by Sergio Segio | 10 Gennaio 2014 7:44
Caterina Ibba, dipendente dell’Agenzia per la casa della Provincia di Torino: «Io lo faccio da dieci anni. Un giorno alla settimana sto in sede, per il resto in salotto. Funziona alla grande. Tutto il lavoro che sbrigo lo metto online. Sia chiaro che stare a casa non vuol dire battere la fiacca. Senza contare che l’ufficio è pieno di tempi morti. La macchinetta del caffè? Io nella pausa preferisco fare una lavatrice».
Lo smartwork interessa a lavoratori e aziende. Ma anche alle città che vogliono ridurre il traffico. Al Comune di Torino 20 dipendenti lavorano da casa ogni settimana quattro giorni su cinque. I responsabili della sperimentazione, Elena Miglia e Claudio Sciaraffa, sono soddisfatti: «Con i colleghi a casa l’amministrazione risparmia. In tre-quattro anni si ripagano gli investimenti iniziali». Molti notano anche una riduzione di assenze e malattia. La Provincia autonoma di Trento ha 200 dipendenti in smartwork su quattromila totali. Il presidente Ugo Rossi ha annunciato che diventeranno presto 400. Un piccolo Comune come Formia, nel Lazio, sta valutando quali attività far svolgere da casa. Mentre le esperienze di lavoro agile negli enti locali si moltiplicano, qualcosa si muove anche nelle pubbliche amministrazioni in generale. All’Inps un centinaio di addetti telelavorano dal 2008. Vista la stazza dell’ente (33 mila assunti) le potenzialità sarebbero enormi.
D’altra parte non dovrebbe essere proprio il pubblico impiego (2,5 milioni di assunti) a dare il buon esempio? In realtà il telelavoro nel pubblico è ancora tutto da costruire.
«L’obiettivo di un progetto di legge che depositeremo entro la fine di gennaio e quello di favorire lo smartwork non solo nelle grandi aziende private, ma anche nelle Pmi e nelle pubbliche amministrazioni», fa presente Alessia Mosca, deputato Pd, che sta lavorando alle nuove regole sul lavoro agile insieme con le «colleghe» di Scelta civica e Ncd, Irene Tinagli e Barbara Saltamartini. Il testo è online su 27esimaora.corriere.it. Inoltre chi vuole contribuire con suggerimenti può inviare una mail a smartworking.27ora@corriere.it.[1] «Siamo in una fase di ascolto — continua Mosca —. I contributi dei cittadini sono fondamentali. Ci siamo rivolti anche direttamente alle sindache d’Italia, di ogni colore. Grazie al loro pragmatismo contiamo di mettere a punto le soluzioni migliori».
Intanto a Milano si prepara un’intera giornata dedicata al lavoro agile: sarà il 6 febbraio. «Stiamo coinvolgendo le aziende. Per quel giorno invitiamo tutti a sperimentare questo modo di lavorare. Misureremo i vantaggi per la città», dice l’assessore alla Qualità della vita, Chiara Bisconti.
Anche dal sindacato della pubblica amministrazione, in passato non sempre benevolo verso il telelavoro, arrivano aperture interessanti: «C’è stata una resistenza culturale — ammette il segretario generale della Cisl Funzione pubblica, Giovanni Faverin —. Ma oggi siamo pronti. L’importante è che i governi non continuino con generiche dichiarazioni d’intenti. Serve un piano d’azione serio e concreto».
Rita Querzé
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