Forconi a Roma, il caso antisemitismo

by Sergio Segio | 14 Dicembre 2013 8:16

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ROMA — Travolti dalla popolarità, seguiti a ogni passo da microfoni e telecamere, i coordinatori del movimento «9 dicembre 2013», meglio noto come i Forconi d’Italia, ora si preparano al grande appuntamento. La prova di forza, o meglio la prova del nove, che servirà a fare chiarezza sull’effettiva consistenza del movimento, ci sarà tra pochi giorni, forse mercoledì 18 dicembre, a Roma. Sembra questa la data prescelta, ma le trattative con la Questura e la Prefettura sono in corso e manca ancora l’ufficialità.
Ieri, al vertice convocato al Viminale dal ministro Angelino Alfano con i responsabili delle forze dell’ordine per analizzare lo stato delle proteste, ha partecipato anche il direttore di Equitalia, Attilio Befera, considerando le minacce via Internet arrivate a funzionari e dirigenti dell’agenzia di riscossione.
Di sicuro, comunque, la marcia su Roma non ci sarà. E così pure niente cortei per le strade della Capitale, chiarisce Gaetano Montico, l’addetto alla comunicazione dei Forconi. «Troppo rischioso, vogliamo evitare le infiltrazioni violente dei giorni scorsi», spiega l’addetto stampa. Sarà piuttosto — almeno nelle intenzioni — un gigantesco happening, con l’arrivo a Roma della gente che forma gli oltre cento presidi permanenti in tutt’Italia (la mappa aggiornata è sul sito ufficiale www.9dicembre2013).
Per una location d’effetto si sta pensando all’immensa spianata di Tor Vergata, dove il 19 agosto del 2000 Giovanni Paolo II davanti a due milioni e mezzo di giovani celebrò la veglia di preghiera della Gmg del Grande Giubileo, pronunciando parole passate alla storia: «Se sarete quello che dovete essere, incendierete il mondo». Ecco, fatte le debite proporzioni, anche Mariano Ferro (il leader dei Forconi siciliani) Lucio Chiavegato, Renzo Erbisti e Giovanni Zanon (questi ultimi protagonisti della rivolta del Nordest)vorrebbero riuscire a rinfocolare gli animi.
Di certo, tutti in coro ieri hanno preso le distanze da Andrea Zunino, portavoce torinese del movimento, che in un’intervista al quotidiano La Repubblica si è scagliato contro i banchieri ebrei, «colpevoli» di rendere «schiava» l’Italia. Parole che hanno provocato la reazione sdegnata del presidente dell’Unione delle comunità ebraiche italiane, Renzo Gattegna («Affermazioni deliranti») ma anche del premier Enrico Letta («Ho sentito delle frasi antisemite vergognose»). Il Forcone siciliano Mariano Ferro ha parlato di «frasi da malato mentale».
I Forconi d’Italia («otto milioni d’italiani sono con noi», scommette Montico) sognano ora d’incontrare Giorgio Napolitano (al governo, invece, chiedono solo le dimissioni) e si dicono pronti a forme estreme di protesta, al grido di «la fame al Sud è uguale a quella del Nord»: dal boicottaggio delle banche («Ritiriamo tutti i nostri risparmi, chiudiamo i conti correnti») a quello di Eni-Agip («Contro il prezzo assurdo del gasolio che strangola i Tir»), fino alla riconsegna delle carte d’identità e dei passaporti a Comuni e Prefetture («Se continua così, ci dimettiamo da cittadini»). La prova del nove comunque è vicina.
Fabrizio Caccia

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