EUROZONA, MEDITERRANEO E BALCANI LE TRE CRISI CHE ACCERCHIANO L’ITALIA

by Sergio Segio | 3 Dicembre 2013 10:13

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Sarà l’afflato ecumenico che ci anima da un paio di millenni, da quando Pietro volle porre a Roma la sede della Chiesa universale. O forse l’atavico campanilismo che ci negherebbe il diritto di sentirci nazione. Fatto è che scienza e prassi internazionalistica in Italia continuano a distinguersi dalle altrui per la pretesa di neutralità. Con ciò contagiando anche i leader politici. Sicché il nostro faro fluttua nella Via Lattea. Le nostre carte mentali sono senza data e senza luogo, come certi libri rari. Ciò inclina, fra l’altro, all’incomunicabilità con analisti e decisori di altri paesi, non solo anglosassoni, educati a studiare il mondo dalla prospettiva nazionale, iuxta propria principia. I quali stentano a capire chi siamo e cosa vogliamo, visto che in materia preferiamo non esporci.
Sebastiano Vassalli ha reso in forma di apologo lo strenuo diniego di noi stessi: «Il giorno del Giudizio Universale, Dio chiamò a sé tutti gli uomini del mondo, con le rispettive consorti. Chiamò l’Inglese e l’Inglese rispose “Eccomi!”. Chiamò il Cinese e il Cinese rispose: “Sono qui!”». L’Onnipotente proseguì l’appello rivolgendosi a tutti i popoli del Creato, i quali tutti risposero “Presente!” nella propria lingua. E assegnò loro un posto in Purgatorio, nessuno essendo abbastanza buono o cattivo da meritarsi Paradiso o Inferno. «Poi Dio chiamò l’Italiano, ma non ebbe risposta. “Cosa può essergli successo, — si chiese, — perché l’Italiano sia assente?” Tornò a chiamarlo. Allora l’Italiano, vedendo che tutti si erano voltati verso di lui e lo stavano guardando, spalancò gli occhi e si mise una mano sul petto. Domandò: “Chi, io?”».
Il «Chi, io?» di Vassalli rende il prevalente approccio italiano al prossimo. Sanziona la nostra vocazione all’irresponsabilità. (…) L’Italia si trova oggi nell’occhio del ciclone prodotto da tre crisi: Eurozona, Grande Mediterraneo e Balcani. Tali crisi sono intrecciate e distinte. L’europea e la grande-mediterranea, entrambe in fase acuta, hanno un impatto globale. La balcanica, in molto artificiosa sedazione, tende ad autocontenersi: non riguarda il resto del pianeta a meno di non estendersi alla Russia. Il combinato disposto delle tre crisi impatta sul nostro paese e ne scuote le radici. La prima ci inchioda al piano inclinato della deflazione o ci invita al salto senza rete della fuoriuscita dall’euro. Le altre, massime il grande tsunami sul fronte Sud, premono anzitutto sulla nostra tenuta istituzionale e sociale, in definitiva sulla sicurezza nazionale.
Non stupisce quindi che i media tedeschi, francesi e anglosassoni ci profilino come failing State o, peggio, failing society.
Il verdetto è prematuro. (…) Se sommiamo la criticità della nostra condizione alle responsabilità che ci derivano dal possedere dimensioni sistemiche nell’Eurozona, comprendiamo l’improvviso interesse che il caso Italia suscita nei mercati e nelle cancellerie di rango. Dopo averci archiviato come fixed,persino Washington torna a preoccuparsi di noi, con mezzi e intensità comunque residuali rispetto ai decenni del semiprotettorato a stelle e strisce, quando l’ombrello americano proteggeva un invidiabile grado di benessere e certe piccole libertà geopolitiche che oggi ci paiono negate o che vogliamo negarci. Nell’Occidente di Bond eravamo una risorsa per gli alleati, nel mondo di nessuno siamo un problema per tutti.

