Il Venezuela di Maduro, tra inflazione e carta igienica
Una stregonesca formula magica o un accentramento antidemocratico del potere, con il rischio di una involuzione autoritaria a cui storicamente i Paesi dell’America Latina non sono estranei? È ancora presto per dirlo; dopotutto Maduro è stato eletto per una manciata di voti appena in aprile e stenta ad acquisire la straordinaria popolarità di cui godeva il suo mentore Hugo Chavez, morto di tumore in marzo, che di questi poteri speciali aveva usufruito ben 4 volte durante i suoi 14 anni al potere. Una popolarità determinata dai frutti che il chavismo ha saputo portare nel Paese per la prima volta, con la diminuzione sistematica delle disuguaglianze sociali e l’ampliamento delle garanzie di diritti all’intera popolazione. I dati sulla riduzione della povertà, sulla scolarizzazione e sulla creazione da zero di un sistema sanitario non lasciano dubbi sull’impegno di Chavez, seppure il giudizio storico su di lui non sarà esente dal valutare i caratteri populistici che hanno accompagnato la sua azione di governo. Sarà vera gloria?
Maduro si appresta dunque a ricalcare le orme del suo predecessore alla presidenza e a governare senza consultare l’Assemblea Nazionale per 12 mesi per “controllare il mercato valutario, gli scambi commerciali e introdurre regole più rigide alle importazioni, verificare il finanziamento ai partiti e il razionamento dei beni di prima necessità”. L’approvazione della legge di concessione dei poteri è stata giustificata dal presidente dell’Assemblea Nazionale, Diosdado Cabello, “con la difesa degli interessi della popolazione, per rafforzare la lotta contro la guerra economica e la corruzione”. Inoltre essa costituirebbe a suo dire una delle ultime consegne di Chavez che “ci mise in guardia sulla guerra economica e ci disse: approvate tutte le leggi che siano necessarie per torcere il collo agli speculatori, ai riciclatori di denaro sporco, che hanno rubato tutti i Cadivi (dollari venezuelani), quelli che hanno fatto qualsiasi tipo di attività in spregio agli interessi della patria”; per questo la norma è stata approvata dal coro dei deputati rivoluzionari “Chavez vive, la lotta prosegue”, a cui hanno risposto le grida dell’opposizione durante una intensa sessione di 3 ore.
Trascendendo l’interpretazione politica data all’azione parlamentare, resta la necessità della classe dirigente venezuelana di far fronte in maniera energica e urgente alla grave situazione economica del Paese. Si stima che l’inflazione sia intorno al 54%. È già in vigore un razionamento di cibo e di altri beni di prima necessità, quali medicine, zucchero, caffè, olio: le lunghe file davanti ai supermercati alla comparsa sugli scaffali di prodotti di scarsa reperibilità sono entrate a far parte dello scenario consuetudinario dei venezuelani. La carta igienica è assurta a simbolo della scarsità di beni essenziali nel Paese, dopo che a settembre è stata predisposta l’occupazione “temporanea” di una fabbrica di carta igienica nello stato di Aragua, nel nord del Paese con l’obiettivo di “riordinare la produzione, la distribuzione e il marketing”, come ha annunciato attraverso Twitter il vicepresidente venezuelano Jorge Arreaz. Si è parlato allora addirittura di una “violazione del diritto all’accesso alla carta igienica”.
I blackout elettrici sono continui, uno di vaste proporzioni si è verificato solo lo scorso 3 dicembre. Come già in altre occasioni, Maduro ha attribuito la responsabilità dell’interruzione della fornitura dell’energia elettrica “all’opposizione fascita”. Non è la prima volta che il presidente parla di sabotaggi e di complotti, rimbalzati principalmente sui media statunitensi, parole che fanno ora temere che egli possa volgere i nuovi poteri contro il dissenso politico nel Paese. Nelle ultime settimane il governo ha intrapreso un inasprimento delle sanzioni nei confronti di coloro che sono considerati la causa della profonda crisi economica in Venezuela. Secondo il governo è infatti in atto una vera guerra economica tra le classi più ricche del Paese alleate con gli Stati Uniti da una parte, e dall’altra il governo e il popolo venezuelano. Una percezione che ha indotto all’istituzione di un “Organo per la difesa popolare dell’economia” che insieme ad altri enti, ha preso il nome di Sundecop, dedito alla regolamentazione dei prezzi e alla sanzione o all’esproprio delle aziende che rifiutano di adeguarsi alle politiche economiche statali, incluse quelle dei prezzi. Tuttavia appare evidente che la ritardata modernizzazione del sistema estrattivo del petrolio in Venezuela, che costituisce la principale fonte di valuta estera e il finanziamento di oltre il 60% del bilancio nazionale, alimenta questa crisi di sistema che si manifesta con gravi problemi di liquidità.
Le elezioni municipali in Venezuela in programma domenica 8 dicembre – i cui risultati sono attesi in queste ore – potranno fornire qualche indizio della percezione da parte dei cittadini di questi primi mesi di governo Maduro, alle prese con l’impossibile successione al “liberatore Chavez”. Invece, per quanto riguarda cause e conseguenze della crisi economica attuale, la valutazione delle responsabilità e delle reali motivazioni e composizioni delle forze in campo è ben più complessa di quanto pretenderebbero il discorso pubblico, la propaganda e le semplificazioni dei media di entrambe le fazioni. Una considerazione che oggi non riguarda soltanto il Venezuela o l’America Latina.
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