Betlemme, Natale all’ombra del Muro

by Sergio Segio | 25 Dicembre 2013 10:22

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«Ho lavo­rato in nume­rosi siti archeo­lo­gici, tante chiese e luo­ghi di culto cri­stiani. Eppure il restauro della Chiesa della Nati­vità di Betlemme mi pro­cura un’emozione par­ti­co­lare. E’ come attra­ver­sare quasi due­mila anni di sto­ria, non solo cri­stiana ma di una intera regione del mondo». L’architetto Mar­cello Pia­centi ha il sor­riso sulla bocca men­tre osserva gli uomini della sua squa­dra di restau­ra­tori impe­gnati a ripa­rare la Chiesa che custo­di­sce, secondo la tra­di­zione cri­stiana, il luogo dove era pog­giata la man­gia­toia che fece da culla al neo­nato Gesù. «I lavori di restauro – ci spiega — si sono resi neces­sari per i danni cau­sati dalle infil­tra­zioni d’acqua pio­vana dal tetto (del 1478) al legno sot­to­stante, alle pareti e ai mosaici della strut­tura», aggiunge Pia­centi. «Lavo­riamo già da alcuni mesi e ne occor­re­ranno degli altri per ter­mi­nare i lavori ma pre­sto la Chiesa della Nati­vità tor­nerà al suo splen­dore», aggiunge l’architetto ita­liano che poi ci saluta e torna sul tetto. La chiesa sarà pronta per la visita in Terra Santa (il 25 e 26 mag­gio 2014) di Papa Fran­ce­sco.
I lavori della ditta Pia­centi (di Prato) sono pagati dall’Autorità nazio­nale pale­sti­nese (Anp), inter­ve­nuta con un pro­prio finan­zia­mento di fronte alle (seco­lari) riva­lità tra le chiese cri­stiane che “ammi­ni­strano” la Nati­vità e che non hanno saputo tro­vare un com­pro­messo per avviare lavori di restauro non più rin­via­bili. E’ con­si­de­re­vole l’impegno eco­no­mico a Betlemme della squat­tri­nata Anp. Impe­gno com­pren­si­bile se si con­si­dera che stiamo par­lando della città che, assieme a Geru­sa­lemme, è la più impor­tante per la cri­stia­nità. Eppure tanto sforzo non rie­sce a far decol­lare Betlemme, poten­zial­mente in grado di spic­care il volo e che invece resta una città in gab­bia, pri­gio­niera come il resto dei Ter­ri­tori occu­pati pale­sti­nesi. Nono­stante i riguardi che le auto­rità israe­liane affer­mano di avere per la culla del Cri­stia­ne­simo.
Pas­sano gli anni e a Natale, pun­tual­mente, i gior­na­li­sti di mezzo mondo si ritro­vano a scri­vere l’abituale pezzo su Betlemme: la calma rela­tiva (si fa per dire) favo­ri­sce la cre­scita del turi­smo dopo gli “anni bui” del primo decen­nio del mil­len­nio, la città respira, l’atmosfera è “diversa” dal pas­sato. E’ dav­vero così? Non pro­prio e la dura realtà ha un nome ben pre­ciso: Muro di sepa­ra­zione. Sino a quando ci sarà la bar­riera di cemento costruita da Israele intorno a Betlemme e in Cisgior­da­nia, sino a quando le forze di occu­pa­zione mili­tare con­ti­nue­ranno a deci­dere chi entra e chi esce dalla città, lo svi­luppo eco­no­mico e turi­stico sarà illu­so­rio. Lo spiega pro­prio Vera Baboun, primo sin­daco donna della città: «Quest’anno abbiamo alle­stito l’albero di Natale in Piazza della Man­gia­toia con diversi giorni di anti­cipo rispetto agli anni pre­ce­denti, abbiamo avviato l’iniziativa ‘Vieni a casa per Natale’ che invita a giro­va­gare per il cen­tro sto­rico e i vicoli della città. Il numero dei turi­sti è in aumento ma resta lar­ga­mente sotto alle nostre poten­zia­lità».
