bisogna fare, rispetto al vertice del Nazareno, un salto indietro di quarantott’ore. «Quel Renzi ha coraggio da vendere. Tanto che secondo me», aveva confidato durante una cena, «alla fine la scissione dentro il Pd ci sarà». Al contrario, era stata la subordinata, «noi non rischiamo nulla. Alfano sarà alleato con noi e, alle brutte, si voterà col proporzionale puro». Già, ma quando? Nonostante ripeta — come ha fatto anche al Nazareno – che «noi vogliamo le elezioni anticipate», il Cavaliere non ha alcuna fretta di andare alle urne. E questa dichiarazione d’intenti starebbe anche in un messaggio informale che da Arcore avrebbe già raggiunto il Quirinale. «Ho bisogno di tempo per ringiovanire Forza Italia», era stato il pensiero messo a verbale prima di sorprendere i commensali con un colpo da teatro. «Ho saputo che Alfio Marchini farà una lista per candidarsi a premier», ha scandito. «È un personaggio che mi piace. E che vorrei portare tra i nostri…».
Tommaso Labate


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