I miliardi nascosti di Khodorkovskij così la Svizzera ha protetto il tesoro

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ZURIGO — Di Mikhail Khodorkovskij, l’ex oligarca russo da poco in libertà dopo un decennio di prigione, è stato detto tutto o quasi: oligarca, filantropo, anzi corrotto, oppure alfiere delle nuove libertà democratiche. Molto meno, invece, si sa del considerevole patrimonio messo al riparo in Svizzera e articolato in una rete di società. È una montagna di denaro che fa gola a molti. A quei miliardi si interessano i tribunali russi e svizzeri, ma presumibilmente anche l’Intelligence tedesca.
Nessuno sa esattamente dove siano i 6,2 miliardi di franchi (5 miliardi di euro) bloccati dall’avvocatura di Stato svizzera nel 2004 su richiesta di Mosca dopo l’arresto dell’uomo d’affari, all’epoca considerato l’uomo più ricco di Russia con un patrimonio stimato in 10 miliardi di euro. Certo è che la Russia non ha mai potuto accedervi, grazie al divieto della Corte di cassazione elvetica.
Una parte del patrimonio dovrebbe trovarsi ancora in Svizzera, dove Khodorkovskij si è recato poco dopo la grazia ricevuta da Putin. Quantomeno esistono ancora le numerose imprese elvetiche attraverso le quali negli Anni Novanta l’ex oligarca avrebbe condotto affari sospetti. È una vicenda complessa che ruota attorno a fertilizzanti, petrolio e molte accuse.
Al centro dell’Affare Yukos, che portò in carcere l’oppositore del Cremlino, c’è ad esempio la società russa Oao Apatit con una filiale a Friburgo, la Apatit Fertilizers Sa. La Oao Apatit venne accusata nel 2003 dalle autorità russe di aver venduto a ditte svizzere il concentrato di apatite (che serve per la produzione di fertilizzanti) a un prezzo inferiore a quello di mercato. Le ditte lo avrebbero poi rivenduto a un prezzo maggiorato. Il ricavato di questa operazione sarebbe stato depositato su conti svizzeri e riciclato.
È difficile distinguere tra imputazioni motivate politicamente e accuse in parte fondate, però a carico di Khodorkovskij e delle società sue partner in Svizzera non vi sono pendenze penali, né si è mai giunti a una denuncia o a un giudizio.
La filiale di Friburgo nel 2007 si è fusa con la società svizzera Polyfert, che apparterrebbe a sua volta al Gruppo Menatep di Khodorkovskij. Oggi si chiama Efc Switzerland, dichiara cinque dipendenti e un fatturato di circa 2,3 milioni di franchi (1,8 milioni di euro). I proprietari sono azionisti stranieri. Non è stato possibile ottenere indicazioni circa la loro identità.
Khodorkovskij e il suo socio, Platon Lebedew, secondo le accuse avrebbero speculato anche sui prezzi del petrolio. Stando a un ex dirigente della Yukos avrebbero venduto la materia prima a un prezzo favorevole a ditte svizzere che lo avrebbero poi maggiorato. Il ricavato sarebbe stato nascosto in complicate società offshore.
Secondo la SonntagsZeitung le operazioni di Khodorkovskij si svolgevano tramite le società svizzere Behles e Petroval, entrambe filiali della Yukos. Anche queste aziende sono sopravvissute all’affare Yukos, ma nell’agosto 2013 sono state liquidate. Nel 2010 la Petroval dichiarava 32 dipendenti e un capitale azionario di 6 milioni di franchi. Il personale è rimasto.
Non si può dire se Khodorkovskij ancora oggi abbia parte in queste ed altre società del Gruppo Menatep. È chiaro però che in molte delle società sono coinvolte le stesse persone di dieci o più anni fa.
Il mondo ora si chiede cosa sia rimasto della ricchezza che rendeva Khodorkovskij uno degli uomini più facoltosi sul pianeta. Lo stesso ex oligarca ha dichiarato dopo il rilascio di non conoscere la propria situazione finanziaria. «Il signor Khodorkovskij non ha alcuna proprietà» in Svizzera, sostiene Olga Pispanen, la sua portavoce russa. Però, questo non esclude che la moglie e i figli, raggiunti da Khodorkovskij a Montreux, non abbiano accesso al patrimonio.
Ci sono anche strane operazioni di Intelligence. Nel 2003 l’avvocatura federale elvetica ricevette una denuncia a carico di Khodorkovskij per riciclaggio. A sporgerla furono il banchiere ginevrino André Strebele e il finanziere lussemburghese Ernest Backes.
I contorni della vicenda sono poco chiari. I media svizzeri parlarono dell’Istituto di ricerche economiche di Saarbrücken (Iwr) gestito all’epoca proprio dal banchiere Strebel e dal finanziere Backes. L’istituto era una società di copertura del Bnd, l’agenzia d’Intelligence tedesca. Nel 2007 la copertura saltò grazie alle rivelazioni di
Stern e alle conferme del tribunale del lavoro di Saarbrücken.
A detta di Strebel e Backes, l’istituto doveva anche scandagliare il mercato finanziario svizzero — e in tal modo il banchiere e il finanziere vennero in possesso di documentazione riguardante le società di Khodorkovskij. I due dichiarano di avere fornito al Bnd un dossier di 500 pagine contenente accuse di riciclaggio nei confronti della Menatep di Khodorkovskij. Il dossier sarebbe arrivato a Putin poco prima dell’arresto dell’ex oligarca.
L’avvocatura federale svizzera all’epoca non avviò alcun procedimento penale, e oggi ribadisce che la rogatoria non ha alcuna attinenza con la denuncia.
(©Tages-Anzeiger, Zurigo — traduzione Emilia Benghi)


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