«Profumo resti al Monte Noi andiamo avanti con Tesoro e Fondazioni»

by Sergio Segio | 30 Dicembre 2013 9:04

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MILANO – Antonella Mansi ieri era in casa, tirava il fiato dopo «settimane molto pesanti». La presidente della Fondazione Mps è riuscita a far passare la sua linea di spostare a maggio l’aumento di capitale da 3 miliardi per il Monte dei Paschi. Si è imposta sul piano di Alessandro Profumo, presidente dell’istituto, di partire già a gennaio. Mansi ha ottenuto i mesi in più che voleva: ora però tocca a lei dimostrare di avere fatto la mossa giusta. Ma deve anche pensare alla stabilità della banca. Per questo dopo lo strappo lancia un invito ai vertici del Montepaschi, Profumo e l’amministratore delegato Fabrizio Viola, affinché non diano le dimissioni e continuino il lavoro.
Ora vi attendono al varco, le critiche non sono mancate.
«Certo, ma dimostrano soltanto che permangono un forte pregiudizio e uno scarso approfondimento delle nostre posizioni. Io ritengo che il nostro percorso sia stato lineare e corretto. L’anomalia è del passato. Noi abbiamo fatto quello che un qualunque buon amministratore ha il dovere di fare. E le dico che se l’ente avesse voluto vincolare in maniera miope il destino della banca, avrebbe semplicemente potuto votare contro l’aumento di capitale. Invece la fondazione si è presentata con una proposta alternativa approvata dall’82% dei soci».
Ma oggi come si aspetta che reagiscano i mercati?
«Chiaramente questa continua perturbazione mediatica non fa bene all’istituto. Sono stati anche dati messaggi del tutto catastrofistici che non hanno una solida base. Bisogna invece ragionare a mente fredda e comprendere innanzitutto che la cosa più importante è che l’aumento di capitale sia stato approvato e che questo è un forte sostegno alla validità del piano di ristrutturazione, di cui non è stata toccata una virgola se non un posticipo di pochi mesi».
Ma la fondazione che frecce ha al suo arco?
«Da oggi la banca può fare il proprio percorso senza avere alcun tipo di vincolo rispetto alla fondazione, perché l’aumento di capitale si farà senza tornare in assemblea. Noi ricominciamo un percorso che abbiamo dovuto interrompere data l’accelerazione impressa alla ricapitalizzazione. Il nostro lavoro sarà di provvedere a una cessione della quota utile alla messa in sicurezza dell’ente, che è sempre stato il nostro mandato. Dunque parlare di una fondazione che si arrocca perché vuole mantenere la posizione nella banca significa non capire che sta avvenendo proprio il contrario».
A chi venderà? Con chi sta negoziando?
«Secondo lei glielo dico?»
Il progetto di coinvolgere altre fondazioni come Cariplo, Cariverona, Compagnia di Sanpaolo esiste ancora?
«Siamo disponibili e valuteremo tutte le possibilità. Con le Fondazioni non c’è stata una trattativa: a tre giorni dall’assemblea non si poteva fare niente, mentre oggi ci sono più possibilità di andare ad affrontare l’argomento».
La fondazione resterà azionista della banca?
«Se posso esprimere un auspicio, è che nell’azionariato ci sia una rappresentanza della fondazione, sia pure ridotta, anche se non è per nulla scontato. Io spero che ci sia perché questo potrà essere l’unico legame con il territorio».
Dunque lei non si considera la paladina della “senesità”, come è stata dipinta?
«È semplicemente una lettura non corretta, distorta, della realtà. Non si tratta di difendere posizioni. Noi siamo in una situazione in cui nessuno può chiederci di suicidarci. Questa storia che noi saremmo espressione dei vecchi schemi, a me che sono 40 enne mi fa un po’ specie, onestamente è avvilente. Io non ho legami con i passati 15 o 500 anni di storia di Siena, ma voglio ricordare che se ha avuto qualche ombra ha avuto anche molte luci. Siena sta dimostrando un grande cambiamento, anche se è ancora oggi vittima di una stratificazione fortissima di pregiudizi, che in parte sono anche motivati ma che andrebbero superati. Io posso dire che sto facendo la strada corretta, so che è in salita, che ho fatto arrabbiare tanta gente, ma l’Italia si cambia anche così».