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EUROZONA, MEDITERRANEO E BALCANI LE TRE CRISI CHE ACCERCHIANO L’ITALIA

by Sergio Segio | 3 Dicembre 2013 10:13

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Sarà l’afflato ecumenico che ci anima da un paio di millenni, da quando Pietro volle porre a Roma la sede della Chiesa universale. O forse l’atavico campanilismo che ci negherebbe il diritto di sentirci nazione. Fatto è che scienza e prassi internazionalistica in Italia continuano a distinguersi dalle altrui per la pretesa di neutralità. Con ciò contagiando anche i leader politici. Sicché il nostro faro fluttua nella Via Lattea. Le nostre carte mentali sono senza data e senza luogo, come certi libri rari. Ciò inclina, fra l’altro, all’incomunicabilità con analisti e decisori di altri paesi, non solo anglosassoni, educati a studiare il mondo dalla prospettiva nazionale, iuxta propria principia. I quali stentano a capire chi siamo e cosa vogliamo, visto che in materia preferiamo non esporci.
Sebastiano Vassalli ha reso in forma di apologo lo strenuo diniego di noi stessi: «Il giorno del Giudizio Universale, Dio chiamò a sé tutti gli uomini del mondo, con le rispettive consorti. Chiamò l’Inglese e l’Inglese rispose “Eccomi!”. Chiamò il Cinese e il Cinese rispose: “Sono qui!”». L’Onnipotente proseguì l’appello rivolgendosi a tutti i popoli del Creato, i quali tutti risposero “Presente!” nella propria lingua. E assegnò loro un posto in Purgatorio, nessuno essendo abbastanza buono o cattivo da meritarsi Paradiso o Inferno. «Poi Dio chiamò l’Italiano, ma non ebbe risposta. “Cosa può essergli successo, — si chiese, — perché l’Italiano sia assente?” Tornò a chiamarlo. Allora l’Italiano, vedendo che tutti si erano voltati verso di lui e lo stavano guardando, spalancò gli occhi e si mise una mano sul petto. Domandò: “Chi, io?”».
Il «Chi, io?» di Vassalli rende il prevalente approccio italiano al prossimo. Sanziona la nostra vocazione all’irresponsabilità. (…) L’Italia si trova oggi nell’occhio del ciclone prodotto da tre crisi: Eurozona, Grande Mediterraneo e Balcani. Tali crisi sono intrecciate e distinte. L’europea e la grande-mediterranea, entrambe in fase acuta, hanno un impatto globale. La balcanica, in molto artificiosa sedazione, tende ad autocontenersi: non riguarda il resto del pianeta a meno di non estendersi alla Russia. Il combinato disposto delle tre crisi impatta sul nostro paese e ne scuote le radici. La prima ci inchioda al piano inclinato della deflazione o ci invita al salto senza rete della fuoriuscita dall’euro. Le altre, massime il grande tsunami sul fronte Sud, premono anzitutto sulla nostra tenuta istituzionale e sociale, in definitiva sulla sicurezza nazionale.
Non stupisce quindi che i media tedeschi, francesi e anglosassoni ci profilino come failing State o, peggio, failing society.
Il verdetto è prematuro. (…) Se sommiamo la criticità della nostra condizione alle responsabilità che ci derivano dal possedere dimensioni sistemiche nell’Eurozona, comprendiamo l’improvviso interesse che il caso Italia suscita nei mercati e nelle cancellerie di rango. Dopo averci archiviato come fixed,persino Washington torna a preoccuparsi di noi, con mezzi e intensità comunque residuali rispetto ai decenni del semiprotettorato a stelle e strisce, quando l’ombrello americano proteggeva un invidiabile grado di benessere e certe piccole libertà geopolitiche che oggi ci paiono negate o che vogliamo negarci. Nell’Occidente di Bond eravamo una risorsa per gli alleati, nel mondo di nessuno siamo un problema per tutti.

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