Il processo che può incendiare il Libano

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Qual­cuno ha scritto che il pro­cesso al Tri­bu­nale Spe­ciale per il Libano (Tsl) che si apre oggi all’Aja, per l’uccisione nove anni fa in un atten­tato dell’ex pre­mier anti-siriano Rafiq Hariri, sarà un’opportunità per “fare chia­rezza”. Per l’agenzia fran­cese Afp è “una rara occa­sione” per fare giu­sti­zia in un Paese dove stragi, atten­tati e omi­cidi poli­tici riman­gono sem­pre impu­niti. Il punto è pro­prio que­sto. Per­chè pro­prio nel caso dell’assassinio di Hariri è stata creata una corte inter­na­zio­nale ad hoc?

Certo, è diritto della fami­glia Hariri e dei liba­nesi vedere assi­cu­rati alla giu­sti­zia i respon­sa­bili di un atten­tato san­gui­noso (14 feb­braio 2005) costato la vita all’ex pre­mier e ad altre 22 per­sone. Tut­ta­via tanto impiego di risorse ed ener­gie da parte del Libano (o di una parte di esso), tanto soste­gno occi­den­tale (ame­ri­cano e fran­cese), non si è visto per stragi e altri omi­cidi eccel­lenti avve­nuti nel Paese dei Cedri. Il Libano, tanto per fare un esem­pio, non ha mai seria­mente insi­stito affin­chè fos­sero por­tati davanti a un giu­dice inter­na­zio­nale i respon­sa­bili (si cono­scono) del mas­sa­cro di tre­mila pale­sti­nesi nei campi pro­fu­ghi di Sabra e Sha­tila com­piuto nel set­tem­bre 1982 a Bei­rut. La rispo­sta all’interrogativo, per quanto sem­plice possa appa­rire, è che il pro­cesso all’Aja non serve sol­tanto a “fare giu­sti­zia” ma a con­se­guire obiet­tivi nella poli­tica interna liba­nese. Per Saad Hariri, figlio di Rafiq e lea­der sun­nita, e per il fronte filo-occidentale “14 marzo” (soste­nuto dall’Arabia sau­dita), il pro­cesso dovrà rap­pre­sen­tare un for­mi­da­bile atto di accusa con­tro avver­sari poli­tici e nemici.

Gli impu­tati infatti sono mili­tanti del movi­mento sciita Hez­bol­lah, alleato (ieri della Siria di Bashar Assad e dell’Iran, “l’asse del male”. Si tratta di Salim Ayyash, Mustafa Badred­din, Hus­sein Oneissi e Assad Sabra (è lati­tante un altro mem­bro di Hez­bol­lah, Has­san Merhi, l’ultimo a essere incri­mi­nato). Non com­pa­ri­ranno davanti al Tsl per­chè il movi­mento sciita si rifiuta di con­se­gnarli. Il segre­ta­rio gene­rale di Hez­bol­lah, Has­san Nasral­lah, afferma che il Tsl è uno «stru­mento delle poli­ti­che ame­ri­cane e israe­liane» per col­pire disar­mare la resi­stenza liba­nese, ossia i com­bat­tenti sciiti. Anche Nasral­lah gioca la sua par­tita sullo scac­chiere poli­tico interno e regio­nale e, al momento, nes­suno può ragio­ne­vol­mente esclu­dere che i cin­que impu­tati siano i respon­sa­bili effet­tivi dell’attentato ad Hariri. Tut­ta­via è arduo dare torto al lea­der di Hez­bol­lah quando ricorda la genesi “poli­tica” del Tsl e lo svi­luppo certo poco lineare delle indagini.

L’assassinio di Hariri avvenne al cul­mine di una cam­pa­gna di atten­tati in cui rima­sero uccisi espo­nenti poli­tici e gior­na­li­sti schie­rati con­tro la Siria. Per que­sto i liba­nesi nemici di Dama­sco pun­ta­rono subito, con il pieno appog­gio di Washing­ton e Parigi, l’indice con­tro Assad che fu costretto qual­che mese dopo a riti­rare le migliaia di sol­dati che la Siria man­te­neva in Libano a pre­si­dio, for­mal­mente, degli accordi di Taif che nel 1990 ave­vamo messo fine alla guerra civile. Il Tri­bu­nale, isti­tuito dall’Onu (su forte pres­sione ame­ri­cana) ha ini­ziato i lavori il 1 marzo 2009 ma le inda­gini anda­vano avanti da tempo, sem­pre seguendo la pista del coin­vol­gi­mento di forze poli­ti­che e di uomini dei ser­vizi legati alla Siria. Lo stesso Tsl però fu costretto ad ordi­nare, poco dopo la sua nascita, la cla­mo­rosa scar­ce­ra­zione per totale man­canza di prove di quat­tro ex gene­rali liba­nesi — Jamil Sayyed, ex capo della sicu­rezza, Ali Hajj, ex capo della poli­zia, Ray­mond Azar, ex capo dell’intelligence mili­tare, Mustafa Ham­dan, ex capo della guar­dia pre­si­den­ziale – di fatto sbat­tuti in car­cere dopo l’assassinio di Hariri solo per­chè erano vicini a Dama­sco. Qual­che set­ti­mana dopo, con l’effetto di una bomba, il set­ti­ma­nale tede­sco Der Spie­gel scrive di aver appreso che i respon­sa­bili dell’assassinio di Hariri «sono mem­bri di Hez­bol­lah» sca­te­nando la rea­zione furi­bonda di Nasral­lah che denun­cia un «com­plotto» e avverte che il movi­mento sciita non con­se­gnerà i sospetti.

Da allora è stato un con­ti­nuo scam­bio di accuse tra le parti. La guerra civile in Siria e le sue pesanti rica­dute in Libano, l’appoggio dei guer­ri­glieri di Hez­bol­lah alle truppe gover­na­tive siriane e la pre­senza di tanti sun­niti liba­nesi nei ran­ghi dei ribelli anti-Assad, hanno aggiunto altra ben­zina al fuoco dello scon­tro poli­tico a tratti feroce. Men­tre gli atten­tati dila­niano il Libano sull’orlo di una nuova guerra civile. Il pro­cesso che si apre oggi all’Aja non potrà che accre­scere lo scon­tro interno tra Hariri e Hez­bol­lah in nome di una giu­sti­zia una tan­tum al ser­vi­zio di inte­ressi locali e regionali.


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