La marcia anticrisi su Roma adesso divide i Forconi

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ROMA — «In quanto a correnti, ci batte solo il Pd…», prova a scherzarci sopra, Mariano Ferro, il leader dei Forconi siciliani, al termine di una domenica drammatica che ha visto spaccarsi clamorosamente il movimento nazionale del «9 dicembre», la data in cui iniziò la protesta anticrisi. E dunque, dopo neppure 10 giorni, il fronte s’incrina e ormai è chiaro che si conteranno parecchie defezioni all’annunciato sit-in di mercoledì 18, in piazza del Popolo, a Roma, «contro il governo italiano sottomesso all’Europa». La grande manifestazione generale rischia piuttosto di rivelarsi un flop.
«Temiamo infiltrazioni violente e strumentalizzazioni politiche, c’è un clima pesante a Roma — dice Mariano Ferro —. Per questo non ci saremo». E non verranno neppure gli autotrasportatori bresciani capeggiati da Renzo Erbisti («Noi pensavamo di portare in piazza le famiglie, invece c’è il rischio di trovarci insieme a CasaPound»), così come gli imprenditori del Nordest rappresentati da Luciano Chiavegato e Giovanni Zanon («Il nostro movimento vuol essere una festa di popolo, invece c’è chi sembra cercare la guerra…»). Così, i dissidenti rimarranno tutti nei loro presìdi (il parroco di Monselice, don Sandro Panizzolo, ieri ha detto messa sulla strada Rovigana per stare vicino ai lavoratori) e ora stanno pensando a una manifestazione alternativa nella Capitale («comunque prima di sabato») e tutti sono d’accordo su un punto: «Noi col governo vogliamo dialogare — spiega Mariano Ferro —. E vogliamo confrontarci direttamente con Enrico Letta, prima di dire andate via, politici, tutti a casa. Vogliamo ascoltare le loro soluzioni per questa crisi. C’è invece qualcuno che ha una visione diversa…».
Quel «qualcuno» adesso sembra rimasto solo. Lui sì che ci sarà, mercoledì in piazza a Roma. É Danilo Calvani, il leader dell’Agro Pontino, presidente del Comitato riunito agricoltori di Latina, l’uomo della Jaguar, ormai volto notissimo della tv, ieri anche ospite a «l’Arena» di Giletti. Calvani non vuol trattare col governo. Lotta dura senza paura, è la sua linea. A dargli manforte c’è giusto Gabriele Baldarelli e il suo gruppo di «Dignità sociale». E poi forse quelli di CasaPound, «i fascisti del Terzo Millennio» come si definiscono loro, chiamati in causa ieri dal premier: «A tutti coloro che stanno lisciando il pelo alle proteste — ha detto Enrico Letta — vorrei ricordare chi sono quelli a capo di questi movimenti: gente che afferma il contrario dei nostri valori, come ad esempio l’antisemitismo. E con CasaPound noi non abbiamo niente a che fare». Il ministro dell’Interno, Angelino Alfano, alla vigilia di una settimana complicata, è perentorio: «Facciamo appello ai manifestanti a restare dentro le regole. Avremo la mano fermissima». Anche il sindaco Ignazio Marino, pone l’altolà: «In piazza del Popolo niente tendopoli». Sono tutti avvisati, quindi.
Intanto, però, il Movimento sociale europeo di Giuliano Castellino oggi lancerà gli Indignados di Destra al Circo Massimo. Mentre, a sinistra, i Movimenti per la casa sfileranno a fianco dei migranti sempre mercoledì. CasaPound, invece, sarà questa mattina davanti al Tribunale per chiedere la scarcerazione del vicepresidente, Simone Di Stefano, arrestato sabato per aver sottratto la bandiera dell’Ue dalla sede di via IV Novembre. «E mercoledì 18, in piazza del Popolo — annuncia Davide Di Stefano, suo fratello — se non andrà il popolo, non andremo neanche noi». La confusione è grande, sotto il cielo di Ro ma.
Fabrizio Caccia


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