Nuovo attentato a Volgograd attacco kamikaze a un bus e la Russia trema per le Olimpiadi
MOSCA — La Piazza Rossa evacuata, il ritorno dei Cosacchi per le strade delle città e una comprensibile psicosi diffusa in tutta la Russia sono le conseguenze del secondo attentato in meno di 24 ore a Volgograd. Anche ieri mattina, come due giorni fa alla stazione della città costruita sulle rovine di Stalingrado, a perpetrare l’attacco è stato un kamikaze che stavolta s’è fatto esplodere in un filobus gremito di studenti, uccidendo 14 persone. Il filobus è stato scoperchiato dalla violenza della deflagrazione e solo dopo diverse ore, lavorando sui corpi straziati delle vittime, i poliziotti sono riusciti a individuare i resti del terrorista. Con la genetica riusciranno forse a dargli un nome.
Il presidente russo Vladimir Putin, primo bersaglio di questi attentati, ha reagito chiedendo di rafforzare le misure di sicurezza nei principali aeroporti, nei centri commerciali e nella metropolitana di Mosca, dove ieri due stazioni sono state transennate per il ritrovamento di valigie incustodite. Per lo stesso motivo, nel pomeriggio è stata sgomberata perfino la Piazza Rossa, mentre in una Volgograd in preda al panico molti abitanti hanno rinunciato a viaggiare sui mezzi pubblici, preferendo recarsi al lavoro a piedi.
Per prevenire le critiche dei media e dell’opposizione riguardo l’incompetenza dei servizi segreti, Putin ha spedito a Volgograd Alexander Bortnikov, direttore dell’Fsb, il moderno Kgb. Bornikov ha spiegato che sarà «garantita la sicurezza dei cittadini durante le festività natalizie» e che a Volgograd da ieri sono operativi anche i Cosacchi. Ai “cavalieri dello zar” appena mobilitati è stato chiesto di effettuare ronde in città.
Intanto, attraverso i deputati del suo partito, Russia Unita, Zar Putin ha cominciato a premere affinché la Duma, ossia il Parlamento russo, acceleri i tempi per l’approvazione delle nuove leggi anti-terrorismo. Tra queste ci sono quella che consentirà alle forze di sicurezza di intercettare ogni cittadino della Russia del Sud, o un’altra che prescrive l’ergastolo per i genitori e i parenti del kamikaze (ai quali, una volta stabilito il legame di parentela con l’attentatore, viene demolita la casa con i bulldozer). Un deputato del partito Liberal democratico ha proposto il ripristino della pena di morte per i terroristi, ottenendo come unico risultato il sarcasmo di chi l’ha deriso chiedendogli «come pensava di fucilare un kamikaze».
Ma è la società russa che comincia a domandarsi se la strategia del Cremlino per combattere il terrorismo sia appropriata
o meno. È quella strategia concepita da Vladimir Putin, che divenne presidente 13 anni fa proprio perché promise che con lui al potere i terroristi non avrebbero avuto scampo. Ora, dopo la cruentissima seconda guerra in Cecenia, e dopo la militarizzazione dell’intero Caucaso russo, gli indipendentisti islamici, a giudicare dal numero di attentati compiuti solo negli ultimi anni, sono più agguerriti e più letali che mai. Lo è senz’altro il loro capo, Doku Umarov, l’uomo più ricercato di Russia, che molti indicano come il mandante del doppio attacco a Volgograd, anche se lui non ha ancora rivendicato nulla e se sul suo coinvolgimento non c’è prova.
Ieri, il ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov, ha paragonato gli attentati di questi giorni agli «attacchi terroristici negli Usa (alla maratona di Boston, ndr) e in Siria». Dietro le sue parole c’è la richiesta di un aiuto internazionale per sconfiggere il comune nemico islamista, poiché negli ultimi mesi, dopo la vicenda Snowden, l’ex analista della Nsa al quale Mosca ha fornito asilo, con l’Intelligence americana la collaborazione si è assottigliata fino a scomparire. A Lavrov ha risposto la portavoce del Consiglio per la sicurezza nazionale della Casa Bianca, Caitlin Hayden: «Il governo americano offre tutto il proprio appoggio in materia di sicurezza per i Giochi di Sochi al fine di garantire la sicurezza degli atleti, degli spettatori e degli altri partecipanti».
Intanto, nell’ospedale di Volgograd è appesa a un filo la vita di un bimbo di pochi mesi. Il piccolo è in coma per le gravi lesioni subite nel filobus. Ancora non si sa chi siano i suoi genitori. Ma per gli investigatori sono probabilmente morti durante l’esplosione.
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