Wang e Alessio insieme Le bandiere del dialogo appese alle finestre di Prato
Da allora molte cose sono successe e tante altre stentano ad accadere e così l’iniziativa riparte ancora una volta dal basso, dalle associazioni culturali italo-cinesi e dai giovani imprenditori di entrambe le etnie che avevano reso possibili le fiaccolate di solidarietà con le vittime dei giorni successivi alla tragedia.
Stavolta a farla da protagoniste saranno delle bandiere sui generis : da domani fino alla Pasqua 2014 l’appello che il laboratorio artistico di Compost e altre associazioni come Pratosfera, Cna World e i Giovani Industriali rivolgono ai pratesi è quello di appendere alle proprie finestre e ai balconi grandi foto-manifesto che mostrano la possibilità del dialogo inter-etnico. Scatti che raccontano l’amicizia tra persone di nazionalità diverse (non solo italiani e cinesi ma anche albanesi, pakistani, rumeni e nord-africani) e che, se la città risponderà, arrederanno Prato dalla fine del 2013 fino a Pasqua. Si è partiti con 200 bandiere ma l’obiettivo è di arrivare addirittura a 10 mila. Le prime adesioni fanno ben sperare visto che vengono, tra l’altro, dalle scuole e dalle due università straniere che hanno sede in città.
Dietro ciascuna foto c’è una storia di integrazioni difficili e amicizie nate dalla reciproca comprensione e dalla comunanza di interessi. Come quella tra le ventenni Sara e Monique, un’italiana e una congolese che si sono conosciute sulle piste di terra rossa dell’Atletica pratese. Oppure quella di Anthony Tang, 65 anni, medico in pensione e primo cinese arrivato in città, con la sua allieva di lingue Elisabetta, 75 anni. O ancora Roberto Wang e Alessio, studenti di prima media e compagni di playstation. E infine la cattolica Sara e la musulmana Amina che si sono conosciute all’oratorio mentre aspettavano i ragazzi che giocavano.
Gli artisti di Compost raccontano che il progetto delle bandiere (facewallprato.it ) è precedente al rogo ma gli avvenimenti delle ultime settimane hanno reso tutto più stringente. Del resto la politica e le amministrazioni locali litigano tra loro e ancora una volta stentano a trovare il bandolo della matassa così la voce che ha avuto maggiore eco nei giorni scorsi è stata quella del vescovo di Prato, monsignor Franco Agostinelli. Nell’omelia del giorno del Santo patrono (Stefano) ha paragonato gli operai cinesi morti a dei «moderni crocefissi immolati sull’altare dello sfruttamento» e ha sostenuto con vigore come sia arrivato il momento di muoversi annunciando tra l’altro la costituzione di due gruppi di lavoro proprio sui temi dell’integrazione.
Nella comunità cinese la tragedia del Macrolotto ha messo in moto dinamiche profonde ma che faticheranno a dare risultati. C’è stata tensione tra le famiglie delle vittime e gli imprenditori del pronto moda, sono stati distribuiti ad opera degli industriali più aperti, come Gabriele Zhang, volantini che invitavano i colleghi a mettersi a norma, a chiudere le fabbriche-dormitorio e a evitare l’uso delle bombole a gas. Ma è chiaro che la cittadinanza di Prato si aspetta di più se non altro perché così aveva solennemente promesso, prendendo la parola durante il consiglio comunale, la console cinese Wang Xinxia.
È in quest’attesa di novità che non arrivano che l’iniziativa delle bandiere segna un punto, parla alla società civile, la stessa che nel giorno del lutto cittadino non aveva mostrato particolare condivisione e che invece esponendo il segno del dialogo è chiamata ad essere protagonista della rinascita della città. Perché è inutile nascondersi dietro un dito: il risveglio di Prato, una delle città più multietniche d’Europa, richiede innovazione sociale.
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