Senza dimora, condannato perché “evade” dalla panchina

by Sergio Segio | 16 Gennaio 2014 14:23

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MILANO – In primo grado il Tribunale lo aveva condannato perché non si era fatto trovare in casa, nonostante fosse agli arresti domiciliari. Era il 2009. Peccato che l’uomo, Ilario Bonazzoli, 43 anni, fosse senza dimora. La sua “casa” doveva essere il parco di fronte al Municipio di Borgosatollo, un paese alle porte di Brescia. Per tre volte i poliziotti che lo sorvegliavano hanno notato una sua “evasione” dalla panchina. Alla fine è arrivata la denuncia e la condanna in primo grado ad altri dieci mesi di carcere. Il 12 gennaio la sentenza d’appello la ribalta e sancisce che Bonazzoli debba lasciare il penitenziario di Ivrea dove è attualmente detenuto. Ma il problema, a questo punto, ricade sui servizi sociali di Borgosatollo, dove il senza dimora dovrà alloggiare: “Oggi come oggi, non saprei nemmeno dove alloggiarlo, non abbiamo strutture da offrirgli – commenta il sindaco di Borgosatollo Francesco Zanardini -. L’unico aiuto che gli possiamo dare è trovare una residenza fittizia”.

La storia di Ilario Bonazzoli è unica, non fa scuola. Ma apre scenari interessanti a chi da 13 anni si occupa di difendere i diritti dei senza dimora, come l’associazione Avvocati di strada. Per quanto assurdo sia condannare chi non ha una una casa a stare in un domicilio, la sentenza potrebbe marcare un cambio culturale: “Non ho visto le carte – ragiona il presidente di Avvocati di strada Antonio Mumolo – e il mio giudizio non può essere molto approfondito, ma di primo impatto non la giudico negativa di per sé”. Ai senza dimora infatti di norma viene comminata una pena da scontare in carcere anche quando la sentenza prevederebbe una misura cautelare minore. Ma come si fa a sorvegliare una persona che non ha un domicilio? La risposta, per l’avvocato Mumolo, c’è: attraverso il braccialetto elettronico annunciato dal Governo Letto a dicembre. Una misura al centro delle polemiche proprio in questi giorni: il 15 gennaio il capo della Polizia Alessandro Pansa ha dichiarato alla Commissione giustizia della Camera in relazione al decreto Cancellieri che al momento ne sono utilizzati 90, anche se il costo complessivo è di 5 milioni di euro.

Eppure lo strumento, potenzialmente, potrebbe aiutare il sistema carcerario a risparmiare soldi e celle. Di cifre esatte sui detenuti senza dimora non ne esistono, ma esistono altri numeri che possono dare un’idea dell’entità del fenomeno. Secondo l’ultima ricerca FioPSD – Istat il 13 per cento dei 50-60 mila senza dimora d’Italia ha avuto esperienze con il carcere. Non per tutti la cella era necessaria. A questo si aggiungono le esperienze di Antigone e Ristretti orizzonti, che segnalano moltissimi casi di senza dimora costretti a stare in carcere. “L’introduzione del braccialetto unito all’obbligo di firma ogni giorno potrebbe contribuire ad evitare la sperequazione di trattamento tra chi ha una casa e chi no – è la conclusione di Mumolo -. Permetterebbe di seguire i senza dimora senza obbligarli a stare in carcere. L’evasione ci sarebbe solo nel caso in cui qualcuno si strappasse il braccialetto”. (lb)  

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