Il leader pd vuole allargare il perimetro

by Sergio Segio | 13 Dicembre 2013 7:19

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ROMA — È toccato a Enrico Letta tranquillizzare il Nuovo centrodestra in fibrillazione per la prima mossa del Pd versione Renzi che è riuscito a far spostare la legge elettorale dal Senato alla Camera. Il premier ha assicurato agli alleati di avere un accordo preciso con il neosegretario, precisando che la proposta di riforma elettorale verrà discussa nell’ambito delle forze della maggioranza, mediando tra le varie anime. A suo giudizio Renzi non ha intenzione alcuna di resuscitare Berlusconi coinvolgendolo al tavolo delle riforme.
Insomma, Letta, per placare gli animi e fugare le ansie, ha dovuto spiegare che in realtà il passaggio dell’esame della legge elettorale dal Senato alla Camera è un fatto positivo perché a palazzo Madama si rischiava l’impantanamento. Il presidente del Consiglio ha una sua giustificazione anche per il movimentismo del nuovo leader del Pd. Secondo il premier per Renzi le europee rappresentano il primo test importante per il nuovo corso del Partito democratico targato Renzi e il segretario non può affrontare quell’appuntamento presentandosi titubante proprio su uno dei primi punti all’ordine del giorno del programma che ha presentato nella campagna per le primarie.
La vicenda ufficialmente si chiude con uno scambio di comunicati tra Franceschini e Quagliariello. Ma la realtà è un po’ più complessa. E la vittoria di Renzi che è riuscito a far spostare la legge elettorale, in realtà è solo il primo passo di una battaglia a più riprese. Se sia Franceschini che Letta assicurano Alfano e Quagliariello che il segretario del Pd si muoverà solo nel perimetro della maggioranza di governo, il sindaco pronuncia parole che non coincidono perfettamente con quelle del presidente del Consiglio e del ministro per i Rapporti con il Parlamento.
Ecco il Renzi-pensiero, espresso a chiare lettere a più di un parlamentare del suo partito: «Il problema non è il modello elettorale, questa è una tecnicalità, l’importante è che vi sia una legge maggioritaria che mantenga il bipolarismo e consenta di governare a chi ha vinto. Ciò detto, se si vuole cambiare solo nell’ambito dell’attuale maggioranza, o, meglio, in un perimetro che va dall’attuale maggioranza a Italia Bene comune, allora bisogna procedere celermente, sennò interloquiamo con le altre forze politiche». E questo ragionamento contiene una notizia e un aggiustamento di tiro rispetto alle parole di Letta e Franceschini. La notizia è che il segretario intende coinvolgere da subito anche Sel nel lavoro sulla riforma elettorale. E chissà se questo farà piacere al Nuovo centrodestra.
L’aggiustamento di tiro, invece, non è una novità: come ha già avuto modo di ripetere sia al presidente del Consiglio che al capo dello Stato Renzi auspica un accordo con la maggioranza, ma non vuole che Alfano imponga «veti» o che mandi «le cose per le lunghe» per poi non fare niente e tenersi la legge che emerge dalla sentenza della consulta, che «è proporzionale e ci riporta alla Prima repubblica». E per rafforzare la sua posizione quando andrà alla trattativa con gli altri il segretario farà votare domenica la sua relazione dall’Assemblea nazionale, in cui vi sarà anche il punto della riforma elettorale.
Il ministro Quagliariello, comunque, continua a non fidarsi troppo del leader del Pd: «Le riforme elettorali e istituzionali sono urgenti e, come afferma Letta, vanno affrontate dal governo e dalla maggioranza, solo dopo l’accordo può essere allargato alle altre forze. Quindi è inspiegabile questo nervosismo di Renzi. Non vorrei che tradisca l’inconfessabile tentazione di fare solo qualche ritocco elettorale per andare a votare subito, buttando alle ortiche il monocameralismo e la riduzione del numero dei parlamentari». Il segretario del Pd contraccambia la sfiducia e teme che al Senato il Ncd e altre forze politiche tenteranno di far impantanare la riforma per il monocameralismo.
Maria Teresa Meli

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