Le cose del Pci che servono al Pd

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 IL PROGRAMMA DI BAD GODESBERG (1959) COLLOCAVA L’ETICA CRISTIANA ALLE RADICI DEL SOCIALISMO EUROPEOe concepiva le fedi religiose come affluenti preziosi di quel «partito della libertà dello spirito», indicato come orizzonte della socialdemocrazia tedesca. La sinistra in Italia ha avuto un corso diverso rispetto alla Germania: è stata segnata dall’egemonia del Pci, non ha avuto una Bad Godesberg, e tuttavia la radice idealista del comunismo italiano, oltre che la sua «coscienza nazionale», l’hanno resa protagonista della Costituzione, della cultura democratica del Paese e di quel confronto incessante sul destino dell’uomo e della società, che è inseparabile da ogni politica riformatrice. Dall’originalità della sinistra italiana muove l’ultimo libro di Beppe Vacca. Ma la ricostruzione storica, mai come in questa occasione, è proiettata verso il futuro. Un futuro difficile, dove tuttavia la sinistra entra con uno strumento nuovo il Partito democratico la cui forza non è indipendente dalla linfa che proviene dalle sue radici.
Il titolo del libro di Vacca è provocatorio Moriremo democristiani? (Salerno editrice) e sembra persino alludere all’avvento di Matteo Renzi. L’autore però non pensa affatto a un esito democristiano o centrista del Pd. E al tempo stesso contesta le letture nuoviste del Pd, fondate sull’azzeramento della prima e della seconda Repubblica. Per Vacca il Pci è morto nel tempo in cui tutti lo hanno visto morire. Tuttavia, senza la nostra storia nazionale il Pd non sarebbe stato possibile. Parliamo di una storia dove il dialogo tra comunisti e cattolici è stato assai più di una questione politica o diplomatica. Da Antonio Gramsci che giudicò la nascita del Partito popolare di Luigi Sturzo come «il fatto più grande della storia italiana dopo il Risorgimento». Dalla scelta di Palmiro Togliatti di sostenere Alcide De Gasperi alla guida del governo dopo Ferruccio Parri, in nome di un patto costituzionale che avrebbe dovuto fondarsi sulla democrazia dei partiti. Dalle tesi del X congresso del Pci (1962, mentre era in corso il concilio Vaticano II) in cui si affermava che l’aspirazione a una società socialista poteva trovare una spinta autonoma nella «coscienza religiosa». Fino al confronto tra Aldo Moro ed Enrico Berlinguer. Fino alla lettera di Berlinguer a monsignor Luigi Bettazzi, in cui i principi di laicità venivano coniugati in termini di pluralismo e cooperazione: «Noi comunisti vogliamo una società organizzata in maniera da essere sempre più aperta e accogliente anche verso i valori cristiani».
Ovviamente il dialogo è stato molto intenso anche da parte cattolica. E non ha riguardato solo le aree più progressiste di quel mondo. Uno dei maggiori protagonisti del libro di Vacca è De Gasperi (oltre a Pietro Scoppola che, con i suoi studi, diede piena luce allo statista trentino, superando le letture affrettate e polemiche dei comunisti negli anni Sessanta). De Gasperi non è stato solo il leader della ricostruzione. È stato l’uomo che ha posto argine alla destra clericale e reazionaria, che voleva spingere la Dc verso una soluzione «salazariana». In questo scontro De Gasperi pagò un prezzo personale altissimo perché si trovò di fronte niente meno che Pio XII. Ma senza quello scontro, senza quel senso della nazione, la vicenda politica e costituzionale italiana sarebbe stata un’altra. Insomma, non era solo necessità il «centro che guardava a sinistra». Aveva anch’esso radici profonde. Prima ancora del Concilio. La rilettura storica di Vacca ha ovviamente un contenuto di battaglia politica. Il libro contesta l’interpretazione della destra, diffusa in tempo di berlusconismo, secondo la quale il cattolice-
simo politico avrebbe tradito la sua missione storica perché si sarebbe rifiutato di porsi alla base di un’area conservatrice sul modello della Cdu tedesca. Ma contesta anche l’impianto neo-azionista, che giudica la vicenda dei comunisti la vera anomalia da rimuovere sul piano culturale, e tuttora l’ostacolo maggiore per conquistare le élite del Paese. La questione cattolica per Vacca è parte decisiva della questione nazionale. E fu proprio il carattere popolare del Pci, il suo rifiuto di una cultura elitaria, a spingere il confronto e l’incontro dove non è riuscito in altri Paesi europei. Certo, è singolare che tutto ciò sia avvenuto in un Paese dove la sinistra era guidata da un partito comunista e non da un partito socialista. Questa comunque, per l’autore, resta una dote preziosa per il Pd. Se la sciupasse, rischierebbe di ridursi a strumento senz’anima.
Perché il dialogo e l’incontro, nel tempo, hanno prodotto domande, aspirazioni, speranze che oggi si misurano con questa grave crisi. Che non è solo una crisi sociale, ma anche antropologica. Non c’è politica senza un’idea dell’uomo. E non c’è progetto senza un pensiero capace di andare oltre il presente. Esiste una trascendenza della politica che interpella la fede, ma anche la doverosa laicità della democrazia. Per la sfida di domani non abbiamo alle spalle una Bad Godesberg, ma qualche scalino su cui salire per scrutare l’orizzonte c’è. Basta vederlo. E magari studiarlo.MORIREMO DEMOCRISTIANI? La questione cattolica nella ricostruzione della Repubblica di Giuseppe Vacca, pagine 232 euro 13,00 Salerno


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