Lega, la disfatta di Bossi Con Salvini segretario via alla campagna no euro

by Sergio Segio | 8 Dicembre 2013 8:23

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MILANO — «La parola d’ordine sarà: basta euro». Matteo Salvini è il nuovo segretario della Lega. Batte Umberto Bossi quattro a uno, e non perde un minuto: il suo Carroccio di lotta avrà come primo bersaglio «questa Europa, che non è l’Unione Europea ma l’Unione Sovietica. Un gulag». Il neoleader ha anche annunciato alcuni referendum. Uno sull’abolizione dei prefetti, storico cavallo di battaglia padano, e soprattutto quello per abolire la riforma Fornero. Bandiera certo capace di trovare consensi. Sempre che la Lega non prosegua con l’abitudine di annunciare consultazioni popolari che poi lascia cadere.
Milanese, 40 anni, leader storico dei Giovani padani, Salvini è il successore di Roberto Maroni. Lo hanno deciso i militanti nordisti alle primarie del movimento che si sono svolte ieri. Per Bossi, l’avversario che ha caparbiamente cercato una sfida impervia, il risultato è stato amaro: solo il 18% contro l’82% di Salvini. I suoi sostenitori, imbronciati, danno la colpa all’affluenza e soprattutto ai pm che hanno comunicato la chiusura delle indagini sulla «family» e sul Senatur giusto il giorno dopo che quest’ultimo era riuscito a raccogliere le firme per la sua candidatura. Eppure, dal punto di vista dell’affluenza, le primarie non si possono certo definire un flop. Sui 17.047 aventi dritto hanno votato in 10.221, pari al 60%. Non è la Bulgaria, ma neppure un fatto scontato. Tra l’altro, i seggi erano soltanto uno per capoluogo di provincia. Soddisfatto il grande sponsor di Salvini, lo stesso Maroni, che al momento dello spoglio era alla prima della Scala: «La sua vittoria è stata nettissima, con lui inizia il futuro del movimento».
La grande domanda, nel Carroccio, è: che farà Bossi? Fonderà una nuova Lega come gli chiedono ossessivamente alcuni vecchi sostenitori? «Io lavoro per la Lega», ha risposto ieri. Anche se continua a rimanere non del tutto chiaro il perché abbia voluto combattere quest’ultima battaglia. In un intervista a Qn ha spiegato che «solo io capisco i veri problemi che stiamo vivendo, solo io posso salvare la Lega». Di più: «Dalla grande famiglia che era, è diventata un luogo di nessuno». Salvini ieri ha confermato la sua intenzione di mantenere il fondatore alla presidenza del Carroccio: «Ho sentito Bossi quasi tutti i giorni. Lui è la Lega, è stato e sarà sempre fondamentale». In realtà, si racconta che in parecchi abbiano tentato di farlo desistere da una sfida già persa. Maroni, Giancarlo Giorgetti, lo stesso Salvini. La leggenda dice che a Bossi sarebbe stato promesso di far rientrare nel movimento alcuni degli espulsi durante la stagione delle «ramazze padane». Ma forse, sono soltanto i racconti di trincea di chi ha perso la battaglia. Una curiosità: ieri è stato ammesso al voto anche Francesco Vartolo, il veronese espulso dal Carroccio per aver definito Mandela «assetato di sangue bianco». Motivazione ufficiale: era già negli elenchi degli aventi diritto.
Tecnicamente, Salvini non è ancora il segretario. Lo diventerà domenica prossima, durante il congresso vero e proprio che si svolgerà al Lingotto di Torino. Che avrà tra gli ospiti, oltre a Marine Le Pen, anche alcuni parlamentari delle destre anti europeiste di Austria e Olanda e alcuni deputati russi vicini a Putin. Perché il mandato di Salvini è chiaro: dato che i presidenti leghisti non possono, il segretario dovrà essere di lotta. Senza se e senza ma.

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