L’Europa insiste sulla manovra E in 10 mesi crolla il gettito dell’Iva

Loading

Ma qui, orizzonti grigi e pesanti, con l’Italia che si ritrova davanti una nuova serie di montagne: un ennesimo monito della Commissione europea che chiede più sforzi per la riduzione del debito pubblico, e forse una manovra finanziaria indurita e anticipata al 2014; ma soprattutto, un allarme statistico che parla di un italiano su tre ormai a rischio di povertà, e inquadra una zona Euro dove solo la Grecia sta peggio dell’Italia, proprio per quanto riguarda i rischi di impoverimento economico e sociale. Mentre la Spagna, Portogallo, Cipro, stanno tutti meglio.
Nella tensione che cresce, ogni riga dei comunicati diventa ormai una mezza sentenza. Per esempio: si scrive «sforzi strutturali supplementari», ma va letto «manovra anticipata», cioè risparmi e tagli più duri e al più presto possibile? Magari già nel 2014 e non nel 2015? Per l’Italia, è in fondo una vecchia domanda, che però ieri è germogliata di nuovo con l’avvertimento ripetuto dalla Commissione: siamo «più o meno in linea» con gli obiettivi fissati per il rientro dal deficit, dice Simon O’Connor, il portavoce del commissario Ue agli Affari economici Olli Rehn, ma sul debito pubblico bisogna fare di più; «Non posso che ripetere quello che la Commissione ha detto nella presentazione della nostra opinione il 15 novembre…c’è circa lo 0,4% di sforzi strutturali supplementari che bisognerebbe fare per dire con certezza che l’Italia è ben indirizzata verso il raggiungimento dell’obiettivo sul debito nel 2014». Un’indicazione che equivale a circa sei miliardi di correzione. Non solo: «Sappiamo che c’è la spending review in corso. Analizzeremo lo sviluppo della situazione nelle prossime settimane. A febbraio, presenteremo le previsioni economiche di inverno. A quel punto vedremo se il governo ha deciso di anticipare al 2014 la messa in opera dei risparmi, e se dettaglierà i risparmi previsti proprio attraverso la spending review».
E poi, è arrivato quell’altro allarme, di fonte Eurostat, meno tecnico ma se possibile ancora più inquietante: come dato generale riferito al 2012, in Italia il 29,9% della popolazione (era «solo» il 28,2% nel 2011) rischia di conoscere grandi difficoltà di vario genere: il 19,4% è a rischio povertà, il 14,5% è già seriamente privato di beni materiali, e il 10,3% vive in una famiglia dove pochi lavorano. A rischio di esclusione sociale risultano poi 18,2 milioni di persone.
In altre parole: una progressione costante, quasi implacabile. Con Spagna e Portogallo, come si diceva, che allungano il passo più avanti. Mentre la Francia è anch’essa in bilico con un rischio di povertà oscillante sul 19,1%. Ancora: secondo il bilancio sociale Inps del 2012, cala a picco il potere d’acquisto delle famiglie italiane, sceso del 9,4% negli ultimi 4 anni (e addirittura del 4,9% solo nel 2011-2012). Le cifre calamitano i commenti: «I dati resi noti oggi da Eurostat purtroppo confermano quello che sosteniamo da anni: la povertà in Italia è un problema ben più grave di come viene giornalmente descritto», dice il presidente di Eurispes, Gian Maria Fara. In tanto sommovimento, crolla il gettito dell’Iva, segnando un calo del 3,9% in dieci mesi (3,4 miliardi in meno), anche se rimane quasi invariato da un anno all’altro il gettito tributario: a gennaio-ottobre 2013 le entrate sono state di 321,734 milioni di euro, -0,3% rispetto agli stessi mesi del 2012.
Luigi Offeddu


Related Articles

Ambiente, lavoro e futuro. Che fare a Taranto?

Loading

La situazione in cui si ritrova l’ex-Ilva di Taranto non è un conflitto tra salute e occupazione ma una lotta

La Turchia lancia il Canale Istanbul ecco la nuova porta tra Europa e Asia

Loading

Mega-progetto da dieci miliardi per decongestionare il Bosforo. Il presidente Erdogan: “Opera paragonabile a Suez e Panama, finiremo nel 2023”. Sarà  lungo 50 chilometri e largo 150 metri, ideale per la navigazione delle petroliere 

Oltreoceano torna la paura del contagio così l’euro-crisi può frenare la ripresa Usa

Loading

Lo scenario. Wall Street continua a perdere per il timore di una “terza ondata negativa” dopo il 2010 e 2011. Si aggiungono le difficoltà della Bce contro la deflazione e i Paesi emergenti affossati dal petrolio

No comments

Write a comment
No Comments Yet! You can be first to comment this post!

Write a Comment