L’escalation di attacchi allarma il Colle: si gioca allo sfascio con le istituzioni

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ROMA — «Così si gioca allo sfascio con le istituzioni». Nessuna intenzione di farsi trascinare in una specie di battaglia dei discorsi di fine anno, dopo la “sfida” di Grillo che annuncia il suo controappello agli italiani la sera del 31 dicembre, proprio alle otto e mezzo come il capo dello Stato. Giorgio Napolitano, nel messaggio al Paese che sta buttando giù in queste ore, non raccoglie la provocazione e non scenderà nel botta e risposta personale con i grillini. Né con i berlusconiani che chiamano a spegnere la tv e il presidente della Repubblica per l’ultimo dell’anno, e lo accusano di voler pilotare la
riforma elettorale solo nel recinto della maggioranza. «Proprio loro – ha perso la pazienza qualche giorno fa il capo dello Stato – che nel 2005 hanno imposto il Porcelllum con un accordo a stretta maggioranza. Stanno proprio esagerando allora con questa polemica».
L’allarme-sfascismo suona dunque forte al Colle, la preoccupazione per questa strana coppia Grillo-Berlusconi che gioca la carta del tanto peggio tanto meglio. Non è tanto per la campagna sull’impeachment che l’inquilino del Quirinale teme, anzi la lascerà cadere sicuro di non aver nulla da nascondere, quanto per le sorti dell’istituzione e del governo Letta. Chiamato da Napolitano a rilanciare la sua azione contro la crisi e a tenersi lontano da pasticci come la scivolata sul decreto salva-Roma, che l’ha costretto a intervenire. Governo che invece l’asse 5Stelle-Forza Italia punta ad azzerare, con elezioni a maggio. Ma preoccupano sul Colle anche le tentazioni e gli strappi dei renziani che danno l’aut aut a Palazzo Chigi. Lo strumento di questa operazione sarebbe proprio una maggioranza trasversale per la nuova legge elettorale, ed è per questo che al Quirinale non piace. «Bisogna provare prima all’interno delle forze di maggioranza – aveva ribadito nei giorni scorsi Napolitano – e poi nella misura del possibile tentare di coinvolgere le altre forze. E credo vada portata avanti in parallelo con il nuovo assetto del Senato e la fine del bicameralismo paritario». E tuttavia per il capo dello Stato il rischio che la partita sulla legge elettorale possa mandare il tilt la squadra di Letta, non può essere un alibi per un altro rinvio, perché «c’è sempre stato, con qualunque maggioranza, e ci sarà sempre, il pericolo che una modifica del sistema di voto apra problemi nella compagine di governo, e ormai non c’è più spazio per i calcoli di convenienza, per gli interessi di parte».
Le conseguenze di un altro nulla di fatto sarebbero, avverte il capo dello Stato, pesantissime per tutti quanti i partiti. «Voglio vedere a quel punto, quando ci saranno le elezioni, chi avrà il coraggio di ricominciare a parlare di riforme, dopo tanti fallimenti e tante legislature perse. Per comune senso del pudore, chiunque avrà difficoltà a farlo ». E dire che c’è già il lavoro dei saggi, bersaglio fisso peraltro di Forza Italia, che «hanno compiuto un ottima istruttoria di base, di grande qualità, approfondimenti preziosi». E le riforme non sono “altro” rispetto ai temi sociali, che poi saranno il perno del discorso in tv di martedì del capo dello Stato, perché
«consentono al governo di lavorare meglio e quindi di dedicarsi meglio ai problemi dei cittadini». Di fronte alla paralisi, Napolitano ha già messo sul tavolo l’ipotesi della sue dimissioni, «e non capisco per la verità tanta sorpresa visto che ho ripetuto quel che avevo già detto nel discorso del mio insediamento in Parlamento ». Come a dire, non è l’impeachment a spaventare il capo dello Stato, anzi: proprio lui potrebbe decidere di mollare i partiti che non mantengono le promesse fatte per convincerlo ad accettare la rielezione al Quirinale.


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