Accanto all’enorme albero di Natale scam­biamo qual­che bat­tuta con un gruppo di turi­sti nige­riani cri­stiani. E’ la prima volta che visi­tano la Pale­stina e ne sono entu­sia­sti. Anche loro hanno notato l’ingombrante pre­senza del Muro e subito i con­trolli delle forze mili­tari israe­liane al valico tra Betlemme e Geru­sa­lemme. «(Gli israe­liani) Hanno comin­ciato a farci tante domande: per­ché siete qui, da dove venite, per­ché avete scelto Betlemme?… Ma noi siamo solo dei turi­sti che vogliono vedere dove è nato Gesù», dice Jewel Gob, la “por­ta­voce” della comi­tiva. Un rac­conto che stride con le affer­ma­zioni ras­si­cu­ranti del mini­stro del turi­smo di Israele, Uzi Lan­dau: «Fac­ciamo tutto il pos­si­bile affin­chè i cri­stiani pos­sono visi­tare i luo­ghi sacri». La sua col­lega pale­sti­nese, Rola Maa­yah, vede nella bar­riera di cemento armato costruita da Israele a par­tire dal 2002 – uffi­cial­mente per “ragioni di sicu­rezza” — l’ostacolo cen­trale allo svi­luppo del turi­smo in Cisgior­da­nia. «Betlemme, una delle nostre prin­ci­pali attra­zioni, è tenuta sotto pres­sione da 27 inse­dia­menti colo­nici israe­liani. Come risul­tato, siamo cir­con­dati da mura, recin­zioni e posti di con­trollo che non inco­rag­giano i turi­sti. Certo, c’è stato con un aumento del 18 nel numero di visi­ta­tori in Pale­stina nel 2012 ma potremmo atti­rare tante altre per­sone se non ci fosse l’occupazione israe­liana», spiega la mini­stra.
Con 3.800 camere, Betlemme rap­pre­senta quasi la metà della capa­cità degli hotel in tutta la Cisgior­da­nia. Ma il tasso di occu­pa­zione (65–70 per cento ) è distri­buito uni­for­me­mente durante tutto l’anno. «Abbiamo rice­vuto un numero signi­fi­ca­tivo di pre­no­ta­zioni per le feste cri­stiane ma le stanze restano vuote il resto dell’anno», dice il vice pre­si­dente della Camera di Com­mer­cio di Betlemme , Fai­rouz Khoury. Molti turi­sti peral­tro lasciano la città al mas­simo dopo un paio d’ore. Un noto com­mer­ciante di Betlemme, chie­den­doci l’anonimato, ci spiega le cause. «Circa150 israe­liani sono auto­riz­zati a lavo­rare come guide a Betlemme, a fronte di 40 pale­sti­nesi auto­riz­zati a lavo­rare in Israele e a Geru­sa­lemme est. E gra­zie al trat­ta­mento di favore che rice­vono con­trol­lano l’80 per cento del mer­cato. All’interno di pac­chetti turi­stici sta­bi­liti alla par­tenza, por­tano turi­sti e pel­le­grini a Betlemme un’oretta, non di più, e poi li riman­dano indie­tro a Geru­sa­lemme impe­dendo loro di spen­dere nei negozi pale­sti­nesi».
Un fil­mato d’animazione (www?.you?tube?.com/?w?a?t?c?h???v?=?l?9?_?Q?y?L?_?5?piI) pro­dotto dall’Olp in occa­sione del Natale mostra papa Fran­ce­sco che si aggira in una Pale­stina intri­stita dall’occupazione israe­liana, fra fili spi­nati, posti di blocco, sol­dati e coloni armati. Poi con la sem­plice forza del suo mes­sag­gio spi­ri­tuale, il Pon­te­fice supera il Muro e da Geru­sa­lemme rag­giunge facil­mente Betlemme. I film, si sa, sono fatti anche per sognare.

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