Scontri al Cairo: in fiamme l’università islamica

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Gli scontri di ieri al Cairo sono iniziati — secondo il quotidiano di Stato Al Ahram — quando la polizia egiziana ha lanciato lacrimogeni per disperdere una manifestazione presso l’ateneo di Al Azhar, la più importante università islamica sunnita del mondo. Gli studenti, secondo le stesse fonti, cercavano di impedire il regolare svolgimento degli esami. La protesta era diretta contro il governo ad interim del Cairo guidato de facto dal generale Abdel Fattah Al Sisi, che, dopo aver deposto il presidente Mohamed Morsi il 3 luglio scorso, mercoledì ha dichiarato ufficialmente «terroristi» i Fratelli musulmani. I manifestanti hanno lanciato pietre contro gli agenti, e 101 giovani sono finiti in manette per possesso d’armi artigianali, come le molotov. I media vicini al governo affermano che «studenti terroristi» hanno appiccato il fuoco alle classi delle facoltà di Economia e Commercio e di Agraria, mentre la Fratellanza musulmana nega e attribuisce la colpa alle forze di sicurezza. È davanti ad uno di questi edifici che è stato ucciso il diciannovenne Khaled el-Haddad. Nel corpo studentesco di Al Azhar non mancano i sostenitori della Fratellanza: da mesi protestano quasi giornalmente chiedendo il suo ritorno al potere. Gli scontri sono scoppiati ieri anche in un’ateneo di Zagazig nel Delta del Nilo. Due bombe sarebbero state poi disinnescate, secondo fonti della sicurezza, su un autobus nel quartiere di Heliopolis e a Ismailiya, sul Canale di Suez.
La violenza di ieri segue un’altra giornata di rivolte al Cairo e in altre quattro città che si era conclusa con 5 morti e 265 arresti. I sostenitori dell’ex raìs deposto avevano convocato le manifestazioni dopo la preghiera del venerdì nonostante una nuova legge vieti a chiunque di manifestare, pena cinque anni di carcere. Alla preoccupazione mondiale per la decisione di dichiarare «terrorista» il movimento islamico si è unita ieri l’organizzazione internazionale per i diritti umani Human Rights Watch , che la definisce una mossa «politicamente motivata», messa in atto «senza inchieste né prove». La Fratellanza è stata messa al bando dopo un attentato suicida avvenuto martedì contro una sede dei servizi di sicurezza nella città di Mansoura, nel Delta del Nilo (16 morti, 100 feriti). L’azione, come molte delle precedenti, era stata rivendicata dal gruppo qaedista Ansar Beit Al Maqdis ma il nuovo regime ha accusato la Fratellanza (che nega) di esserne il mandante. Il governo ad interim sembra determinato a porre freno al dissenso in vista del referendum del 14-15 gennaio sulla nuova Costituzione, che aprirà la strada a nuove elezioni.
Viviana Mazza


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