Il futuro secondo Al

by Sergio Segio | 17 Dicembre 2013 8:28

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NEW YORK. «Le vostre riforme politiche e le riforme del capitalismo devono procedere di pari passo. L’Italia ha bisogno di cambiare in profondità il suo mercato dei capitali. Sia l’Italia che gli Stati Uniti oggi devono puntare sulle nuove tecnologie verdi, per affrontare l’ineluttabile sfida con il cambiamento climatico». Al Gore mi parla del suo nuovo libro, Il mondo che viene. Sei sfide per il nostro futuro (in uscita da Rizzoli). Non si sottrae alle domande su di noi e sulla crisi dell’eurozona: «Occorre che l’integrazione europea aiuti anche il Sud, oltre al Nord dell’Europa, attraverso una maggiore circolazione di capitali».
Il suo libro esce in Italia in un momento in cui l’orizzonte è ben diverso da quello degli Stati Uniti. Non c’è crescita, la disoccupazione è ai massimi. Lei che è un esperto conoscitore della Silicon Valley, la regione più dinamica d’America e del mondo, quali consigli darebbe per la ripresa europea e italiana?
«Anche noi americani abbiamo i nostri problemi: anche qui da noi c’è un capitalismo che invade la sfera politica, qui lo fa in particolare per difendere gli interessi della lobby “carbonica”. L’Italia secondo me ha bisogno di riformare in profondità il suo mercato dei capitali. Siete fortunati ad avere Mario Draghi alla guida della Banca centrale europea: lui vi ha “guadagnato” il tempo per fare le riforme. Io spero che in questo momento si stia innescando un’accelerazione nel cambiamento: in Italia così come in Germania».

 

