“Non lascio la scena a Matteo”

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 COMINCIA così la competizione a tutto campo tra il premier e Matteo Renzi. Con la sorpresa sui costi della politica rovinata al neosegretario del Pd. Con la dimostrazione di una maggioranza che sa muoversi veloce e compatta, che si prepara a reggere, attraverso l’asse Letta-Alfano, agli attacchi del Rottamatore, alla sua voglia di voto anticipato. Una sfida in piena regola, una corsa a guadagnarsi il ruolo di protagonista. «Non lascio tutta la scena a Matteo — spiega il premier confidandosi con un amico — . Se vuole, i protagonisti possono essere due, in una gara virtuosa a fare meglio per tutti. I sondaggi di questi giorni premiano sia me che lui. Questa è la strada giusta per il 2014». Come dire: solo su queste basi si costruisce il patto per un anno. Ma quel patto, con ogni evidenza, ancora non c’è.
Renzi se ne sta tutto il giorno a Palazzo Vecchio. Non si può dire che non abbia accusato il colpo e non ne veda tutte le possibili conseguenze sulla sua strategia. Per fermarlo il governo sa dimostrare una sua solidità: «Il tempo degli aut aut è finito —
spiega Letta al Tg2 — Faremo bene anche sulle riforme». Il sindaco studia a lungo come rispondere nell’assemblea del Pd di Milano che domani lo incoronerà segretario. La soluzione agli umori anti-Casta avrà come primo bersaglio Beppe Grillo, ma le sue parole suoneranno anche come la reazione alla sfida lanciata da Letta. «Mi pare che Enrico stia cercando di correre ai ripari. Arriva in ritardo e comunque dopo l’effetto primarie — dice il segretario ai suoi fedelissimi — . Il provvedimento va bene anche se io lo considero un’abolizione fittizia del finanziamento. Detto questo, la vera partita è sulla legge elettorale ».
Ecco il punto. Renzi già sposta l’obiettivo e rialza l’asticella. È convinto che il suo Pd e gli alleati di governo, ovvero il Nuovo centrodestra, non riusciranno a muoversi con la stessa facilità nella modifica del Porcellum. «E io me la gioco a tutto campo. Di tavoli aperti ne ho più di uno», è l’avvertimento di Renzi. Significa che la sua promessa di partire dalla maggioranza di governo per allargarsi eventualmente ad altri partiti vale quanto quella di un marinaio. È solo teorica, una garanzia preliminare che vale poco. Perché il segretario è sicuro che la coalizione sui cui si regge Letta farà fatica a mettersi d’accordo su una riforma. «Io l’ho detto chiaro a tutti. A Enrico, al presidente Napolitano, persino ad Alfano. Proviamoci, ma la tenuta del governo non deve diventare un alibi per stare fermi. Io non lo accetterò, questo lo sanno bene quelli con cui ho parlato».
Che ci sia tensione in questo duello si capisce dalle parole delle rispettive squadre. Quella di Renzi reagisce come se considerasse il decreto uno schiaffo del governo. «Il merito è solo di Matteo. In tre giorni, con lo spostamento della legge elettorale alla Camera e l’abolizione del finanziamento, è cambiata l’agenda ». Dalle parti di Letta invece si sente dire che già il 25 maggio il premier aveva annunciato un provvedimento d’urgenza in caso di lentezze parlamentari. «Ben prima che fossero convocate le primarie. È un risultato che Enrico può rivendicare». Ma se la competizione è così tesa, questo non è un bene per la vita della legislatura. Dario Franceschini, che ha assunto il ruolochiave di mediatore tra i due «protagonisti», ne è consapevole: «C’era un accordo tra Enrico e Matteo. Il sistema di voto e la fine del bicameralismo restano nelle mani di Renzi e il governo non ci mette bocca. Del finanziamento invece se ne occupa anche l’esecutivo». Uno scambio alla pari, secondo questa versione. Una prova di convivenza pacifica che finora regge l’urto della realtà. Ma a Palazzo Chigi non credono a una tregua duratura, il passaggio di gennaio sarà molto complicato. «Abbiamo detto che una legge elettorale va fatta con il concorso di tanti — si ascolta nelle stanze del premier — . Quindi va bene parlare con tutte le forze politiche. Ma non sarebbe accettabile fare una riforma contro qualcuno». Ovvero contro una forza di governo, il partito di Alfano. Per questo il discorso di Renzi domani dovrà fare chiarezza sul futuro del governo. L’entourage del sindaco annuncia proposte «fortissime» sui costi della politica. E un rilancio sulla riforma del Porcellum. Forse a Milano ci sarà anche Letta in platea.


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