Dossier sull’integrazione La Francia ripensa il modello repubblicano
PARIGI — A infastidire molti, prima di tutto, è il tono tra il burocratico e il sognante, a colpi di «vivere insieme egalitario», «produzione di possibili», «identificazione con un Noi inclusivo», «fare dell’“in comune”».
Poi ci sono le proposte concrete, contenute nei cinque capitoli del rapporto sull’integrazione consegnato al premier Jean-Marc Ayrault e messo online così com’è sul sito del primo ministro, come a convalidare e fare propri i consigli degli esperti. Che sono: «riconoscere la dimensione arabo-orientale dell’identità della Francia», «valorizzare l’insegnamento dell’arabo», «insegnare a scuola una lingua africana» e «sopprimere le disposizioni scolastiche discriminatorie, in particolare riguardo al velo».
In sostanza, il rapporto chiesto e pubblicato dal primo ministro come «base di discussione» è una marcia indietro clamorosa, la cancellazione di un decennio di politica di integrazione (la legge che proibisce il velo a scuola risale al marzo 2004), l’addio al modello francese dell’assimilazione, e invece l’apertura verso l’impostazione anglosassone (dalla Gran Bretagna al Canada) del multiculturalismo. Meglio abbandonare la pretesa di diventare tutti francesi allo stesso modo (assimilazione), e riconoscere piuttosto la diversità delle culture distinte che compongono la società francese (multiculturalismo). Anche se il modello anglosassone è ugualmente in crisi e sottoposto a ripensamenti pure a Londra, nel luogo che lo ha inventato.
Ad accorgersi che il rapporto sulla «rifondazione della politica di integrazione» era pubblicato sul sito di Matignon è stato il quotidiano tradizionalmente più schierato contro il governo e la sinistra, il Figaro , che ieri alla questione ha dedicato la prima pagina innescando una polemica molto violenta.
Nei giorni in cui uno dei maggiori successi in libreria è «L’identità infelice» di Alain Finkielkraut, tutto orgoglio europeo e difesa della République tradizionale, l’appello a «riconoscere l’identità arabo-orientale della Francia» è suonato imbarazzante a sinistra, e insultante a destra. Il premier Ayrault, che in un primo tempo aveva lodato «la grande qualità del lavoro», è corso a precisare che «il fatto di ricevere dei rapporti non significa che essi rappresentino le idee del governo», e ha aggiunto che «il governo non vuole affatto reintrodurre i segni religiosi nelle scuole».
L’opposizione è scatenata: il segretario dell’Ump Jean-François Copé parla di «Repubblica in pericolo», l’ex premier François Fillon critica un rapporto che «divide i francesi, alimenta tutti gli estremismi, risponde alla logica di una nazione mosaico e divisa in comunità». Dal Brasile, dove è in visita, un presidente Hollande irritato con il suo premier ha assicurato che quel testo «non è la posizione del governo».
Ma la nuova gaffe ai vertici delle istituzioni riattiva anche cervellotiche eppure antiche dietrologie.
L’Ump sospetta che il pasticcio non sia affatto involontario; piuttosto, cercato consapevolmente dai socialisti per scatenare una reazione nazionalista, sulla base della machiavellica lezione di François Mitterrand: più voti al Front National significano destra divisa, e sinistra forte.
Stefano Montefiori
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