Imprenditore dell’ambiente. Guru dei nuovi media.
Fustigatore della democrazia malata di denaro e assediata dalle lobby. Abile businessman, visionario del venture capital, consulente strategico di mezza Silicon Valley. Non sai davvero quale definizione descriva meglio la “seconda vita” (o la terza?) di Al Gore. Lui nella sua biografia mette oggi al primo posto l’incarico di presidente del Climate Reality Project, la sua ong non-profit che combatte per svegliare le opinioni pubbliche e le classi dirigenti del pianeta di fronte alle minacce del cambiamento climatico. Ma Gore ha due o tre mestieri e missioni che svolge in parallelo, ha una curiosità intellettuale e un ingegno fuori del comune. Mentre lo intervisto sul suo nuovo libro, ripercorro le ultime tappe della sua carriera. Il premio Nobel per la pace, ottenuto nel 2007 come riconoscimento della sua battaglia ambientalista, e l’Oscar per il documentario Una verità scomoda, sembrano già lontani. Dopo quei due successi c’è stato ben altro. Per esempio l’affare di Current Tv,
il network digitale che Gore ha venduto quest’anno agli arabi di Al Jazeera per 784 milioni di dollari. C’è il ruolo di Gore nel consiglio di amministrazione di Apple dopo essere stato amico e consigliere dei fondatori di Google, Larry Page e Sergey Brin. Ci sono le sue attività nel venture capital con una società d’investimento tra le più celebri in California (Kleiner Perkins). In un paese dove accumulare denaro è considerato un segno sicuro di valore personale — anche a sinistra… — Gore ha passato questo esame con successo: sia perché fu uno dei primi politici ad appassionarsi dell’economia digitale, sia per le sue intuizioni sulla Green Economy.
Oggi la rivista Forbes certifica che con i suoi investimenti è diventato più ricco di Mitt Romney, il finanziere repubblicano che sfidò Barack Obama per la corsa alla Casa Bianca nel 2012. Già, la Casa Bianca… Va dato atto all’ex vicepresidente di Bill Clinton di non avere mai finto indifferenza, mai minimizzato o “rimosso” il trauma di quell’elezione rubata: quando vinse la maggioranza dei consensi popolari contro George W. Bush nel novembre 2000, ma al conteggio dei “voti elettorali” una controversa sentenza della Corte suprema diede la vittoria al repubblicano. La storia, dall’11 settembre alle guerre in Iraq e Afghanistan, poteva imboccare una strada diversa. Gore, contraddicendo gli stereotipi che 13 anni fa lo descrivevano come superbo e saccente, troppo sicuro di sé, ha un umorismo auto-ironico. Lo aiuta a convivere con l’ombra del suo passato. Si diverte a definire se stesso: «Io ero il futuro presidente degli Stati Uniti». Non nasconde che quella sentenza che spaccò la Corte suprema «fu un’esperienza incredibilmente dolorosa, devastante ». Per risollevarsi e rinascere, lo ha aiutato quel verso dell’Ecclesiaste che ama citare: «Quasiasi cosa la tua mano trovi da fare, che la faccia con forza». Non rinnega la sua prima passione: «Non ho mai detto che il business mi piace più della politica».
Quando pensa che sia il suo dovere, sa ancora scendere in campo con durezza. Lo ha fatto di recente, per accusare Obama: «Questo presidente non ha saputo usare la sua posizione e la sua autorevolezza per difendere la necessità di azioni coraggiose» contro le emissioni di CO2. Ha saputo superare anche una traversia personale dolorosa, il divorzio da Tipper, la fine di quella che era stata una coppia modello tra i politici americani. E in quanto a reinventarsi di continuo, è di poche settimane fa l’annuncio della sua conversione alla dieta vegan, la forma più radicale e purista dell’alimentazione vegetariana, la più “sostenibile” perché escludendo le calorie animali minimizza il consumo di risorse naturali. Nel nuovo libro non parla solo di ambiente, ma disegna scenari a 360 gradi, si cimenta con una visione organica delle sfide future del pianeta. Evoca la nascita di una “Terra S. p. a” come conseguenza della globalizzazione che sconvolge i ruoli tradizionali dei governi, le relazioni tra capitale e lavoro. Definisce “la Mente Globale”, la nuova rete che fa interagire pensieri ed emozioni di miliardi di persone, macchine, banche dati. S’interroga sul declino dell’egemonia americana. Passa in rassegna le prossime rivoluzioni tecnologiche della genomica e delle neuroscienze. Denuncia un modello di crescita economica che riparte ancora una volta sulle basi sbagliate: consumismo insostenibile, esaurimento delle risorse naturali. E tuttavia non è un saggio apocalittico, anzi ha un fondo di ottimismo, la stessa energia positiva che guida le scelte del Gore- imprenditore sociale.
La Mente Globale, di cui le sottolinea le potenzialità liberatrici, di recente ci ha riservato delusioni. Le primavere arabe, per esempio, ma anche certi movimenti di protesta nei paesi più sviluppati, indicano che i social network possono anche aprire la strada a ideologie estremiste, fanatiche.
«Questo rischio esiste, ma è inferiore alle potenzialità positive. Proprio come accadde con l’invenzione della stampa all’epoca di Gutenberg, anche la Mente Globale di Internet abbassa le barriere di entrata nell’universo dell’informazione, della cultura e della comunicazione. Più dei rischi io vedo le opportunità, che sono superiori rispetto all’era in cui dominavano la tv e la radio».
Già all’epoca della creazione di Current-tv lei aveva intuito un vero e proprio cambio di paradigma nel mondo televisivo: un’intuizione non banale, nell’era pre-YouTube. Per gli italiani forse il fenomeno arriva in ritardo sugli Stati Uniti, ma anche nel paese di Silvio Berlusconi i network tv di tipo tradizionale perdono terreno.
«Quei mass media erano intrinsecamente vulnerabili al ruolo dei “guardiani del cancello”, i potentati che potevano controllare l’accesso dell’opinione pubblica all’informazione. Con Internet le opzioni sono diventate molto più vaste, e con esse le opportunità di un dialogo utile, che faccia avanzare la ragione e la logica».
Parliamo ancora di ambiente. Gli Stati Uniti stanno vivendo una nuova Bengodi energetica, con tecnologie come il fracking
e le trivellazioni orizzontali, che vi consentono di sfruttare giacimenti di petrolio e gas un tempo inutilizzati. Mentre si avvicina il sogno di un’autosufficienza energetica, non c’è il rischio che l’opinione pubblica americana dimentichi l’emergenza del cambiamento climatico?
«Madre Natura non ci consentirà simili dimenticanze, anzi ci costringerà a diventare sempre più consapevoli dei pericoli. Le catastrofi naturali si moltiplicano, legate a eventi climatici estremi. La forza delle cose, spinge verso una maggiore consapevolezza della necessità di ridurre le emissioni carboniche. Il cosiddetto shale gaso shale oil (gas naturale e petrolio estratti dalle sabbie con la tecnologia del fracking, ndr) è una fortuna solo a metà. Nel breve termine, l’abbondante disponibilità di gas naturale può accompagnarci in una transizione verso le energie rinnovabili».
In che senso?
«Il gas, se usato nelle centrali termoelettriche, genera solo il 2% delle emissioni di CO2 rispetto al carbone. Ma il suo costo aumenterà, via via che gli Stati Uniti cominceranno a esportare il loro gas verso l’Asia, dove potrà sostituire il carbone. Anche per questo motivo, io prevedo che nell’arco di sette anni in certe aree diventerà meno costoso generare corrente elettrica con le fonti rinnovabili anziché col gas.
La transizione verso le rinnovabili diventerà sempre più rapida ».
La vendita di Current Tv ad Al Jazeera ha suscitato reazioni di segno diverso. Qualcuno ha criticato la sua decisione di fare affari con il governo del Qatar. Altri si chiedono se non sia iniziata così un’invasione straniera nel panorama dei media americani.
«Può darsi che sia l’inizio di un trend.
Al Jazeera però è abbastanza unica. Hanno dimostrato una notevole indipendenza e professionalità La loro filiale Al Jazeera America fa del giornalismo di qualità, non ideologizzato. Penso che continueranno a investire e a rafforzarsi nel nostro paese».

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