by Sergio Segio | 20 Dicembre 2013 23:00
La quale da un lato vede la sicurezza dei cittadini incontestabilmente incrementata dal fatto che la recidiva di chi è progressivamente ammesso a misure alternative al carcere sia tre volte più bassa di chi torna in libertà dopo aver scontato l’intera pena in carcere; e dall’altro ricorda anche ai finti sordi che negli ultimi 3 anni le evasioni da permessi premio sono state 133 su 66.859. Una percentuale da prefisso telefonico.
Di questo «zero virgola» mantengono il diritto di dolersi le vittime dei reati vecchi o nuovi, non certo gli avvoltoi politici che oggi irridono gli esiti delle valutazioni psicologiche e comportamentali dei detenuti evasi dal permesso, ma che mai risultano aver presentato in Parlamento un qualche emendamento volto a destinare maggiore spesa pubblica (bestemmia!) ad esempio agli organici spaventosamente vuoti di psicologi, educatori, assistenti sociali e agenti penitenziari.
Vale però anche per l’ultimo decreto legge del governo. Alzare a 75 giorni la liberazione anticipata per ogni 6 mesi di pena ha ad esempio senso solo se il beneficio è dato a chi in cella davvero partecipa a un percorso di rieducazione, ma per capirlo occorre appunto una adeguata (per numeri e per qualità) struttura di valutazione nel carcere. Se invece la liberazione anticipata continuerà a essere concessa come oggi in maniera sostanzialmente automatica per il solo fatto che un detenuto non abbia creato problemi, al punto che le informative ai magistrati si limitano ad attestare l’assenza di contestazioni disciplinari al detenuto, allora lo sconto di 75 giorni ogni semestre produrrà solo l’assurda trasformazione di 1 anno teorico di pena in 7 mesi reali. E anche le norme sul maggiore accesso per i tossicodipendenti-piccoli spacciatori alle comunità di recupero, quale pena alternativa, restano carta straccia se, come accade oggi in molte sedi, il budget disponibile per le comunità terapeutiche accreditate lascia scoperti fino al 60% dei posti letto.
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