by Sergio Segio | 5 Dicembre 2013 8:12
ROMA — «Così si torna alla prima Repubblica». Matteo Renzi, dal palco di Bologna, commenta così la sentenza della Consulta sulla legge elettorale: «Politicamente con questa sentenza cambia poco, ma tecnicamente lascia un po’ di dubbi. La legge elettorale che torna in vigore è quella prima del 1993, è quella della prima Repubblica. E poi non ci meravigliamo se la gente non va più a votare. Se vogliono far finire questi vent’anni tornando indietro, mi sembra una scelta discutibile».
Il sindaco di Firenze non è soddisfatto dalla sentenza che ripristina il proporzionale. Ma confida in un intervento legislativo e si prepara a chiudere la campagna al Lingotto, luogo simbolo del veltronismo. E mentre Pippo Civati rivendica la sua presenza in luoghi simbolo poco frequentati dal Pd e annuncia che, se vincesse, prima si prenderebbe una piccola «sbronza», Gianni Cuperlo rilancia un Pd «di sinistra», contro le «ricette moderate» di Renzi e annuncia che un componente della segreteria sarà fisso a Bruxelles. Tre stili diversi, tre modi per vivere la campagna delle primarie, che si conclude con il voto domenica. Intanto, il segretario uscente Guglielmo Epifani saluta tutti con un brindisi a spumante e definisce positivo il suo bilancio di «traghettatore».
Renzi torna a ribadire il suo sostegno condizionato al governo: «O il governo Letta si mette a fare le cose che servono all’Italia oppure la crisi continuerà a mordere. E il Pd perderà le elezioni». Ma nel comizio serale di Bologna spiega anche che «Berlusconi è passato all’opposizione con Grillo e quindi oggi le larghe intese non sono più alla maggioranza ma all’opposizione. Al governo ci siamo noi con altri tre movimenti e la responsabilità del governo ora ce l’abbiamo tutta noi. Questo vuol dire che se le cose vanno bene possiamo essere felici, ma se le cose non vanno bene il 25 maggio alle Europee asfaltano noi»
Ma prima c’è da vincere le primarie. Dice Renzi: «Le primarie non sono una gara fra chi è più simpatico e carino, ma servono per dettare l’agenda all’Italia nei prossimi mesi, quello che ha fatto Berlusconi negli ultimi vent’anni: adesso tocca a noi». L’affluenza non sarà irrilevante. Le probabilità di vittoria di Renzi aumentano con un grande numero di votanti ed è anche per questo che definisce «una sconfitta» la quota di un milione e mezzo prevista, nel peggiore dei casi. Cuperlo non è d’accordo: «Ma come si fa a dire che sarebbe una sconfitta? Spero che domenica vadano in tanti e credo che saranno più di due milioni». Cuperlo vuole voltare pagina: «Dobbiamo rompere la continuità e tornare a fare la sinistra. Renzi non è Berlusconi, ma alcune sue idee moderate sono in continuità con il ventennio passato».
Cuperlo incassa un appoggio pesante, quello di Nicola Zingaretti, presidente della Regione Lazio. Il governatore gli chiederà «di avere coraggio nel cambiare tutto, a cominciare dalle vecchie logiche correntizie». Pippo Civati ha già portato a casa il sostegno di Fabrizio Barca, mentre ieri Renzi ha ottenuto il sostegno del ministro Cécile Kyenge. Ugo Sposetti non apprezza il sindaco di Firenze e spiega che «se venissero chiusi tv e giornali per tre giorni, le primarie le vincerebbe Cuperlo». Idea che al renziano Federico Gelli pare «imbarazzante» e «da regime sovietico».
Civati, che crede al pronostico di Laura Puppato («vincerò con il 41 per cento»), resta il candidato più esplicitamente antigovernativo. Critica Letta: «Diventerà il nuovo Prodi solo se venisse votato. È un uomo di palazzo, si è troppo compromesso con questo schema». E critica Renzi: «L’anno scorso era il Renzi della rottamazione, quest’anno candida i rottamati. Ho sentito dire che Fassino sarà presidente dell’Assemblea».
Tutti i candidati escludono il rischio di una scissione. Lo fa apertamente ancora una volta Cuperlo: «Se Renzi diventasse segretario, lo sosterrei lealmente, ma le nostre idee resteranno in parte diverse. Il rischio scissione non lo vedo e non verrà mai da me. L’unità è un valore in cui credo profondamente».
Alessandro Trocino
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