Lavoro, quell’asse tra Bonanni e il leader del Pd

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ROMA — Raffaele Bonanni non sa se essere più sorpreso o soddisfatto. Le indiscrezioni di questi giorni sul piano del lavoro del neosegretario del Pd, Matteo Renzi, contratto unico per i neoassunti, formazione continua, partecipazione dei lavoratori alla gestione, coincidono con alcune delle tesi a lui più care. «Non ci crede? Legga qui», dice porgendo una sua lettera a un giornale in cui chiede che si affrontino «quei nodi» da cui da troppo tempo il Paese è legato. Come? Con la sperimentazione per tre anni di un contratto unico che trasformi tutti quelli precari in graduali assunzioni a tempo indeterminato. L’articolo in questione è dell’agosto del 2001. «Con ciò si dimostra — dice il segretario della Cisl — che il nostro sindacato era molto avanti. Quando proposi queste soluzioni invece successe l’ira di Dio. I tempi sono maturati».
Sì, ma quali tempi? Può essere quello della peggiore crisi che il Paese abbia vissuto dal dopoguerra il momento migliore per affrontare il tema della flessibilità abbattendo definitivamente il totem dell’articolo 18? «Non abbiamo scelta — è la risposta di Bonanni —. Ma dobbiamo agire con più accortezza. Purtroppo la legge Fornero ci ha portati indietro. Quello che non si può fare oggi è affrontare questi temi senza fare nel contempo una buona economia. I governi fin qui hanno pensato che l’occupazione si crei cambiando le regole del lavoro. Ma i fatti dimostrano che ciò non basta, che bisogna creare sviluppo prima di tutto. Perciò non accetteremo ulteriori discussioni senza che questi due binari procedano insieme».
L’allusione, neanche troppo velata, è alla cocente delusione della legge di Stabilità che ha mancato l’obiettivo di tagliare coraggiosamente il cuneo fiscale per far ripartire la domanda. «Anche se la creazione del fondo, pur con qualche contraddizione nel testo, è sicuramente un fatto positivo, frutto della mobilitazione del sindacati», dice Bonanni, non citando mai Letta, cui lo lega un rapporto di anni e una radice culturale comune, ma è a lui che pensa quando sollecita una «buona economia», come una sorta di promessa ancora pendente.
Il dibattito su come cambiare il lavoro intanto però è partito con la firma del neosegretario del Pd, Matteo Renzi: «Chiunque proponga maggiore flessibilità in cambio di maggiori salari, noi lo sosteniamo», dice il segretario della Cisl, mostrando un approccio laico che gli è consueto. «Bisogna combattere il freno posto da chi difende rendite di ogni tipo, che è lo stesso che ha affossato la legge di Stabilità. Perciò sono proprio le forze politiche nuove o rinnovate i migliori interlocutori di un sindacato che ideologico non è».
E se Renzi finisse vittima di una guerra sotterranea con la Cgil? «No, semmai io penso che Renzi stia riportando il Pd a quello dell’origine, quello di Walter Veltroni che non faceva guerre di religione ma dialogava pragmaticamente con tutti senza pregiudizi, cercandosi interlocutori moderni. Con lui mi sono trovato più a mio agio. Certo, lui non si sognava di entrare nelle dinamiche dei sindacati come io penso sia giusto, per un sindacato, non entrare in quelle politiche».
Eppure è difficile non notare che tra Letta e Renzi, ad esempio, ci sia al di là della proclamata collaborazione anche una competizione che può essere virtuosa oppure viziosa. «Scommetto che sarà virtuosa — azzarda Bonanni —: Letta e Renzi sono moderni. Possiamo dirci fortunati perché se ci sarà sfida, sarà per innovare». Bonanni non chiude nessuna porta insomma, sapendo che il cammino per la riforma sarà impervio.
Nel merito è d’accordo con Renzi «quando dice di vincolare la cassa integrazione alla formazione» mentre trova «sbagliato intervenire per legge sulla rappresentanza: stiamo chiudendo l’accordo attuativo con le imprese. Basta e avanza». Poi c’è da affrontare il tabù dell’articolo 18: «È il momento di andare alla sostanza: l’articolo 18 oggi è ampiamente disapplicato grazie alla giungla di contratti precari che va disboscata, a cominciare dalla piaga delle finte partite Iva, transitando verso un contratto unico che gradualmente si trasformi in un tempo indeterminato. Eviterei di farne una discussione estetica».
Antonella Baccaro


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