L’attacco dei droni sul corteo nuziale

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E una strage di civili. Ieri è successo in Yemen: l’aereo senza pilota ha colpito un convoglio di macchine diretto a un matrimonio a sud della capitale Sanaa, vicino alla città di Radaa, passata alle cronache lo scorso anno per essere stata «conquistata» da Al Qaeda nella Penisola Arabica (Aqpa). I militanti affiliati al gruppo fondato da Bin Laden dopo aver liberato decine di detenuti avevano stretto un patto con la tribù locale per gestire insieme la città. Ed erano alcuni loro leader che ieri il drone Usa stava cercando.
Le prime informazioni dopo l’attacco parlavano di un clamoroso errore, l’ennesimo, e di soli morti civili. Dieci uccisi sul colpo, altri cinque morti più tardi per le ferite. In realtà più tardi fonti della sicurezza yemenita rivelavano alla France Presse che due altre vittime sarebbero stati «presunti membri di Al Qaeda», Saleh e Abdallah Al Tays, sulla lista dei ricercati dal governo centrale e dall’alleato Usa, l’unico a disporre di droni che operano dalla base di Gibuti. «Ma questo non toglie che tutti gli altri fossero civili senza alcun coinvolgimento con il terrorismo», ha aggiunto la fonte precisando che l’unico legame che legava i civili uccisi ai due militanti era l’appartenenza al clan dei Tays che a Radaa sono maggioranza. L’attacco ha riacceso così la polemica sull’attività degli aerei senza pilota degli americani, mai ammessa ufficialmente da Sanaa ma nemmeno smentita.
L’allarme in Yemen resta altissimo: solo la settimana scorsa un attentato spettacolare aveva sventrato il ministero della Difesa di Sanaa causando 56 morti. L’azione era stata rivendicata da Al Qaeda nella Penisola Arabica e motivata dalla volontà di colpire proprio una sala di controllo da cui esperti americani dirigevano le azioni dei droni. Ieri notte, la Suprema commissione della sicurezza yemenita ha difeso l’operazione appellandosi alla popolazione «perché non dia sostegno o rifugio a elementi terroristi» e chiedendo di «notificare alle autorità ogni sospetto».


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