Ma davvero non era possibile trovare una mediazione tra Fondazione e banca?
«Io personalmente avrei evitato il 99,9% di tutto questo. E guardi che l’unica forma di mediazione l’abbiamo fatta noi, perché la banca non mi pare, anche dalle dichiarazioni fatte, che abbia mai espresso la volontà di venirci incontro».
Lei affronta la questione dal punto di vista privatistico, da azionista a società. Ma qui ci sono di mezzo anche interessi dello Stato, i soldi dei contribuenti, forse la tenuta del sistema bancario italiano.
«Anche la fondazione è un bene della comunità. Qui si rischia di bruciare 700 milioni di patrimonio, che non sono di Antonella Mansi ma dell’ente. E dunque quelli che si bruciano sono soldi dei cittadini».
Ma un tentativo del ministro Saccomanni di mediare tra lei e Profumo c’è stato?
«Noi abbiamo sempre fatto riferimento alle nostre istituzioni manifestando la grande difficoltà nell’affrontare questa situazione. Poi ci sono gli interessi di tutte le parti in causa. Comunque posso dire che la politica non è intervenuta. Molti avrebbero voluto una soluzione politica, ma non c’erano gli spazi».
Ma il tentativo c’è stato?
«È normale che ci siano delle conversazioni con il ministro. E fino a che ci sono state possibilità di venire incontro alle esigenze della banca abbiamo concretamente dimostrato di farlo, assumendo la responsabilità di una delibera che rappresenta già una mediazione».
Invece la banca non ha voluto mediare?
«Ha portato avanti una linea che è evidente a tutti. E io non la giudico una mediazione».
Però fino a ieri il consorzio di banche che garantiva i 3 miliardi dell’aumento c’era. Ora non si sa. E senza consorzio, non ci sarà l’aumento. E senza aumento, scatterà la nazionalizzazione.
«È tutto da dimostrare che non si riesca a fare un consorzio. Come azionisti — l’ho detto molto chiaramente — guardiamo con grande contrarietà alla nazionalizzazione perché si tradurrebbe anch’essa nella distruzione del nostro patrimonio, mentre la banca continuerebbe ad esistere. Non la vogliamo e non abbiamo mai lavorato per questo. Ricordo però che la conversione dei Monti bond non arriverebbe come la pioggia. Serve un atto del consiglio di amministrazione. Allo stato attuale non dobbiamo pensare che ci siano situazioni che spingano il consiglio a farlo».
Si sente appoggiata dal ministro del Tesoro?
«Non mi deve appoggiare. È la persona con cui ho un dialogo franco, trasparente e con cui sto facendo tutto il nostro percorso. E ricordo che noi siamo in carica da soli tre mesi. Se in questi giorni la fondazione avesse commesso atti scellerati o contrari alla normale gestione, probabilmente sarebbe stata richiamata o commissariata».
Per la stabilità della banca, se la sente di invitare pubblicamente Alessandro Profumo e Fabrizio Viola a non dimettersi ?
«Non devo fare inviti, la nostra non è mai stata una forma di sfiducia ».
Secondo lei resteranno?
«Non lo so, mi auguro che lo facciano perché la fondazione e l’assemblea non hanno criticato il piano su cui si sono impegnati. Ne hanno chiesto solo l’applicazione differita, di pochi mesi, sempre nell’ambito dei tempi dati dalla Ue».
Se Profumo andasse via, ha già pensato a un sostituto?
«Non ho neanche fatto l’esercizio mentale. Voglio pensare che ci siano tutte le condizioni per continuare a lavorare assieme. Se poi ci saranno valutazioni personali differenti, ne prenderemo atto».
Fabrizio Massaro

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