by Sergio Segio | 20 Dicembre 2013 23:00
Madrid Con la destra al governo, la Spagna torna a criminalizzare l’aborto. Come trent’anni fa, ma anche peggio. Perché almeno, nella prima legge del post-franchismo che regolava l’interruzione della gravidanza – quella varata da Felipe González nel 1985 – si ammettevano tre eccezioni al divieto: nei casi di violenza sessuale, di grave pericolo per la salute fisica o psichica della madre, o quando fosse accertata una malformazione del feto. Ora cade quest’ultimo presupposto, che può essere tenuto in considerazione solo se i medici valutano che, una volta diagnosticata una malattia invalidante del nascituro, anche la madre può subire nefaste conseguenze dal punto di vista psicologico.
Dopo tante promesse non mantenute – soprattutto nel campo della politica economica – Mariano Rajoy rispetta così uno dei suoi impegni elettorali. E si tratta probabilmente di quello che aveva assunto con maggiore solennità. Cede alle pressioni dell’ultradestra e spazza via la riforma voluta appena tre anni fa da José Luis Rodríguez Zapatero, con la quale la Spagna si allineava alla maggior parte dei paesi dell’Unione Europea, riconoscendo alle donne il diritto di abortire senza limitazioni nelle prime 14 settimane di gestazione. Una libertà di scelta che veniva estesa anche alle minorenni, a partire dai 16 anni, senza l’obbligo di richiedere l’autorizzazione dei genitori. Quella legge provocò una levata di scudi dei settori più conservatori del mondo cattolico, in testa i vertici della Conferenza episcopale guidata dall’arcivescovo di Madrid, Antonio Maria Rouco Varela (oggi probabile pensionando, all’età di 77 anni, dopo aver goduto della grande amicizia di Joseph Ratzinger, che non sembra essergli stata rinnovata da Papa Bergoglio).
I movimenti “pro life” scendevano in piazza contro Zapatero, animati proprio dalla Curia. Ora si rovesciano i ruoli. E sono i socialisti e le associazioni femministe a scendere sul piede di guerra. Pronti a protestare con grande intensità dal momento in cui il disegno di legge, annunciato ieri dal ministro della Giustizia Alberto Ruiz Gallardón, arriverà all’esame del Parlamento, dove il Partito Popolare, forte della maggioranza assoluta, ha i numeri per approvarlo anche in perfetta solitudine. E’ per questo che il Psoe ha già fatto sapere che chiederà il voto segreto su una normativa che ritiene “non necessaria, cinica e ingiusta”. E la vice-segretaria generale socialista, Elena Valenciano, lancia un appello alle dirigenti e alle deputate popolari perché “pensino come donne” al momento di decidere. Le norme restrittive, fa notare la sinistra, non portano a una riduzione del numero di aborti. Al contrario, favoriscono la clandestinità e creano condizioni sanitarie di rischio estremo.
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