Nuova legge o proporzionale La strettoia delle preferenze
ROMA — E ora può succedere di tutto. Il Parlamento «può sempre approvare nuove leggi elettorali», come sottolinea la Corte, ma di sicuro Camera e Senato dovranno puntare su un sistema che non preveda i due macigni introdotti dal «Porcellum» nel 2005: il premio di maggioranza senza soglia di accesso e le liste bloccate che non danno la possibilità di esprimere la preferenza. Il percorso è segnato dai giudici delle leggi. Eppure la nebbia è ancora fitta perché le opzioni offerte dalla Consulta al legislatore sono molteplici: sistema tedesco «all’italiana» (50% maggioritario con collegio uninominale, 50% proporzionale con preferenza), doppio turno alla francese, proporzionale puro, sistema spagnolo.
Se poi il Parlamento non dovesse intervenire, al momento della sua pubblicazione la sentenza della Corte produrrebbe una legge elettorale residuale zoppicante: senza premio di maggioranza, infatti, il «Porcellum» dovrebbe produrre per sottrazione un sistema proporzionale puro ma rimane il problema della preferenza che non può essere il semplice risultato di un’operazione aritmetica.
E se il Parlamento
non legifera?
Se per ipotesi si votasse oggi, si andrebbe alle urne con il «Porcellum» perché, come spiega il comunicato della Consulta, «gli effetti giuridici» della decisione avranno effetto solo nelle «prossime settimane», comunque dopo la pubblicazione delle motivazioni della sentenza. Bene, ma cosa succederebbe se poi la Corte producesse gli effetti giuridici annunciati in assenza di un intervento legislativo risolutivo? Qui nascerebbero problemi seri perché una «toppa» ce la potrebbe mettere solo il governo con decreto legge, o lo stesso Parlamento con leggina, capace di inserire nell’ordinamento il voto di preferenza. In alternativa, si potrebbe pure andare a votare con una legge imperfetta (proporzionale con liste bloccate) ma poi ci sarebbe l’avvocato Aldo Bozzi, o chi per lui, pronto a risollevare la questione davanti alla Consulta. Questo schema, tuttavia, non convince il professor Andrea Morrone (che con passione seguì il comitato referendario bocciato alcuni mesi fa dalla Corte): «Una semplice operazione di sottrazione, con la cancellazione delle norme relative al premio di maggioranza, non può portare a un sistema proporzionale. Per ottenere questo risultato la Corte dovrà proporre qualcosa in positivo». Stessa considerazione la fa Peppino Calderisi, ex parlamentare del Pdl ora consulente del ministro Quagliariello: «I conti non tornano. Non basta levare il premio per tornare al proporzionale».
Può rinascere il Mattarellum?
Su questo punto la Corte si è divisa. Una parte dei giudici avrebbe sposato la tesi della «reviviscenza» proposta in udienza pubblica dai ricorrenti e illustrata dall’avvocato Giuseppe Bozzi, quella secondo la quale la cancellazione completa del «Porcellum» avrebbe dovuto resuscitare d’incanto la vecchia legge detta del Mattarellum: 75% maggioritario con i collegi uninominali, 25% proporzionale con listini bloccati. Ma così non è andata perché una maggioranza seppur risicata del plenum (8 giudici) ha battuto una minoranza (7 giudici) che avrebbe voluto spingere l’opera di demolizione ben oltre il premio senza soglia e le liste bloccate.
I parlamentari
senza preferenza
I parlamentari eletti a febbraio del 2013, senza un voto di preferenza, sarebbero tutti «politicamente delegittimati» se non si prendesse alla lettera il comunicato della Corte. Il quarto capoverso della nota firmata dal presidente Gaetano Silvestri argomenta: «Resta fermo che il Parlamento può sempre approvare nuove leggi elettorali, secondo le proprie scelte politiche, nel rispetto dei principi costituzionali». Per la Corte, questa sottolineata legittimazione delle assemblee parlamentari, che per altro hanno rieletto la scorsa estate il capo dello Stato, vale ora ma deve valere anche dopo la pubblicazione delle motivazioni della sentenza, «dalla quale dipende la decorrenza dei relativi effetti giuridici». Come dire, il «Porcellum» è una legge imperfetta ma la volontà popolare va rispettata. Per cui si intende che le nuove regole (premio di maggioranza con soglia di accesso, e voto di preferenza) debbano valere per il futuro.
I deputati
non convalidati
Ben 629 deputati (tutti tranne quello eletto in Val D’Aosta con il maggioritario) sono stati proclamati dalle corti d’Appello ma non convalidati dalla giunta delle Elezioni di Montecitorio. La Corte, comunque, ha già detto la sua su questo aspetto della sentenza che «è destinata a non avere effetti sugli attuali parlamentari» La sentenza, «sarà cogente solo dopo la pubblicazione delle motivazioni e vengono fatti salvi gli effetti di legge per il passato»?
Dino Martirano
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