Il lungo viaggio di tre (quasi) ragazzi

by Sergio Segio | 8 Dicembre 2013 8:43

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 GIOVANI o quasi giovani, onesti, intelligenti, non cortigiani, offrono tutti insieme l’immagine di una politica alternativa alla famosa casta. Rappresentano per molti un pezzo della classe dirigente che l’Italia avrebbe dovuto scegliersi già vent’anni fa, dopo la catastrofe morale e culturale di Tangentopoli, e non abbiamo avuto l’opportunità e il coraggio di scegliere. Assomigliano ai nuovi gruppi dirigenti riformisti che in giro per l’Europa in questi anni prendevano il posto dei vecchi, nel normale ciclo della politica,
mentre in Italia tutto era bloccato e la nomenklatura del centrosinistra era immutabile, inossidabile alle sconfitte, agli errori, alle complicità evidenti col berlusconismo imperante. Simul stabunt, simul cadent. Com’era prevedibile, il rinnovamento della sinistra è partito quando Berlusconi si è avviato al tramonto. Poi, certo, sono diversi per stile, linguaggio, prospettive.
DA OUTSIDER A FAVORITO
Matteo Renzi aveva il compito più difficile, l’outsider diventato favoritissimo, ma l’ha svolto assai bene. Non ha mai ceduto alla tentazione di rispondere per le rime alle critiche, anche molto pesanti, partite da Cuperlo e Civati, ed è entrato in polemica soltanto
con pezzi di vecchio apparato. In particolare, con Massimo D’Alema, al quale avrebbe dovuto fare un monumento già dai tempi delle primarie per il candidato sindaco di Firenze.
Si è liberato della consulenza di Giorgio Gori, un grande equivoco. Lo rendeva simpatico a destra e indigesto al popolo di sinistra, quello che va a votare alle primarie. Rimane però l’unico leader nella storia della sinistra italiana, con l’eccezione di Prodi, capace di parlare all’intero elettorato e non soltanto alla base progressista, storicamente minoritaria dal Dopoguerra, quindi l’unico che può vincere. I suoi punti forti trasversali sono il taglio dei costi della politica e il ritorno a una politica che faccia accadere le cose. Il governo Letta, non facendo né l’una né l’altra cosa, gli ha dato una bella mano. Il punto debole è il programma economico, molto vago nei fondamentali. È il più televisivo dei candidati, che significa il più sveglio, non necessariamente il più profondo, ma in un Paese ipnotizzato dalla televisione si tratta di una qualità decisiva. Il difficile per lui arriva dal 9 dicembre e infatti parla come se avesse già vinto. A volte si tratta di una buona tattica, a volte no, soprattutto se bisogna convincere i cittadini ad andare a votare in massa per non svilire il risultato finale.
ETICA E NOMENKLATURA
Gianni Cuperlo è il più intellettuale dei tre, un pesante handicap che l’interessato non ha fatto nulla per correggere in corsa. L’altro handicap, ancora più pesante, è l’appoggio della nomenklatura quasi al completo, tranne alcuni già saltati sul carro di Renzi. A parte questo, scrive cose meravigliose sulla missione di una sinistra moderna, che non legge quasi nessuno. È ammirevole e anche simpatico nel suo ostinato rifiuto di ogni forma di demagogia. Identifica molto bene un considerevole pezzo di popolo della sinistra che conserva una passione genuina per la politica e saldi valori etici. Questo sarebbe un vantaggio se lo stesso pezzo di sinistra «cuperliana» non fosse fin troppo consapevole di essere minoritario da sempre nel Paese, come del resto lo è lo stesso Cuperlo. Il ragionamento che scatta è fatale: se voto uno che assomiglia a me, non vinceremo mai.
IL CORAGGIO DELLA RETE
Pippo Civati è stato la sorpresa della campagna per le primarie, almeno per chi lo conosce.
Chi lo conosce, gli aveva consigliato di candidarsi già nel 2009, da terzo incomodo contro Bersani e Franceschini, al posto di Ignazio Marino, che poi sfruttò bene l’occasione. L’avesse fatto, oggi sarebbe forse il favorito. Civati rinunciò e poi si alleò con Renzi nel progetto della rottamazione, ma anche lì senza arrivare fino in fondo. È la dimostrazione vivente che il coraggio, se uno non ce l’ha, se lo può dare. Civati se l’è dato nell’ultima parte della campagna per le primarie, quando aveva già perso, e ha tirato fuori il meglio di sé: brillante, dotato di sense of humour, molto innovativo. È bravo a stare davanti alle telecamere come Renzi, ma ha letto anche il secondo libro del Capitale di Marx come Cuperlo. Ha il vantaggio non trascurabile, come ha dimostrato il fenomeno Grillo, di usare meglio degli avversari la Rete. In ogni caso, sarà un’ottima risorsa per il futuro del Pd.
A questo punto la parola è agli elettori delle primarie. Vinca il migliore, dicevano una volta i cronisti sportivi. E il grande Nereo Rocco rispondeva sempre: «Speriamo di no».

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