Paura del Cremlino Gli oligarchi ucraini scelgono l’Europa
Naturalmente c’è la parte occidentale del Paese, da sempre ostile a Mosca, ma adesso anche altri importanti settori della società stanno venendo allo scoperto. In particolare Yanukovich sta perdendo il sostegno del mondo imprenditoriale ucraino. Di coloro che dispongono di stabilimenti a occidente, ma anche degli oligarchi d’oriente, quelli con le basi nell’Ucraina profonda e russofona i quali, in ogni caso, non vogliono diventare pedine del Cremlino. E così ecco che il presidente riapre la porta alla trattativa, ricomincia a muoversi su due tavoli come ha fatto in passato, sperando di giocare l’Unione Europea contro la Russia. Tanto da spingere Catherine Ashton, responsabile della Ue per la politica estera, a dire che l’Ucraina ha tutte le intenzioni di firmare l’accordo di associazione.
Ci si potevano aspettare critiche alle mosse di Yanukovich dal fondatore dell’Ucraina indipendente Leonid Kravchuk e ancor di più dal presidente della Rivoluzione Arancione Viktor Yushchenko. Ma Leonid Kuchma, che ha guidato il Paese per molti anni, era il padrino politico di Yanukovich. Ebbene anche lui ha criticato il ricorso alla violenza da parte della polizia e le recenti decisioni del presidente. Il fatto è che il nuovo corso crea parecchi problemi ai ricchi imprenditori, compreso il genero di Kuchma Viktor Pinchuk, che hanno in passato assicurato l’ascesa dell’attuale presidente. È vero che l’apertura immediata e senza condizioni all’Unione Europea metterebbe in difficoltà i signori dell’industria ucraina che con le loro acciaierie e raffinerie obsolete e assetate di gas russo non sono in grado di resistere sul mercato aperto.
Ma è ancora più vero che per gli oligarchi ucraini la concorrenza russa sarebbe mortale. Intanto perché non hanno le dimensioni per competere: i miliardari a Kiev sono una decina, contro i 130 della Russia. E non solo per la ricchezza, ma anche per la possibilità di accedere ai corridoi del Cremlino. Gli ucraini hanno ottimi agganci nei palazzi di Kiev, ma se la palla passa nelle mani di Vladimir Putin, allora i «provinciali» non conterebbero assolutamente nulla di fronte agli insider che da anni lavorano d’intesa con lo zar di Mosca.
Fabrizio Dragosei
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