Il piano di Renzi sulla legge elettorale

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ROMA — Renzi morde il freno. Non ama i tempi lenti e tanto meno quelli morti. Ma Letta, nell’incontro che hanno avuto dopo l’elezione del sindaco a segretario del Pd, gli aveva chiesto di non muoversi sino alla fine dell’anno per consentire al governo di mandare in porto la legge di Stabilità e gli altri provvedimenti urgenti.
Ma ora che il tempo sta per scadere Renzi si prepara a sferrare la sua iniziativa. È prevista per i primi dieci giorni di gennaio. E riguarderà la riforma del Porcellum. Sarà un’iniziativa importante, promette il segretario ai pochissimi con cui ne parla. Ma la verità è che sono solo in quattro o cinque a sapere di che cosa si tratti. C’è un indizio, però. Ossia il lavorio incessante sulla materia della legge elettorale. E allora, visto che sanno tutti che il segretario ha fretta, non è poi così difficile capire di che si tratti: Renzi a gennaio presenterà la proposta di riforma elettorale del Pd. Sarà una proposta che andrà oltre l’ambito della sola maggioranza. Perché, come ha sempre detto il sindaco di Firenze, «non possiamo ripetere l’errore che venne commesso con il Porcellum. La revisione dei sistemi elettorali non si può fare a colpi di maggioranza».
Perciò in fondo in fondo questi tempi morti e la pausa festiva non sono dispiaciuti a Renzi: gli sono serviti per lavorare al suo obiettivo. Nel quartier generale del segretario le bocche sono cucite. Anzi cucitissime. Il Pd, come si sa, preferirebbe il doppio turno. E giusto l’altro giorno Alfano ha ribadito che il Nuovo centrodestra è dispostissimo a confrontarsi su questo terreno. Ma è un sistema elettorale che non piace nè a Forza Italia nè ai grillini. Gli unici fuori dell’ambito della maggioranza che potrebbero accettare il doppio turno sono i parlamentari di Sel. Anche se uno di loro, uno di quelli che sta seguendo le trattative sulla riforma, spiega: «Secondo me è un errore perché tiene in vita i partitini, però è sempre meglio di schifezze come lo spagnolo o altri pasticci proporzionalisti, quindi ci possiamo accontentare».
Il Pd versione Renzi crede che quando si cambiano le regole del gioco bisogna coinvolgere più forze possibile. E non importa se il centrodestra a suo tempo non lo fece. Non è certo un buon motivo per seguire quell’esempio, per imporre alle opposizioni un cambiamento su una materia così delicata. È per questa ragione che si sta continuando a lavorare sul «Mattarellum rafforzato», studiandone tutte le possibili varianti per riuscire a raggiungere un’intesa la più larga possibile.
Dai renziani non trapela nulla. Certo, però, è che chi conosce il segretario del Pd , dubita che un tipo come lui possa presentare una proposta senza avere in tasca già un accordo ampio. E, comunque, alla peggio, alla commissione Affari costituzionali della Camera è stato già depositato il ddl Nicoletti, firmato dai rappresentanti di tutte le diverse anime del Partito democratico, e anche da deputati di Sel.
Finisca come finisca, quello che Renzi ha capito, e non certo da ora, è che lui ha a disposizione «due, tre mesi di tempo» per «segnare una svolta nel Pd», «per imprimere un cambiamento», altrimenti «rischio di fare la fine di Walter, che con tutto che aveva stravinto le primarie, ha subìto un logoramento quotidiano». Quindi bisogna muoversi adesso. Anche sul Job act. Perciò Renzi non vuole assolutamente che il ministro Quagliariello metta bocca sui sistemi elettorali: «Lui una legge non la farebbe mai». Meglio che il governo si occupi del lavoro, «trasferendo in un decreto il Job act» che lo staff del Pd sta scrivendo.
Già con il Ncd Renzi e i suoi continuano a mantenere le distanze. Come dimostra l’ironia con cui Maria Elena Boschi commenta le aperture di Alfano a un confronto sulla riforma elettorale: «Noto che ha avuto quello che noi avvocati chiameremmo un ravvedimento operoso rispetto al Porcellum…».
Maria Teresa Meli


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