by Sergio Segio | 19 Dicembre 2013 23:00
All’incontro ha partecipato, per la terza volta quest’anno, il Presidente del Consiglio Enrico Letta, dal momento che il Pd è invitato a tutte le attività del Pse anche se non ne fa parte. Nel suo intervento Letta si è limitato a ricordare il congresso del Pse del prossimo primo marzo a Roma, in cui sarà ufficializzata la candidatura dell’attuale presidente del Parlamento europeo Martin Schulz alla guida della Commissione. Ma per il resto le discussioni dei leader dei partiti socialisti e riformisti d’Europa si sono concentrate sui temi del vertice europeo e in particolare nella proposta tedesca sui cosiddetti «accordi contrattuali», ora ribattezzati «partenariati».
L’idea, che di fatto è calibrata su misura per l’Italia, è quella di offrire agli Stati membri degli incentivi economici in cambio di impegni vincolanti sulle riforme strutturali. I leader del Pse hanno però messo in guardia «dall’introduzione di un approccio bilaterale tra Commissione e singoli Stati membri» che fino ad ora «ha bloccato la ripresa economica dell’Ue». Il successo di qualsiasi politica «sarà misurato innanzitutto sull’aumento dell’occupazione», si legge nel comunicato finale. In ogni caso il leader del Pse, il bulgaro Sergei Stanishev, ha promesso che il partito europeo «lotterà duramente per assicurare che ci sia un forte meccanismo di solidarietà per bilanciare qualsiasi obbligo economico» perché «quando i Paesi sono isolati e costretti a rispettare condizioni che sono più dure rispetto a quelle dei vicini è la gente che deve fare fronte alle conseguenze economiche. Un simile approccio aumenterà soltanto la frustrazione».
La questione dell’ingresso del Pd, che verrà affrontata da Matteo Renzi con i vertici del Pse in un incontro a Bruxelles previsto per gennaio, è stata invece discussa ieri in un colloquio tra Federica Mongherini, la nuova responsabile per l’Europa della giovane segreteria renziana, e il segretario generale del Pse, il tedesco Achim Post. «Abbiamo discusso soprattutto del messaggio e della proposta politica del Pse», ha spiegato Mongherini all’Unità, «per noi l’ingresso del Pd nel Pse è funzionale ad avere una famiglia socialista e democratica allargata, come nel gruppo al Parlamento europeo».
Dopo le elezioni europee del 2009 infatti fu proprio il Pd a chiedere che il gruppo parlamentare che riunisce le delegazioni nazionali degli eurodeputati a Strasburgo cambiasse nome da «socialisti» a «socialisti e democratici». Il partito europeo invece, distinto dal gruppo parlamentare, è fino ad oggi rimasto Pse. Ora però, ha spiegato la dirigente del Pd, «abbiamo iniziato a discutere sul messaggio politico in vista delle prossime elezioni europee, sul manifesto elettorale e sulle proposte del Parlamento per la prossima Commissione, e abbiamo anche iniziato a ragionare su come riflettere questo cambiamento e questo allargamento del Pse anche nel nome».
Del resto già oggi i partiti nazionali che si definiscono «socialisti» sono una minoranza in Europa, ha argomentato Mongherini. Nel Pse ci sono i partiti laburisti della Gran Bretagna, dell’Irlanda e dei Paesi scandinavi, ci sono i socialdemocratici tedeschi e di alcuni Paesi dell’Est e ci sono i democratici italiani. Inoltre la stessa sigla Pse viene tradotta in modo diverso nelle differenti capitali e a Berlino, ad esempio, la «s» sta per socialdemocratici.
Insomma gli argomenti per chiedere un cambio del nome dei partiti riformisti europei ci sono tutti, ma la questione «è simbolica», ha precisato la responsabile democratica per l’Europa, «per noi la cosa principale è lavorare sul messaggio politico».
L’incontro tra la dirigente Pd e il segretario generale del Pse è solo la prima tappa che dovrebbe culminare nella convention di Roma del primo mar-
zo e nell’ingresso del Pd nella famiglia europea. Al momento comunque le divergenze politiche tra socialisti europei e democratici italiani non sono molte, ha assicurato Mongherini: «C’è la consapevolezza di dover rispondere ad un sentimento profondamente anti-europeo che attraversa la nostra società e di doverlo fare non con una vaga retorica europeista ma con delle proposte che vadano ad incidere soprattutto sulle politiche per la crescita e per l’occupazione». Sul piano italiano poi, dove negli anni passati il timore di «morire socialisti» aveva causato tanti mal di pancia nel Pd, la questione sembra oramai superata. L’ingresso nel Pse, ha ricordato Mongherini, forse comporterà un passaggio in Direzione ma «è una proposta fatta da Renzi in campagna elettorale e ha già la legittimità del voto delle primarie, e del resto anche gli altri due candidati avevano proposto la stessa cosa».
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