Sequestro Abu Omar Sì dalla Consulta ai ricorsi del governo

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MILANO — Per l’ex capo del servizio segreto militare Niccolò Pollari e il suo allora numero tre Marco Mancini si schiude da ieri sera un futuro ma sicuro e definitivo proscioglimento per «non luogo a procedere a motivo del segreto di Stato» dall’imputazione — costata loro nel 2013 in Appello la condanna a 10 e 9 anni di carcere — di concorso nel sequestro di Abu Omar, l’imam estremista che agenti della Cia rapirono il 17 febbraio 2003 (quand’era indagato dai pm milanesi) e trasportarono in Egitto, dove subì torture.
Il futuro azzeramento delle condanne è infatti la conseguenza della decisione che ieri sera la Corte Costituzionale ha preso sui confini del segreto di Stato, dal 2007 a oggi apposto da 4 diversi premier (Prodi, Berlusconi, Monti e Letta) non sul sequestro ma sui rapporti tra 007 italiani e stranieri «ancorché collegato o collegabile con il sequestro»: la Consulta ha bocciato l’interpretazione data nel 2012 dalla Cassazione e sin dall’inizio dai pm milanesi Armando Spataro e Ferdinando Pomarici, e ha invece accolto i due conflitti di attribuzione tra poteri dello Stato che nel 2013 i presidenti del Consiglio Mario Monti e Enrico Letta avevano sollevato appunto contro Cassazione e Appello.
Mentre tra notevoli frizioni diplomatiche erano già stati quasi tutti definitivamente condannati 23 latitanti agenti della Cia (tra i quali il presidente Napolitano il 6 aprile 2013 ha graziato il pur latitante colonnello Joseph Romano), e mentre il 24 gennaio la Cassazione finirà di giudicare l’allora capo della Cia in Italia Jeff Castelli, il processo ai vertici italiani del Sismi ha avuto percorso ancor più tormentato. Nel 2009 un primo verdetto della Consulta demandò al Tribunale di merito l’esame di quali prove eventualmente potessero sopravvivere al segreto di Stato, apposto dai governi successivamente al momento nel quale i pm le avevano legittimamente acquisite: e il giudice milanese Oscar Magi condannò gli agenti Cia, ma per gli uomini Sismi dichiarò appunto il «non luogo a procedere», ritenendo che il segreto di Stato stendesse un sipario sulle prove valutabili. Questo non luogo a procedere, confermato nel 2010 nel primo Appello, fu però cancellato il 19 settembre 2012 dalla Cassazione che, oltre a confermare le condanne degli americani, ordinò un nuovo Appello per Pollari e Mancini. Qui l’allora premier Mario Monti il 9 febbraio 2013 sollevò un conflitto di attribuzione contro la Cassazione per l’interpretazione nel 2012 del segreto di Stato, e contro la Corte d’Appello milanese. Ma questa, presieduta da Luigi Martino, non si arrestò, e dopo tre giorni condannò Pollari, Mancini e altri tre agenti Sismi. Solo che il 24 maggio 2013 anche il quarto premier, Letta, sollevò conflitto di attribuzione contro la Corte d’Appello. E ieri davanti ai giudici della Consulta (assente solo Giuliano Amato perché nel 2007 era ministro dell’Interno nel governo Prodi che sollevò proprio il primo dei conflitti di attribuzione) la Presidenza del Consiglio — tramite i suoi Avvocati dello Stato, Raffaele Tamiozzo e Massimo Giannuzzi — ha argomentato contro «l’errore in cui è incorsa la Cassazione: ci auguriamo sia un episodio isolato da parte della Suprema Corte, che in questo caso ha errato nell’interpretazione della legge e si è arrogata il diritto di riformulare l’oggetto del segreto di Stato, ha dato una bizzarra lettura della decisione della Consulta nel 2009, ha avuto una svista, è scivolata su una buccia di banana, ha deragliato dalla sua funzione. Il premier non può essere condizionato da valutazioni di merito sull’apposizione del segreto di Stato, atto di competenza unicamente sua e che discende da una valutazione politica, con riguardo alla sicurezza dello Stato». Solo dalle motivazioni si capirà se la Consulta ieri abbia sposato la tesi per cui la legittimità procedurale di un atto di indagine acquisito in perquisizioni e sequestri non toglie che, una volta che emerga che i documenti sono coperti da segreto, essi non possano essere utilizzati come prove.
Ora è prevedibile che il 24 febbraio la nuova Cassazione, chiamata a giudicare le condanne in Appello degli uomini Sismi (Pollari e Mancini, Raffale Di Troia, Luciano Di Gregori e Giuseppe Ciorra), tolga dal ruolo questa causa e riporti le lancette dell’orologio alla precedente Cassazione, quella che nel 2012 doveva esaminare l’iniziale non luogo a procedere per gli imputati a causa del segreto di Stato: e in questa futura nuova data o confermerà il proscioglimento, o al massimo potrà ordinare un nuovo Appello che valuti se possano ancora esistere prove al di fuori di quelle coperte da segreto. Ma in questo caso scatterà comunque già la prescrizione che, slittata dal 6 febbraio perché sinora congelata in attesa della Consulta, interverrà a fine aprile. Definitive, fra gli italiani, restano così solo le condanne per favoreggiamento a 2 anni e 8 mesi degli agenti Sismi Pio Pompa e Luciano Seno; e i patteggiamenti nel 2007 del carabiniere Luciano Pironi a 21 mesi per l’ammessa partecipazione al sequestro, e del giornalista Renato Farina 6 mesi (convertiti in 6.840 euro) per favoreggiamento. Sulla extraordinary rendition ancora una parola verrà da Strasburgo, che deciderà il ricorso della moglie di Abu Omar contro l’Italia alla Corte europea dei diritti dell’uomo.
Luigi Ferrarella


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