Marco Carrai, l’America e l’Opus Dei. Chi è l’uomo-ombra del renzismo
Eppure di questo 38enne di Greve in Chianti si sa piuttosto poco. Schivo di natura, Carrai tende a evitare i contatti con i media. Solo con notevole sforzo, Il Sole 24 Ore è riuscito a convincerlo non solo a parlarci di sé ma anche di scrivere quello che ci avrebbe detto.
Abbiamo così saputo che da ragazzo ha trascorso ben otto anni in un letto d’ospedale. E che in quel periodo ha sviluppato un fortissimo senso di lealtà per alcune persone, che gli sono state vicine e lo hanno sostenuto negli anni di malattia. A partire da Matteo Renzi. «La sua amicizia mi ha salvato la vita», dice.
Ma veniamo alle sue attività pubbliche. Negli anni della presidenza della Provincia di Firenze Carrai è stato capo della segreteria di Renzi e consigliere della Florence Multimedia, la società di comunicazione che gli ha fatto da trampolino di lancio mediatico (secondo la Corte dei Conti anche a spese dei contribuenti fiorentini), poi responsabile della campagna elettorale, fondatore del think tank del renzismo, la “Fondazione Big Bang”, e consigliere comunale. Con il tempo sono arrivate le cariche più pesanti: consigliere dell’Ente Cassa di Risparmio di Firenze, amministratore delegato di Firenze Parcheggi, presidente di Aeroporto di Firenze Spa. Oltre a quelle di membro del Cda della Banca di Credito Cooperativo di Impruneta e della Banca di Credito Cooperativo del Chianti fiorentino.
Fin qui le cariche publiche. Ma Carrai non è solo il consigliori del politico su cui poggiano le speranze di molti italiani, è anche un imprenditore. Quindi conduce affari per se stesso. E ha accumulato varie cariche private: consigliere di Cki Srl, presidente di Cambridge Management Consulting Srl, direttore generale di Your Future Srl e socio di quest’ultima, della menzionata Cambridge, di D&C Srl, Panta Rei Srl, ItalianRoom Srl, Imedia Srl, Car.Im Srl e indirettamente anche di C&T Crossmedia Srl. Fin qui in Italia.
All’estero è socio di Wadi Ventures Management Company Sarl, società registrata in Lussemburgo comproprietaria di Wadi Ventures Sca, altro veicolo lussemburghese al quale Carrai partecipa come membro del Consiglio di sorveglianza, e a sua volta omonimo di un fondo di investimento israeliano lanciato da un suo socio.
In termini puramente quantitativi – di accumulazione di cariche o, se si preferisce, di sovrapposizione di ruoli – il suo metodo sembra insomma quello tradizionale del melius abundare quam deficere.
Passiamo ai comportamenti. «Quando venne la prima volta all’assemblea dei soci dell’Ente Cassa di Risparmio, Carrai si presentò dicendo che Renzi era come un fratello per lui», ricorda un socio. «Il discorso non fu accolto bene. Anzi, fu considerato un passo falso. Perché all’Ente Cassa abbiamo almeno la pretesa di essere indipendenti e quella frase fu interpretata, forse a torto, come il preavviso di una maggiore politicizzazione. Non si deve infatti dimenticare che l’Ente dispensa circa 25/30 milioni all’anno che, in una realtà piccola come la nostra, non è poco».
L’Ente Cassa non è solo un dispensatore di fondi. È anche un importante azionista di Banca Intesa Sanpaolo. E qui gli intrecci non mancano. Perché Jacopo Mazzei è stato nominato nel Consiglio di Sorveglianza di Intesa. Così come Francesco Bianchi, ex dirigente di banca e consulente, che assieme al fratello Alberto è amico sia di Carrai sia di Renzi. Mentre nella sua veste di imprenditore privato, Carrai è diventato socio in Italia e/o in Lussemburgo di due ex alti dirigenti di Intesa.
Tra i soci del trentottenne di Greve ci sono anche due persone vicinissime a Franco Bernabé, manager di Stato per eccellenza, oggi senza poltrona eccellente. Ci riferiamo al socio di Carrai in C&T Crossmedia, Chicco Testa, ex presidente dell’Enel da anni legato da amicizia e affari a Bernabé. E a Marco Norberto Bernabé, figlio di Franco, che con il veicolo di famiglia FB Group ha investito in Cambridge Management Consulting, in YourFuture e nel fondo israeliano Wadi Ventures (di cui è socio fondatore un veterano dell’Unità 8200, il servizio di signal intelligence delle forze armate israeliane, l’equivalente della Nsa americana).
Che anche su questo fronte, i rapporti di affari si intreccino con quelli “politici” lo dimostra l’elenco dei finanziatori della Fondazione Bing Bang, il think tank renziano costituito dallo stesso Carrai nel febbraio 2012. Oltre ai 10mila euro di Jacopo Mazzei, spuntano infatti i 10mila di E.Va. Energie, società di cui Chicco Testa è presidente e FB Group azionista (al 18,60%), e altrettanti della Telit, anch’essa gestita da Testa, storicamente partecipata da FB Group attraverso il veicolo Boostt BV e, attraverso altri veicoli, anche da Massimo Testa, fratello di Chicco.
