L’effetto Chiamparino può accelerare i tempi

by Sergio Segio | 12 Gennaio 2014 8:45

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TORINO — Chiamparino, pensaci tu. Il piano del centrosinistra per ottenere le elezioni regionali a tempo debito fa leva sul fascino discreto e molto trasversale dell’ex sindaco di Torino. La misteriosa «soluzione politica» auspicata dal Pd e anche da pezzi in incognito del centrodestra piemontese consiste in pratica nella capacità del neo candidato di attirare a sé i moderati della coalizione di Roberto Cota, che non sono pochi, magari con la promessa di un futuro in una eventuale lista civica a egemonia democratica.
Quando la casa è lesionata basta un soffio per farla venire giù. Cota è ormai un governatore dimezzato, come la sua giunta, che da giovedì non dispone più di pieni poteri, obbligata a fare soltanto atti «indifferibili o urgenti» in attesa di un ricorso al Consiglio di Stato che potrebbe chiudere la finestra temporale per votare a maggio in contemporanea con le elezioni europee. L’esame del bilancio regionale, e poco altro. Ai primi di dicembre la maggioranza era stata travolta dagli esiti dell’inchiesta sulle cosidette spese pazze con i soldi dei contribuenti. A forza di scontrini che attestavano l’acquisto di campanacci per le mucche, staffe per i cavalli, giochi Nintendo e gigantesche forme di gorgonzola piccante, l’intera classe dirigente del centrodestra al governo in Piemonte era riuscita a cadere nel ridicolo, avversario forse più insidioso degli avvisi di garanzia recapitati dalla procura a 43 consiglieri regionali, tra i quali lo stesso Cota.
Il tempo sembrava scaduto. Fu proprio in quei giorni che un gruppo di esponenti del Pd lanciò un appello dove si invocava come una panacea per tutti i mali il ritorno di Chiamparino. Gli ideatori fecero le cose per bene, raccogliendo 170 firme che comprendevano diciassette parlamentari d’area, cinque consiglieri regionali e poi una sfilza infinita di sindaci, amministratori locali, segretari di circolo, in pratica tutto l’organigramma del partito. All’interno del Pd l’iniziativa venne giudicata come una interferenza indebita e liquidata come la solita iniziativa estemporanea di quel pasdaran del senatore Stefano Esposito.
Adesso che la giustizia amministrativa sembra aver tolto le castagne dal fuoco alla politica, e in tema di dimissioni i consiglieri regionali del Pd non avevano dato gran prova di sé, l’idea alla base di quell’appello sembra diventata parola d’ordine. «La sola disponibilità di Sergio Chiamparino ha già gettato scompiglio e una certa agitazione in quel che resta della maggioranza» sostiene Esposito, che in tempi non sospetti dichiarò il suo scarso trasporto per la via giudiziaria alla politica.
Il netto anticipo con il quale l’ex sindaco ha dato la sua disponibilità equivale a quella raccolta di firme neppure così lontana nel tempo. L’approdo al Consiglio di Stato, ultima tappa di questo estenuante e ormai quadriennale viaggio attraverso tribunali di ogni ordine e genere potrebbe essere evitata grazie alla capacità chiampariniana di attirare a sé i moderati della coalizione di centrodestra. A fare di conto basta una manciata di consiglieri della maggioranza che gettano la spugna. Oppure, più probabile, le dimissioni di qualche assessore.
I margini di manovra dell’attuale maggioranza sono ormai minimi. La pur legittima resistenza giudiziaria di Cota potrebbe far saltare il voto a maggio che avrebbe l’indubbio vantaggio di essere gratis, con le spese coperte dallo Stato al quale toccano già gli oneri delle elezioni europee. Il voto in solitaria, in autunno o quando sarà, costerebbe alle casse della Regione una cifra compresa tra i 25 e i 30 milioni di euro, e renderebbe impossibile la già ardua rincorsa a Chiamparino. I candidati all’impresa comunque non mancano. L’ultimo in ordine di tempo è l’ex senatore Osvaldo Napoli, berlusconiano di ferro, assiduo frequentatore di studi televisivi, uno che si butta sempre e comunque. «Con tutto il rispetto per Cota, credo che sia ormai il caso di pensare al futuro. Quanti sono quelli davvero disposti a lanciarsi e prendere una botta? Io ci provo, credo di avere le caratteristiche giuste per impedire una vittoria annunciata». La medicina sarà comunque amara. Il ricorso al Consiglio di Stato e l’aggravio del costi sulla Regione potrebbe essere preludio al disastro elettorale. Molti consiglieri regionali fanno di conto, ben sapendo di essere al loro ultimo giro in Regione. La voglia di avvitarsi alla sedia per il tempo che resta è stemperata dalla consapevolezza che tra gli «atti indifferibili e urgenti» non è prevista la nuova legge elettorale. Si andrà a votare con l’attuale sistema. Quaranta consiglieri scelti con il proporzionale, un premio di maggioranza striminzito che ne attribuisce altri dieci, compreso il futuro governatore. La presenza massiccia dei Cinque Stelle, mai così forti in Piemonte, assicura invece la necessità dei vincitori di mettersi d’accordo con qualcuno. Chiamparino attende. La notte è buia, ma c’è luce persino in fondo al tunnel del centrodestra piemontese.
Marco Imarisio

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