«Così i partiti peseranno ancora sui contribuenti»

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Cioè tra più di tre anni. «È vero invece che comunque c’è già stata una cura dimagrante: siamo scesi dai 250 milioni di quattro anni fa, ai 91 milioni decisi dal governo Monti». Roberto Perotti, ordinario all’Università Bocconi, ribadisce le sue critiche al provvedimento del governo, già messe nero su bianco sulla Voce.info, dove il suo intervento continua a scalare, a migliaia, tweet e I like. «La realtà è ben diversa — afferma Perotti — i partiti continueranno a pesare sul contribuente dai trenta ai sessanta milioni, poco meno di quanto costano ora». Perché «nonostante vengano eliminati i rimborsi delle spese elettorali (il 25 per cento l’anno fino ad arrivare a zero nel 2017), verrà consentito al contribuente di destinare a un partito il 2 per mille della propria imposta fiscale». Questo vuol dire — secondo Perotti — che non si tratta di contribuzioni di privati, ma di un meccanismo che mette il finanziamento di ogni singolo partito «a carico di tutti i contribuenti». Quindi a carico anche di chi magari vota per il partito di segno politico opposto. Il motivo è che il 2 per mille «costituisce una detrazione al 100 per cento dell’imposta dovuta» da ogni singolo cittadino. Un esempio aiuta a capire. «Se lo Stato adesso raccoglie 10 mila euro di tasse per pagare sanità e pensioni, e il contribuente destinerà un euro a un partito attraverso il 2 per mille, tutti i contribuenti nel loro complesso dovranno pagare 1 euro in più di tasse per continuare a pagare lo stesso livello di pensioni e sanità». Perotti aggiunge adesso un dettaglio che rende particolarmente «odioso» — dice — il nuovo sistema. Ed è appunto la detrazione al 100 per cento che sarà possibile per circa 45 dei sessanta milioni (che potranno essere versati ai partiti). I restanti 16 milioni saranno detraibili al 37 per cento. Ebbene, se invece un cittadino vuole destinare soldi ad esempio alla ricerca sul cancro, la detrazione è e rimane solo del 19 per cento. Quindi i partiti sottrarranno allo Stato molto di più delle organizzazioni benefiche. Perotti avanza la proposta che, in sede di conversione del decreto legge «la quota detraibile scenda al 19 per cento». In ogni caso, secondo Perotti, il «taglio» cui saranno sottoposti i partiti in base al nuovo decreto è di ben poco conto (da 91 a 60 milioni). «Visto anche che la maggior parte del finanziamento arriva da un’altra parte: dai bilanci di Camera, Senato e Consigli regionali. Sono i contributi ai gruppi parlamentari e consiliari il grosso della torta». Ma per il docente «s e si volesse incidere veramente si potrebbe tagliare un miliardo secco dai bilanci del Parlamento e dei Consigli regionali, questo sì che sarebbe un taglio incisivo contro la Casta!». Del resto, secondo l’economista, i cambiamenti che hanno visto prevalere Internet anche nella comunicazione politica «rendono particolarmente agevole, se non proprio indolore, questo risparmio». Come spiega il professore, infatti, gran parte dei contributi ai gruppi parlamentari viene giustificato, almeno formalmente, come versamenti per convegni e spese di rappresentanza. «Ma non sono più i tempi dei congressi che organizzava Craxi negli anni Ottanta e della miriade di inutili convegni: ormai molto del dibattito politico è diventato anche esso elettronico. Quindi a costo bassissimo, se non zero».

M.Antonietta Calabrò


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