La rabbia di Maroni. E la Lega «di lotta» attacca i giudici

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MILANO — Come un sol uomo, a partire dal segretario Matteo Salvini, in tutto il Carroccio risuonano tre parole chiave: «Attacco alla Lega», «Regime» e «Concomitanza». L’annullamento delle Regionali piemontesi del 2010 da parte del Tar sarebbe solo l’ultimo atto (fin qui) di un attacco giudiziario alla Lega Nord incominciato con l’inchiesta sulle spese anomale dei consiglieri regionali e dello stesso governatore Roberto Cota. Attacco disposto da un regime che non accetterebbe l’irriducibilità della Lega, da punire inviando segnali precisi. Quali? Appunto la concomitanza dell’uscita dell’ex sindaco Sergio Chiamparino dall’inchiesta sui presunti abusi commessi nella zona della vita notturna torinese, i Murazzi: «Guarda caso — dice Salvini — nello stesso giorno in cui viene calpestato il voto popolare ai danni del nostro presidente, viene prosciolto il futuro candidato del centrosinistra. Lo stesso giorno… Salta la giunta leghista e viene assolto il comunista: ci dicano che nelle schede elettorali deve esserci solo il simbolo del Pd, così ci mettiamo in cuore in pace, deve vincere la sinistra». Ma c’è anche chi ricorda che gli addebiti a Umberto Bossi sono arrivati giusto il giorno dopo che l’ex leader aveva raccolto le firme necessarie alla ricandidatura.
Coincidenze che, secondo la Lega, servono al solo scopo di tagliare le gomme al governatore piemontese. Anche Roberto Maroni non l’ha presa bene. Chi ha parlato con lui riferisce che ieri, da avvocato, enumerasse i motivi per cui la sentenza del Tar è uno schiaffo. «Primo — avrebbe detto — non c’è stato alcun broglio. Nella espressione della volontà popolare hanno prevalso Cota e il centrodestra». Per giunta il Tar si è pronunciato su un aspetto, come la raccolta delle firme a sostegno delle candidature, «che in alcune Regioni neanche esiste». Secondo: «I voti sono per il presidente, non per le liste». Terzo: «Anche nelle liste a sostegno di Mercedes Bresso ci sono state delle irregolarità. Perché il saldo tra i voti delle liste contestate deve essere a nostro danno? Chi lo dice?». Infine, il vistoso fattore tempo: «Ma che paese è quello in cui ti dicono nel 2014 che le elezioni del 2010 non sono valide?». Di certo, Cota farà ricorso al Consiglio di Stato contro la sentenza. Secondo i calcoli del Carroccio, la sospensiva è pressoché dovuta: il che escluderebbe la possibilità di quel ritorno alle urne nell’election day di primavera (Europee e amministrative) che si è augurato ieri l’ex presidente Mercedes Bresso.
Va detto che la pronuncia della giustizia amministrativa sembra aver prodotto un compattamento della militanza. Bastava ascoltare Radio Padania, ieri traboccante di interventi infuriati: «Non avete ancora capito — si chiede una ascoltatrice — che tutto questo è venuto fuori da quando si è parlato di macroregioni? Vogliono bloccare le macroregioni». Di certo, il sogno lungamente cullato dell’asse del Nord, con i tre governatori leghisti di Piemonte, Lombardia e Veneto allineati per ridisegnare la geopolitica del paese sembra arrivata a un fioco crepuscolo.
A Salvini toccherà ora di premere fino in fondo sull’acceleratore della Lega di lotta. Questo pomeriggio, il segretario leghista parteciperà alla fiaccolata «pacifica (o quasi)» che si svolgerà nel capoluogo piemontese, dal Consiglio regionale alla Prefettura. Mentre in mattinata farà un giro tra i presidi che la Lega porrà ai caselli autostradali per protestare contro i recenti aumenti. Titolo dell’iniziativa: «Io non pago» .
Marco Cremonesi


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