Stallo sull’abolizione del reato di clandestinità Il partito di Alfano fa muro: non c’è accordo

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ROMA — Afonia provvidenziale per Felice Casson. Relatore del provvedimento sull’abolizione del reato di clandestinità, con il quale la maggioranza parlava a troppe voci, ha perso la sua. E ottenuto un rinvio. Tattico.
Il leghista Massimo Bitonci, pur esprimendo solidarietà a Casson, ha provato a dirlo in Aula: «La maggioranza è in difficoltà per merito della Lega». Subito redarguito, con una battuta, da Maurizio Gasparri: «Non si prenda il merito del malessere di Casson o si fa una cattiva fama».
Ma è lo stesso Maurizio Sacconi, presidente dei senatori del Nuovo centrodestra, ad ammettere con il Corriere , in serata: «L’intesa ancora non c’è. Noi siamo favorevoli a un intervento sulla Bossi-Fini ma solo per andare nella direzione di rendere più efficace e veloce l’espulsione coatta. Attualmente la norma prevede il nulla osta del magistrato, noi siamo anche interessati a ragionare sul modo in cui si può rendere più tempestiva la pratica di espulsione. Ma il rigore deve restare nei confronti di chi scappa e chi si sottrae».
Idea molto diversa da quella espressa nell’emendamento al provvedimento sulle pene alternative al carcere presentato in commissione Giustizia dal Movimento 5 Stelle, e passato con il via libera del governo (il sì espresso dal sottosegretario alla giustizia Cosimo Ferri) e della maggioranza.
Il Pd è ancora su quella linea. Spiega Luigi Zanda: «Il testo varato dalla commissione Giustizia, che prevede la depenalizzazione del reato di clandestinità, è buono e ora va approvato dall’aula. Il reato di immigrazione clandestina non ha prodotto alcun beneficio, né al nostro Paese, né agli immigrati. È quindi sufficiente garantire la sanzione amministrativa». Gli alfaniani no: «Serve un intervento del governo perché questa materia deve far parte del pacchetto immigrazione», dice Sacconi.
La Lega intanto suona la grancassa della protesta. Dopo essere intervenuti in aula per 20 minuti ciascuno bollando il testo come «pericoloso», «vantaggioso per i delinquenti» e «indulto mascherato», tutti i senatori del Carroccio hanno sventolato la Padania . E alla fine hanno rivendicato l’afonia di Casson. Contraria anche Forza Italia.
Il Pd per tutto il giorno ha cercato una mediazione con l’Ncd. Individuandola in un «lodo» che prevedeva l’eliminazione del reato di clandestinità a condizione che non venisse reiterato. Ma a tarda sera le posizioni erano ancora distanti. E non solo su questo. Con il Pd interessato ad aprire di più i flussi di ingresso e rendere più facile la cittadinanza. E gli alfaniani a difendere il rigore sui flussi regolari e ad osteggiare ogni automatismo sullo «ius soli»: il diritto di cittadinanza per chi nasce in Italia.
Come se ne uscirà? Ieri a Palazzo Madama circolava la voce di richieste di voto segreto in arrivo. «Lo chiederanno di certo. Perché i colleghi della maggioranza non hanno il coraggio di scegliere», assicurava ieri Alessio Cioffi del Movimento 5 Stelle, molto fiero del fatto che l’emendamento, inizialmente criticato da Beppe Grillo, fosse alla fine stato approvato dal referendum online («Visto che la democrazia interna nel nostro movimento esiste?»). «Il nostro emendamento — fa notare Cioffi — non fa altro che levare un pezzettino della Bossi-Fini. Quella bandierina che era stata sventolata dalla Lega per far leva sulla paura dell’immigrato. Ma che non ha effetti. Introduce solo fascicoli che si aprono, ingolfamenti dei tribunali, spese per i giudici di pace e gli avvocati d’ufficio per i clandestini che devono pagare gli italiani. Allora, diciamo noi, interveniamo in maniera razionale e invece di cercare indulti depenalizziamo».
Virginia Piccolillo


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