Insomma, nella vasta rete di contatti che Carrai ha costruito in questi ultimi anni, distinguere quelli attribuibili alla politica da quelli attribuibili agli affari personali non pare facile.
Abbiamo dunque chiesto lumi.
Quando si tratta con lei, come si fa a capire se si sta trattando con il più stretto collaboratore del candidato alla guida del Paese, con un manager pubblico, oppure con un imprenditore privato?
«Non ho capito di cosa sta parlando, scusi?»
Quando si ha lei come interlocutore, come si fa a capire in quale veste lei interloquisce?
«Quando io parlo dell’aeroporto di Firenze interloquisco come presidente dell’Aeroporto di Firenze, quando parlo dei miei business privati interloquisco come imprenditore. Non voglio conflitti di interessi nemmeno a diecimila miglia: nessuna delle mie aziende ha mai lavorato per il Comune o per l’Aeroporto di Firenze. Mi attengo alle leggi italiane, a quello che dovrebbero fare tanti italiani e a quella che è la mentalità americana».
Parlando di mentalità americana sul conflitto d’interesse, non trova inopportuno ricevere denaro con la mano destra in quanto socio-fondatore della Fondazione Big Bang e con la mano sinistra in quanto socio-fondatore di Cambridge Management e YourFutures. Magari dalle stesse persone?
«Che? Scusi, ma cosa dice? Da chi avrei ricevuto soldi io?»
Dai finanziatori di Fondazione Bing Bang e dagli investitori di Cambridge e YourFuture.
«Ma che dice? Cambridge Consulting e YourFuture sono società di consulenza… non ricevo soldi».
Sono entrati dei soci, che hanno investito dei soldi. E le stesse persone hanno messo dei soldi nella Fondazione.
«Io non vado a vedere le visure camerali… non mi competono queste cose. A me compete assicurarmi che tra i miei soci non ci siano dei delinquenti… E’ un reato quello che sto facendo? No».
Noi parlavamo di potenziali conflitti di interesse, non di reati. E su quello, in America, vige un motto: better safe then sorry – traducibile in meglio circospetti che pentiti.
A parte la politica, l’amministrazione pubblica e gli affari, c’è la sfera religiosa. Marco Carrai appartiene a una famiglia profondamente cattolica, nella quale è consuetudine andare a Lourdes o farsi il segno della croce prima di mangiare. Profondamente cattolico anche lui, oltre all’Azione cattolica, è da sempre vicino a organizzazioni spesso associate al potere temporale. Ci riferiamo alla Compagnia delle Opere, braccio economico di Comunione e Liberazione (che in Toscana ha avuto suo cugino Paolo tra i fondatori) e all’Opus Dei.
Sulla scena politica italiana l’Opera si è affacciata in vari modi. Il contributo che probabilmente ha avuto l’impatto più significativo l’ha dato favorendo l’incontro tra Marcello Dell’Utri e Silvio Berlusconi. «La mia formazione è legata all’Opera, che lascia un’impronta indelebile sugli uomini che ha formato», ha spiegato il senatore co-fondatore di Forza Italia in un’intervista a La Stampa. «Cominciai a frequentare la loro residenza universitaria. Direttore era (…) un sacerdote dell’Opera (…) che aveva fatto l’università con un giovane di cui mi parlò molto bene, Silvio Berlusconi. Mi diede il suo numero e mi disse: “Se vai a Milano chiamalo, è un ragazzo in gamba”». Il resto è storia. Politica e non.
Vari articoli di giornale hanno associato Carrai all’Opera. Gli abbiamo perciò chiesto se ne è membro.
«No!», ha risposto pronto.
Che rapporti ha con l’Opus Dei?
«Che rapporti ho con l’Opus Dei??? Zero!».
Nella sua pagina personale del sito LinkedIn, oltre alle cariche pubbliche, viene citata solo Artes, un’associazione dell’Opus Dei. Come mai?
«Artes è una bella cosa, io conosco il direttore… come conosco tante altre persone».
In occasione dell’uscita del film tratto dal bestseller di Dan Brown Il Codice da Vinci, Carrai ha sentito l’urgenza di intervenire a difesa di un’istituzione che riteneva ingiustamente bistrattata. Da un romanzo. E dopo aver ingaggiato due studiosi italiani e un sacerdote dell’Opus Dei, ha curato la pubblicazione di un libello di rettifica intitolato Codice da Vinci: bugie e falsi storici. Gli abbiamo chiesto il motivo.
«In ospedale ho letto tanti libri. Incluso quello di Brown», ha risposto. «E ho trovato che diceva una marea di cazzate».
Che sapeva lei dell’Opus Dei per arrivare a questa conclusione?
«C’erano scritte cose talmente strane che mi sembravano cavolate… sembravano il peggio del peggio che c’era al mondo… Io alcune persone dell’Opus Dei le conoscevo… il mio professore… uno dei miei professori di economia era dell’Opus Dei, e le assicuro che era una delle persone più buone che abbia mai incontrato in vita… che più mi ha aiutato quando ero in ospedale. E quindi pensai di fare un libretto contro. Punto. Io non sono mai stato dell’Opus Dei. E probabilmente non lo sarò mai».
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