by Sergio Segio | 4 Dicembre 2013 8:00
Li hanno chiamati i tre paradossi: un miliardo di persone con il piatto che piange per carenza di cibo, un miliardo di persone con il corpo che piange per eccesso di cibo, un terzo degli alimenti buttati. E si potrebbe aggiungere un quarto paradosso. Di fronte a questi dati si continua a proporre come rimedio la causa del problema: l’aumento quantitativo della produzione a spese degli equilibri sociali e ambientali.
È un quadro lucido quello che emerge dal Forum internazionale del Barilla Center for Food & Nutrition (che si è svolto a Milano il 26 e 27 novembre) e con un consenso ampio anche se non a tutto campo: mentre sui contenuti l’accordo è senza crepe (si va dal dimezzamento dello spreco alimentare al 2020 all’educazione a stili di vita più sani), sulla via da percorrere per raggiungere l’obiettivo i pareri restano divisi. Dalla due giorni di dibattito è uscito un protocollo sul cibo che ha suscitato qualche perplessità.
«Se è un’industria privata a dover proporre un protocollo del genere vuol dire che il nostro paese è proprio malmesso », ha esordito Carlo Petrini, presidente di Slow Food. «E poi nessun protocollo è in grado di cambiare un sistema alimentare responsabile della malnutrizione di un miliardo di persone e dell’attacco alla biodiversità. Potrà cambiarlo solo la mobilitazione di grandi masse in ogni angolo del pianeta che, scegliendo un comportamento da cittadini attivi e non da consumatori passivi, possono sostenere i contadini delle loro terre, l’agricoltura locale». Un’agricoltura che, aggiunge Oscar Farinetti, patron di Eataly, è in grado di agire in modo anti-ciclico, creando posti di lavoro in un periodo in cui diminuiscono quasi ovunque: «Più qualità vuol dire anche meno pesticidi e più lavoro manuale. Ma a questo lavoro deve essere data dignità, riconosciuto valore. Io per venire qui ho pagato 3 euro per un’ora di parcheggio: sono 3 chili di pasta. Non è accettabile che sia questo il prezzo riconosciuto al lavoro in campagna». Prezzo che in alcuni casi è in effetti così basso che non conviene raccogliere la frutta: la si lascia marcire sugli alberi. Proprio per trovare una via di uscita alla contraddizione di una produzione che cresce (a livello globale il 2013 si avvia a registrare un più 7 per cento) alimentando gli sperperi, nei giorni scorsi è stata costituita dal ministero dell’Ambiente una task force anti-sprechi coordinata da Andrea Segrè, fondatore di Last Minute Market, e composta dallo scienziato Vincenzo Balzani, dalla regista Maite Carpio, dall’attore Giobbe Covatta, dalla scrittrice Susanna Tamaro e da Robert van Otterdijk della Fao. Se la battaglia contro lo sperpero di cibo – che vale 1,3 miliardi di tonnellate di alimenti, 4 volte quanto basterebbe a nutrire gli affamati a livello globale – ha segnato un filo di continuità nei due giorni di convegno, sulle opzioni si è acceso il dibattito. La più controversa delle proposte è stata quella citata dalla rappresentante dell’Unione europea: l’uso degli ogm. «I prodotti transgenici sono fuori discussione in Italia: per la conformazione del nostro assetto agricolo rappresentano un rischio di contaminazione inaccettabile per l’agricoltura di qualità», ha tagliato corto Alfonso Pecoraro Scanio, presidente della Fondazione Univerde. «Ma più in generale costituiscono uno spostamento di potere dall’agricoltura alla grande industria multinazionale che finirebbe per peggiorare le condizioni di vita dei contadini più poveri diminuendo la disponibilità di risorse economiche che nel Sud del mondo è la principale causa della fame».
Anche la proposta di fissare un tetto massimo del 5 per cento del pacchetto di energia da fonti rinnovabili per i combustibili ottenuti con le biomasse difficilmente potrà trovare il consenso internazionale necessario: paesi come il Brasile, che ha scommesso con grande decisione su questa tecnologia, si troverebbero spiazzati.
Ma, nonostante i punti controversi, l’idea di un’agenda per riequilibrare la bilancia alimentare, proposta da Guido Barilla, ha dimostrato di godere di un largo consenso: potrebbe essere sostenuta dall’Italia durante il semestre di presidenza Ue (seconda metà del 2014) e rilanciata all’Expo 2015. Nei prossimi due anni si misurerà l’impegno concreto che l’Italia riuscirà a ottenere attorno a questa battaglia.
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