Obama: non spierò più gli alleati

Loading

 E COSÌ ammette che il Datagate non è soltanto uno scandalo di tracotanza orwelliana d’intelligence, ma una smentita alla natura costituzionale degli Usa e al mito, vitale per l’identità collettiva, dell’“eccezionalismo” americano. Purtroppo la risposta di un presidente che pure ha ricordato come già la Nsa (e lo Fbi) tenessero
Martin Luther King sotto costante sorveglianza senza fermare lui e senza impedire a un uomo di colore di assurgere alla Casa Bianca, non è stata, e non poteva essere quella riforma radicale che si sperava. «Mettere il rossetto sulle labbra di un maiale, non lo rende un animale diverso», ha commentato durissimo, e deluso, uno dei massimi critici del programma di sorveglianza elettronica, il democratico del Michigan, John Conyers.
Con i 45 minuti della sua prima proposta ufficiale di riforme, Obama ha dovuto accettare — senza nominarlo se non di sfuggita — che di fatto il giovanotto oggi nelle mani di Vladimir Putin ha vinto la propria battaglia e neppure questo ritocco ai metodi di intelligence ci sarebbe stato senza lo scandalo. Ma l’ammissione che la situazione era diventata intollerabile, e stava demolendo quel tempio dei valori americani sotto i quali da due secoli vive il mito della superiorità morale e civile degli Stati Uniti non ha portato a misure radicali.
Nella pratica — e sono comunque proposte, non decreti — i controlli e la mietitura dei dati e dei metadati (i tabulati dei numeri telefonici) continueranno, sempre con l’autorizzazione di quel tribunale speciale detto FISA sul quale ora l’autorità politica e commissioni di “civili” potranno esercitare qualche forma di supervisione. I dati raccolti finora, miliardi di numeri e di file, saranno distaccati e archiviati fuori dall’apparato e accessibili soltanto con autorizzazioni specifiche, togliendo quell’elemento
di possibile incostituzionalità che era la mietitura generalizzata e di massa fatta sperando di trovare, tra fascine e fascine di inutile erba, il serpente velenoso.
«Il mondo deve sapere che gli Stati Uniti non sorvegliano cittadini che non siano sospettabili di attività criminali e questo vale anche i leader politici stranieri », promette Obama «e se devo sapere che cosa pensano i governanti di altre nazioni, gli telefonerò». Di nuovo, questa promessa significa molto poco, perché la designazione del “sospetto” è arbitraria e soggettiva. Secondo l’antico detto, agli occhi di un martello tutto il mondo è fatto di chiodi.
E qui si annida la contraddizione cruciale dello scandalo Datagate, come del Patriot Act varato da Bush nel panico dopo l’11 settembre — quando le varie agenzie di controspionaggio non capirono il senso di telefonate fra membri del complotto — del programma di intercettazioni. Chi stabilisce quali comunicazioni siano sospette, se non si ha la certezza preventiva che colui che chiama o risponde sia sospetto? Che cosa può garantire che non sia la prossima telefonata, il prossimo numero, la prossima e-mail, la nostra, quella che nasconde il serpente fra le fascine inutili? L’intelligence, per propria natura, deve essere paranoica.
È l’antica contraddizione fondamentale fra segretezza e trasparenza, fra sicurezza e libertà, attorno alla quale filosofi del diritto, governanti e giuristi si arrovellano e che l’America aveva apparentemente tagliato affermando che «i gentiluomini non leggono la corrispondenza degli altri». A questa contraddizione Obama non è sfuggito, in bilico fra il giustificazionismo, il timore di sembrare debole e la sdrammatizzazione. «Soltanto legittime operazioni, non messe indiscriminata di conversazioni, telefonate, e-mail saranno raccolte. E anche i funzionari della Nsa usano i social network e la posta elettronica, anche i loro figli vanno su Facebook e Twitter».
«In 45 minuti, il Presidente non ha detto nulla», lo ha licenziato Julian Assange, il messia di Wikileaks, «ed è stato trascinato recalcitrante per i piedi da Snowden». Assange, di fatto prigioniero nell’ambasciata dell’Ecuador a Londra come Snowden è ostaggio del Cremlino a Mosca, è naturalmente un osservatore interessato, ma rimane — dopo avere ascoltato Obama — la sensazione amara che il presidente sappia che i “valori” americani siano in pericolo, ma che il terrore del terrore lo risucchi in una direzione opposta. «Non smetteremo di cercare di scoprire che cosa gli altri governi pensano e non chiederemo scusa se la nostra intelligence è più efficiente delle altre». Ma allora non c’è nulla di specialmente nobile, o di eccezionalmente americano, nell’abbandonare i “valori” nel nome della “necessità”.


Related Articles

Svezia, vince la sinistra Ma è boom degli xenofobi

Loading

In Svezia l’estrema destra raddoppia i voti e sfiora il 13%

Siria: continua la repressione, pena di morte per chi arma i “terroristi”

Loading

Repressione Assad siria

Mentre continua la repressione violenta del regime siriano con un nuovo bagno di sangue a Homs, sono arrivati ieri dal Cairo 50 osservatori della Lega Araba autorizzati a entrare in Siria in virtù di un accordo sottoscritto da Damasco che fa parte di un più articolato piano per mettere fine a una crisi che va avanti dallo scorso marzo.

Vertice a Berlino per blindare il patto sulla governance

Loading

BRUXELLES — Appuntamento a Berlino, il 9 gennaio. Angela Merkel e Nicolas Sarkozy torneranno a incontrarsi in una coreografia politica da direttorio incontrastato dell’Unione europea.

No comments

Write a comment
No Comments Yet! You can be first to comment this post!

Write a Comment