“Rifiuti tossici nascosti sotto l’asfalto” così l’A4 è diventata l’autostrada dei veleni
BRESCIA – Non ci sono cartelli sulla terra addentata dalle pale meccaniche. Il sottopasso dove hanno infilato i binari della Tav sembra un cantiere normale. Castegnato, a sud di Brescia. La prima “buca” dell’“autostrada dei veleni” è qui. L’hanno trovata tra Natale e Capodanno. Scarti di lavorazione, scorie di fonderia. Centinaia di tonnellate. Cromo esavalente 1400 volte oltre i limiti. L’hanno ficcato sotto l’autostrada più trafficata d’Europa 25 anni fa e forse continuano a farlo. Lungo tutta la bretella che da Venezia porta a Milano (e poi a Torino). Perché ormai questa A4 è diventata la “tana” preferita: una specie di discarica tombale. Asfalto omertoso, sicuro. In particolare la terza corsia, l’ultima realizzata un quarto di secolo fa (e la più recente, la quarta tra Milano e Bergamo?). Asfalto silenzioso nonostante i 140 mila veicoli in transito ogni giorno nel tratto Milano- Brescia. «Aspettiamo spiegazioni », dice caustico Giuseppe Orizio, sindaco di Castegnato. Ha trascorso le ferie di fine anno assediato da incubi alla Erin Brockovich. In effetti guardando là sotto pensi subito all’acqua avvelenata dalla Pacific Gas & Electric. Ma forse Brescia non è ancora Hinkley, e di questo brutto film padano, per chi ha visto “Erin Brockovich-Forte come la verità”, siamo solo all’inizio. Per capire bisogna badare alle parole dei contadini bresciani. Loro la A4 la chiamano l’“autostrada dei fuochi”. Forse esagerano. Forse sono solo in anticipo. I contadini conoscono la terra meglio di tutti e la terra qui è infetta da anni. Anche se non ci sono roghi, anche se il veleno non ha ancora spappolato i polmoni dei bambini, come in Campania. Qui i sindaci fanno i pompieri e ti ripetono che l’acqua è buonissima perché la falda — almeno la prima, la seconda chissá — i “fuochi padani” (cromo, amianto, arsenico, nichel) non l’hanno ancora sfiorata. «I risultati dati dai sei perizometri per ora non sembrano creare allarmi — spiega Orizio — . Ma è un solo un riscontro parziale».
Quante migliaia di tonnellate di scorie tossiche si nascondono sotto la A4? La domanda è sul tavolo di due Procure: Brescia e Treviso. Partiamo dalla prima. A fine dicembre l’Arpa bresciana e il Comune di Castegnato presentano due denunce. Troppo quel cromo trovato nel cantiere della Tav. La pestifera composizione dell’“impasto” degli scarti va oltre la possibilità di usare scorie industriali — opportunamente inertizzate — come sottofondo stradale. È solo nella “buca” di Castegnato, il cromo? «Non è lunare ipotizzare che altri veleni siano sparsi lungo altri tratti dell’autostrada — dice Maria Luisa Pastore, direttrice dell’Arpa — . Ma per poterlo stabilire occorre ispezionare il sottosuolo anche in altri punti. Aspettiamo gli esiti dei campioni, poi faremo le opportune valutazioni». Alcune le hanno fatte anche in Procura. L’indagine sulla A4 dei veleni è partita senza clamori per evitare il diffondersi di allarmismi. Ma le voci che arrivano da via Lattanzio Gambara parlano dell’avvio imminente di «verifiche mirate». Nuovi carotaggi disposti sotto altri punti del-l’infrastruttura: in particolare sotto la terza corsia, quella incriminata. E intorno al “filo” della Tav (Lione-Trieste). Si ipotizza il reato di smaltimento illegale di rifiuti tossici e traffico illegale di rifiuti. Ai quali potrebbe aggiungersi, qualora aumentasse l’estensione dell’area avvelenata, quello di disastro ambientale.
Apriamo una parentesi sull’Alta velocità. Dicembre 2011. Scandalo tangenti al Pirellone: l’inchiesta sulle discariche che porta in carcere, tra gli altri, l’ex assessore lombardo all’Ambiente Franco Nicoli Cristiani (“stecca” da 100 mila euro) e il suo beneficiato, l’imprenditore bergamasco dei rifiuti Pierluca Locatelli. Non sono parole da contadini quelle intercettate tra Locatelli e
il suo braccio destro Giovanni Pagani. «Ho incontrato Trotta (responsabile per Pizzarotti spa del cantiere Brebemi di Urago d’Oglio)… non mi sono permesso di dirgli se si possono usare le scorie al momento…», dice Locatelli. Il clan dello smaltimento facile — dopo avere avvelenato il sottomanto della direttissima Brescia-Bergamo-Milano (Brebemi) — punta a «seppellire le scorie sotto la Tav». La tratta è la Brescia-Treviglio. Risposta di Pagani al suo boss. «Eh, una cosa per volta». «Sì, perché sai che sotto la ferrovia non volevano perché dicevano che facevano… il discorso del magnetismo ». Due anni dopo, ecco scorie che spuntano. Ecco il cromo esavalente 1.400 volte oltre il limite consentito (per la falda il limite è di 5 microgrammi/litro). Solo coincidenze?
Ora Treviso. Sempre A4. Aprile 2013. Il Noe dei carabinieri mette il naso in un cantiere a Roncade, nel trevigiano. Si lavora per il potenziamento della Venezia-Trieste. I camion dell’azienda Mestrinaro spa trasportano il materiale che finisce intombato sotto il manto autostradale. Che contiene? Arsenico e nichel. Veleno per la salute e per l’ambiente. Lo chiamano materiale inerte: in realtà agisce e fa danni. Dice Silvio Parzanini, presidente di Legambiente Franciacorta: «Smaltire questa roba costa più di 100 euro a tonnellata. Nasconderla sotto l’autostrada è un “business”!».
Prendi i 18 chilometri della “Valdastico” (A31; la A4 corre non lontana). La Dda di Venezia ha accertato che per realizzarla sono stati utilizzati 155mila metri cubi di scorie di acciaieria non inertizzate. Tra gli indagati ancora lui, l’infaticabile Locatelli. Ritorniamo da dove siamo partiti: la “buca” del cromo. In Franciacorta. Ti guardi intorno. C’è la A4. C’è la ferrovia Milano-Venezia. C’è la Tav in costruzione accanto alla ferrovia. Ci sarebbero anche i vigneti degli spumanti più pregiati d’Europa. È tutta terra intorno ai binari. Già, ma che terra è?
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NISCEMI (Caltanissetta) — Le più felici sono loro, le mamme di Niscemi ribattezzate fra cortei, sit in e qualche scontro con la polizia «Mamme No Muos». Una guerra scattata contro il mega-radar americano che si era deciso di installare a due passi da questo paesone arroccato sull’altopiano, le case che sembrano scivolare verso il mare inquinato del Petrolchimico di Gela.